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Come già avvenuto più volte in passato, il meccanismo dei sondaggi pre-elettorali ha messo in evidenza tutte le sue lacune e ciò è risultato chiaro fin dal primo pomeriggio di ieri.

Renato Mannheimer, sociologo e noto sondaggista del Corriere della Sera, ha ammesso l’esistenza di reali difficoltà di sondaggi e proiezioni provando a spiegarne anche le ragioni, seppur premettendo che “i metodi seguiti in Italia sono, nella maggior parte dei casi, altrettanto rigorosi di quelli adottati nel resto d’Europa e negli Usa”.

Chiarito il nodo della metodologia, per il sondaggista “Il problema si pone quando (era già successo nel 1994 con la discesa in campo di Berlusconi) cambia completamente il quadro politico. Non a caso, alla richiesta ‘quando ha deciso cosa votare?’ la percentuale di chi dice ‘da sempre’, segno della stabilità del voto, è crollata dal 53% del 2008 al 35% di oggi. E si è accresciuta moltissimo la percentuale dei voti ‘last minute’, decisi l’ultima settimana, passata dal 20% al 35%.”.

Secondo l’analisi pubblicata questa mattina sul Corriere l’incertezza del voto da parte degli elettori avrebbe quindi reso più problematica la formazione dei campioni delle proiezioni. “Per la verità – aggiunge Mannheimer – alcune ricerche effettuate gli ultimi giorni si sono molto avvicinate al risultato. Ma resta il fatto che, sulla base anche di questa esperienza, molte metodologie vadano seriamente riesaminate.

L’affidabilità e il perché dei sondaggi

E mentre in Italia prosegue il dibattito sull’assenza di un governo plausibile, in molti adesso si interrogano sul grado di scientificità e affidabilità dei sondaggi made in Italy. Per mettere in guardia i cittadini da un utilizzo improprio dei sondaggi elettorali il movimento dei Radicali italiani ha condotto tempo fa un’inchiesta servendosi dei dati reperibili sul sito sondaggipoliticoelettorali.it.

Esaminando profili, metodi e committenze di sondaggi e sondaggisti gli autori dell’inchiesta, Romano Scozzafava, Edoardo Cicchinelli e Mario Staderini, hanno dimostrato non solo uno dei possibili effetti del sondaggio: l’influenza sull’opinione pubblica, ma soprattutto la scarsissima affidabilità di questo tipo di indagini.

E attraverso l’analisi del professor Romano Scozzafava, ordinario di calcolo delle probabilità all’Università di Roma “La Sapienza” sono emerse anche una serie di ragioni a sostegno di ciò: le osservazioni più interessanti riguardano un campione di riferimento irrisorio, il ”C.A.T.I.”, ovvero il metodo più largamente diffuso tra le società che fanno ricerche demoscopiche, l’elevato tasso di rifiuto nella partecipazione al sondaggio che mette a rischio la rappresentatività del campione, i margini di errore così elevati tanto che ”vale affidarsi all’oroscopo del giorno”.

A spiegare il motivo allora di tale ostinazione nonostante le pecche sopra evidenziate viene allora in soccorso un dato interessante: l’analisi delle committenze. “Esiste un legame tra determinati sondaggisti e determinate fonti di informazione, politicamente “friendly” per questo o quello schieramento. In Italia le logiche di mercato sembrano costantemente inquinate dalle logiche di palazzo”. D’altronde se un istituto demoscopico deriva i propri guadagni principalmente da un unico committente, perché scontentarlo?”, commentavano Scozzafava, Cicchinelli e Staderini.

italiani

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