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“Avete superato il confine, per favore andate via” recita il cartello che sollevano due soldati (presumibilmente indiani) in divisa invernale (fonte HT). E’ l’ultimo atto di una crisi che si trascina da quasi un mese, e che ha a che fare ancora una volta con la “Line of control” (Loc). Si tratta della linea di controllo che separa Cina, India e Pakistan a ridosso del campo di battaglia più alto del mondo, dove si sono combattute le guerre del 1962 tra Cina ed India, quella dei ghiacciai del 1984 tra Pakistan ed India e quella del 1999 nella regione del Kargil, quando Nuova Delhi frustrò le ambizioni pakistane.

Secondo i media indiani, i cinesi avrebbero nei giorni precedenti fatto alcune incursioni pericolosamente vicine al confine, per poi annunciare un ritiro proprio in queste ore. Spostamenti di truppe che vengono interpretati dagli esperti come inviti al dialogo in vista dell’incontro del prossimo 9 maggio tra i due ministri degli esteri, mentre per fine mese è prevista una visita del premier cinese in India. Il confine, tracciato nel territorio del Ladakh, è considerato uno dei luoghi più pericolosi del mondo, non foss’altro perché si fronteggiano qui tre potenze dotate di armi nucleari. Il cinquantenario della guerra indo-cinese, celebrato l’anno scorso, ha però avuto il merito di far uscire allo scoperto i “pontieri” (e anche qualche esacerbato nazionalista) tra Cina ed India, mentre il Pakistan resta sospeso nella sua condizione di forte instabilità, privo delle certezze politiche di un’alleanza con gli Stati Uniti che negli ultimi anni è sempre più oggetto di rivisitazioni a Washington (nel frattempo attratta da una forte corrente filo-indiana).

Uno dei capitoli più interessanti dei rapporti bilaterali è quello della collaborazione per la stabilizzazione dell’Afghanistan, dove la Cina ha rilevanti interessi minerari, mentre l’India persegue, da oltre un decennio, un’azione di contenimento-accerchiamento del Pakistan. Con l’appoggio cinese, Kabul è diventata membro osservatore dell’Organizzazione della Cooperazione di Shanghai (Sco), di cui sia Pechino che Nuova Delhi sostengono un maggior coinvolgimento nell’attività antiterroristica in Afghanistan. Questo asse, tuttavia, è ancora lontano dal costituire un valido e affidabile sostituto “fornitore di stabilità” in vista del ritiro americano dall’area nel 2014. Secondo Harsh V. Pant del Csis, la Cina ancora non ha abbastanza incentivi per abbandonare un alleato pur inaffidabile come il Pakistan e abbracciare gli interessi centroasiatici dell’India.

India contro Cina, sfida sul tetto del mondo

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