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Le cose in Russia vanno ancora piuttosto male, tra entrate con il contagocce e un sistema bancario prossimo a una crisi sistemica. Eppure per i russi, che in questi lunghi tre anni di guerra hanno portato i loro risparmi altrove, è tempo di rinfilare qualche rublo nel materasso o su un conto corrente fa poca differenza. Una spiegazione c’è e risponde a un nome: Stati Uniti. Secondo le stime preliminari della Banca centrale i russi hanno avviato l’inversione di tendenza, rincominciando a trasferire i risparmi dalle banche estere al loro Paese, con movimenti sui conti nazionali che hanno raggiunto i 58,5 miliardi di rubli (720 milioni di dollari) ad agosto.

Dal mese di marzo i cittadini hanno, nel complesso, rimpatriato in totale circa 188 miliardi di rubli (2,31 miliardi di dollari), con un solo mese di deflussi registrati durante quel periodo. Come si spiega? Gli analisti affermano che l’inversione di tendenza dopo anni di costante fuga di capitali riflette il crescente ottimismo degli investitori, sia in seguito alla telefonata dello scorso marzo tra i presidenti Vladimir Putin e Donald Trump, che ha fatto sperare nella fine della guerra in Ucraina, sia a valle dell’incontro in Alaska tra i due leader. E guarda caso il picco di afflusso è stato registrato proprio in agosto.

Ma è anche merito del buon funzionamento delle sanzioni. Molti istituti di credito e finanziari occidentali hanno, infatti, chiuso i conti di cittadini russi e inasprito le procedure di conformità, provocando il rimpatrio dei capitali.  Se si guarda più indietro, precisamente all’inizio delle guerra, il deflusso di capitali dal Paese ha raggiunto la cifra record di 217 miliardi di dollari solo nel 2022. Valore è tre volte superiore al deflusso del 2021 (72 miliardi) e più di quattro volte il risultato del 2020 (50 miliardi). Anche rispetto al record precedente, stabilito nel 2014 dopo l’annessione della Crimea e il primo round di sanzioni internazionali, la cifra è aumentata di 67 miliardi di dollari.

Tutto questo mentre all’Ecofin, in Lussemburgo, i ministri dell’Economia dell’eurozona tornano a spingere sullo smobilizzo degli ormai mitologici asset russi messi sotto chiave in Europa. E c’è un nuovo sponsor, quello austriaco. “Le sanzioni svolgono un ruolo decisivo: servono a indebolire economicamente la Russia e sono essenziali per la fine di questa terribile guerra”, ha affermato il ministro delle finanze Markus Warterbauer al suo arrivo alla riunione. “La nuova proposta della Commissione europea di utilizzare i beni russi congelati per il prestito di riparazione all’Ucraina è descritta come un’iniziativa innovativa e degna di dibattito. Per l’Austria, un Paese neutrale, è fondamentale che il quadro giuridico e di sicurezza tenga conto di questa neutralità e che i fondi non vengano utilizzati direttamente per l’acquisto di armi”.

Come si spiega il ritorno dei capitali russi sui conti di Mosca

Dopo tre anni di fuga, ora i cittadini della Federazione hanno ricominciato a far affluire il denaro portato altrove allo scoppio della guerra con l’Ucraina. E c’entrano la distensione estiva con Washington e il buon funzionamento delle sanzioni

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