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Dalla non Europa a più Europa. La proposta italiana per una maggiore integrazione comunitaria nel settore della difesa parte da ruolo che l’Unione può giocare nello scacchiere globale e del contributo continentale alla pace e alla sicurezza.

Con in mente il Consiglio Europeo sulla Difesa in agenda a dicembre, il documento che dà il nome anche al seminario di domani e venerdì alla Farnesina, traccia la via per una maggiore integrazione. Un obiettivo, si legge, che mantiene come pietra di volta il rapporto tra Europa e Stati Uniti, non opposto ma complementare agli impegni Nato. Soprattutto un processo che prenda in considerazione anche le nuove dimensioni della sicurezza che non possono escludere la tutela dei diritti umani e devono concentrarsi su nuove sfide come la sicurezza informatica ed energetica.

Il documento italiano segna alcune priorità. La prima è rafforzare la sicurezza europea senza distinzione tra esterna ed interna. Si sottolinea inoltre la necessità di una diplomazia capace di giocare d’anticipo e capire le vulnerabilità e i rischi prima che questi si manifestino.

Il secondo punto è una maggiore integrazione tra il civile e il militare. Un esempio in questo senso sono le attività europee nel Corno d’Africa, ancora, si legge, allo stato embrionale e dove coesistono diverse linee di comando che riflettono la mancanza di un reale piano di integrazione. Ma sono un punto di partenza.

Terzo, sfruttare la fase di austerità e i tagli cui sono sottoposti i bilanci della Difesa per cogliere l’opportunità politica di una maggiore integrazione, cercando di ottimizzare l’uso delle risorse e mettere in pratica meccanismi che già ci sono, come lo European Capability Development Plan o per i Paesi europei che non fanno parte della Nato il Partnership for Peace (PfP) Planning and Review Process (PARP).

Quarto punto è il rafforzamento di Forze multinazionali che ai vantaggi economici unirebbero la spinta verso una maggiore coesione politica. Il documento sottolinea anche la necessità di sviluppare un mercato comune per la difesa e dei programmi di sviluppo che vadano incontro alle nuove necessità del settore, specialmente per ovviare al calo di fondi e finanziamenti dovuti alla crisi.

Il punto cruciale, si legge nelle conclusioni, è bilanciare identità nazionali e difesa comune. Tuttavia si sottolinea come l’impatto di una politica coordinata dia maggiori risultati rispetto alla mera combinazione dell’impegno dei singoli Stati membri. In questa direzione andò anche il presidente della Commissione europea, Manuel Barroso, nel discorso dell’Unione 2012.

Servono impegno, completezza, competenza, interconnessione e cooperazione. O meglio, si legge: “impegno per la stabilità e la sicurezza internazionale, con un approccio onnicomprensivo che sviluppi competenze in cooperazione e interconnessione con la Nato, evitando inutili duplicati. Più Europa, conclude il testo, non vuol dire fondere tutte le Forze armate in un unico esercito, ma dare un contributo collettivo.

Più Europa per la difesa. Il documento italiano

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Più Europa per la difesa

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