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Il Sud America ricorda il cardinal Jorge Mario Bergoglio come il buon pastore difensore degli umili. L’Europa, nuova terra di missione, ha accolto Papa Francesco come sua guida. Ma la vera sfida del nuovo capo della Chiesa non riguarda “le religioni del Libro, il giudaismo, il cristianesimo e l’islamismo”, ma proviene “dall’incontro del monoteismo con l’Asia”. Ne è convinto lo storico ed economista Giulio Sapelli che, in una conversazione con Formiche.net, spiega come l’obiettivo del Papa, “principe della Chiesa” delle origini, sarà portare il soffio di liberazione delle periferie sudamericane in Europa e nel mondo.

La missione di Bergoglio a Buenos Aires

Qual è il giudizio che gli argentini suoi connazionali danno di Papa Francesco? “Chi ha conosciuto il cardinal Bergoglio a Buenos Aires – spiega Sapelli – lo ricorda prima come professore dell’Università del San Salvador, per molti anni un punto fondamentale di resistenza alla dittatura e di protezione dei deboli, degli umili, degli infermi e degli intellettuali dalla repressione della giunta militare. Poi lo ricorda, come pastore di un’immensa città, recarsi nelle ‘villas miseria’, le favelas argentine dove arrivano gli immigrati di Bolivia e Paraguay, e ancora come arcivescovo di Buenos Aires, città che egli non percorreva mai con l’auto ma in autobus, mescolandosi tra la folla, mescolandosi tra i poveri, tra i lavoratori, tra coloro verso i quali rappresentava la presenza di un Cristo che non voleva arrendersi ai grandi problemi che l’Argentina presentava. Un tempo il Paese più ricco del mondo, successivamente piegato dalla dittatura, dall’iperinflazione e dalle politiche dissennate dei governi che si sono via via succeduti”.

Il superamento della teologia della liberazione

Secondo Sapelli, Bergoglio non è mai stato un “principe della Chiesa”, “ovvero lo è stato sino fino in fondo secondo il dettato della Chiesa primitiva. Il soffio meraviglioso che proviene dal cristianesimo, pieno di contrasti e che ha superato la passione terribile della teologia della liberazione per incarnarsi in un apostolato più libero e consapevole, quel soffio di liberazione che proviene dalle periferie sudamericane giungerà sicuramente con questo Papa fino all’Europa, al mondo e all’Occidente, divenuto ormai, come ci ha insegnato Benedetto XVI, terra di missione”.

L’attenzione per l’Asia

Ma qual è l’eredità che Bergoglio si porta ora in Vaticano? E quali sono le sfide con cui dovrà confrontarsi? “Molti attendevano un nuovo Papa che provenisse dall’Asia o dall’Africa. Lo Spirito Santo – sottolinea Sapelli – ha voluto che questo Papa venisse invece dal Sudamerica, strumento prodigioso dell’Europa scagliato tra l’Oceano Atlantico e l’Oceano Pacifico. In questo vi è un ulteriore segno provvidenziale di quella che deve essere la missione della Chiesa, quella di raccogliere tutto l’immenso patrimonio teologico accumulato dalle Chiese europee (e di cui Ratzinger è stato un fantastico testimone) e di rinvigorirlo con l’apporto pastorale della Chiesa dei poveri e degli ultimi dei Paesi in via di sviluppo o in decadenza. Poi, su queste basi ed elaborando una nuova teologia all’altezza dei tempi, confrontarsi con la vera sfida che viene dall’Asia”. La vera sfida infatti, “non viene dalle religioni del Libro, il giudaismo, il cristianesimo e l’islamismo, ma proviene dall’incontro del monoteismo con l’Asia. Per questo motivo la nomina di Francesco rappresenta anche una grande scommessa e un grande impegno teologico per rinnovare, dalle basi al rapporto tra Fede e Ragione, l’esistenza stessa della Chiesa come espressione di una religione teologicamente superiore”, conclude Sapelli.

Perché Papa Francesco guarderà a Oriente

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