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Non ha parlato nella direzione del Pd, ma ha preferito discorrere di politica con un quotidiano. Matteo Renzi è sceso da Firenze in direzione per partecipare alla direzione del partito capeggiato da Pierluigi Bersani, ma non è intervenuto nel dibattito. Ha invece detto di sì a una richiesta di intervista arrivata dal quotidiano il Messaggero.

La parola al Colle
Un governo del Presidente? “Sono valutazioni che competono esclusivamente alla sensibilità e alla competenza del capo dello Stato. Mi limito a dire che questa legislatura ha tutte le caratteristiche per battere tutti i record di durata in negativo”, ha detto il perdente alle primarie del Pd vinte da Bersani.

Lealtà (ma non troppo) verso Bersani
Intervistato dal Messaggero, il sindaco di Firenze Matteo Renzi ribadisce la lealtà al segretario del Pd. “Oggi io e tutti gli altri facciamo la nostra parte perché vada bene il tentativo” di Bersani di coinvolgere l’M5S, ma “se le cose non andassero in porto – osserva – è chiaro che si aprirebbe uno scenario diverso”.

La linea del partito su Berlusconi, ma…
“Oggi sarebbe assurdo prefigurare scenari alternativi quando stiamo ancora lavorando al piano A”, afferma Renzi. Ciò premesso, se Napolitano ha messo per iscritto il suo appello ai partiti a non arroccarsi su posizioni predeterminate, “non possiamo prescinderne”. L’esclusione di un accordo con Berlusconi “è una posizione su cui oggi è attestato tutto il partito”, rileva Renzi.

L’auspicio per una grande coalizione fra centrodestra e centrosinistra
Tuttavia “in un Paese normale, all’indomani di elezioni con questo esito faresti un accordo di grande coalizione, come accadde in Germania, tra centrodestra e centrosinistra. Le anomalie del sistema italiano sono evidenti laddove manca un reciproco riconoscimento tra destra e sinistra”. Indirettamente Renzi avvalora le ipotesi giornalistiche secondo cui, come suggerito anche dai centristi alla Monti, il sindaco di Firenze sarebbe il candidato premier di una vasta area riformatrice alle prossime elezioni con una scomposizione degli attuali partiti. Un obiettivo in funzione anche Grillo. A meno che, se la situazione post voto si avvitasse ulteriormente, non possa arrivare una chiamata per Renzi anche prima delle prossime elezioni per dare vita a un esecutivo politico di larghe intese.

La visione del partito secondo Renzi
Parlando della direzione del Pd, “non sono abituato a partecipare alle liturgie del partito. Mi sembrava indelicato non partecipare ma quello che avevo da dire l’ho detto già”, dichiara Renzi. “Penso però che la sconfitta ci costringa ad aprire una riflessione sulla forma partito”. “Il modello di partito solido, vecchia maniera, è stato profondamente messo in discussione”. Adesso serve un modello diverso, ad esempio quello di “un partito che fa a meno del finanziamento pubblico”, dice l’esponente democratico. “Sarebbe tra l’altro un segnale molto importante per dimostrare che ci si avvicina a ciò che ci chiede la gente”.

L’analisi del voto e il giudizio su Grillo
‘Il risultato elettorale – prosegue Renzi – ha dimostrato che con alcuni dei miei temi, a cominciare dalla volontà di parlare agli elettori delusi del centrodestra, io ho perso le primarie ma forse avremmo vinto le elezioni”. “Grillo ha preso voti da molti elettori delusi di Berlusconi e della Lega. Possiamo riprenderceli solo sfidandolo”, sottolinea Renzi, secondo cui “si recupera dicendo quel che vuoi fare tu: lo abolisci o no il finanziamento pubblico? Rinunci a tutte le forme di vitalizio per gli ex parlamentari? “Io a Firenze gli open data li ho fatti, le amministrazioni 5 Stelle no. Su questi argomenti è in grado il centrosinistra di portare la sfida a Grillo fino in fondo?”.

Renzi snobba Grillo e auspica un governo Pd-Pdl

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Pure Bisin molla Giannino

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Abbasso(a) quelle maniche della camicia

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Grillo, ecco sfatato il mago della Rete

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Ora l'Udc non molli. Parla D’Onofrio

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L’incognita del post-Chávez sulle trattative Colombia-Farc

Pubblichiamo un articolo del dossier “Dopo Chávez: un nuovo capitolo del Sud America” dell'Ispi A prima vista, sembra l’ennesimo paradosso colombiano, la nazione simbolo del realismo magico. Nelle regioni rurali – inespugnabili fortezze naturali di selva e montagne che nemmeno il pugno di ferro dell’ex presidente Álvaro Uribe è riuscito a far capitolare – la guerra tra l’esercito e le…

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