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È italiano, ma molti pensano che lo sia solo in parte. Migliora di anno in anno, ma a molti non basta mai. Il suo nome è Sinner, Jannik Sinner. Di sicuro il tennista altoatesino merita, nella Penisola, il titolo di sportivo dell’anno (quello appena trascorso). E tutti si attendono da lui altri più prestigiosi allori nell’anno che sta per iniziare.

Non capita spesso di trovare, e ammirare, sul palcoscenico mediatico un italiano anomalo come lui. Anomalo sotto una girandola di punti di vista: non è divisivo, a differenza di quasi tutti gli altri big e campioni glorificati dalla tv; piace a grandi e piccoli, a maschi e femmine; rappresenta l’Italia ideale, quella che si sogna nei convegni e si sconfessa per strada; incarna il “dover essere” che si realizza, anziché il cliché dell’eterna promessa, ora abbagliata ora annebbiata delle luci e ombre della notorietà.

Diciamolo. Solo per una manciata di chilometri, così esigua è la distanza che separa il paesino natale di San Candido dal confine austriaco, il fresco trascinatore degli azzurri alla riconquista della Coppa Davis (primo trofeo risalente al lontano 1976 ottenuto grazie alla squadra capitanata da Nicola Pietrangeli e composta da Adriano Panatta, Paolo Bertolucci, Corrado Barazzutti e Tonino Zugarelli), si ritrova a giocare e vincere anche nel segno del Belpaese. Bastava poco e lo avremmo visto trionfare sotto altre insegne nazionali. Meno male.

Anche perché il fenomeno Sinner si va radicando come la sintesi perfetta tra il meglio dell’italianità e il top della teutonicità. Fosse così anche in politica o in economia, lo Stivale scalerebbe tutte le classifiche della governabilità istituzionale e della crescita industriale. Dove lo trovi un altro esempio di cotanta fusione tra genialità latina e austerità prussiana? Avesse avuto l’occasione di farlo, la buonanima di Wolfgang Schǟuble (1942-2023), il falco della politica tedesca testé scomparso, avrebbe indicato, agli italiani, in Sinner il modello cui ispirarsi: serietà in campo, sacrifìci continui nella preparazione, oculatezza nelle spese, rigore nei comportamenti. Insomma, tutte virtù che quelli del Nord Europa vorrebbero trovare al di sotto delle Alpi e che non trovano come vorrebbero.

E però Sinner non ragiona solo da tedesco nato per caso sul suolo di Mamma Italia. Altrimenti non avrebbe reso e non renderebbe sempre più fantasioso il suo tipo di gioco. Pensate. Fino a pochi mesi addietro, il Nostro non scendeva a rete neppure se dagli spalti gli sventolavano un assegno milionario per spronarlo a tentare una volée vincente. Tirava sempre da fondocampo: diritto e rovescio, rovescio e diritto. Null’altro. All’infinito. Ora, non solo, sempre il Nostro, scende a rete con la baldanza di un fuoriclasse del passato, ma lo fa con una frequenza e una successione di punti guadagnati degne del miglior tennis spettacolo. E se non è italianità questa, cos’è? Se non è estrosità tipica del Paese più atipico del Pianeta cos’altro è? Se poi riflettiamo sul fatto che Jannik ha solo 22 anni, allora chissà quali sorprese ci riserverà l’italiano più tedesco mai visto in circolazione.

Scommettiamo. Il 2024 sarà l’anno della sua scalata definitiva al vertice dell’Olimpo tennistico. Lo sarà per un pugno di motivi. Uno: Sinner non ha mai smesso di crescere e migliorare da quando ha preso in mano la racchetta. Due: causa età inoltrata, il muro del grandissimo Novak Djokovic non è più proibitivo come un tempo, lo ha appurato proprio Jannik in due epiche vittoriose sfide del 2023. Tre: causa pause inattese, già acclarate più volte, anche il prodigioso rivale iberico Carlos Alcaraz non possiede il crisma dell’imbattibilità. Quattro: merito suo (cioè di Sinner) o del suo angolo, sta di fatto che il tasso di concentrazione, ossia la forza mentale dell’altoatesino, ha ormai raggiunto livelli da robot di ultima generazione. Nulla lo distrae. Nulla lo impensierisce. Nulla lo preoccupa. Neppure un triplice match-point a disposizione del migliore di tutti i tempi, ossia del “cannibale” serbo (Djokovic).

Anche la vita privata e sentimentale di Sinner è più inesplorata di una regione siberiana o più inaccessibile di una cassetta di sicurezza. Vuoi perché il Ragazzo è particolarmente bravo nel sottrarsi alle trappole dei paparazzi o alle trame dei social. Vuoi perché la sua vita è segnata solo dall’alternanza tra partite ufficiali e partite ufficiose (leggi allenamenti), partite interrotte solo dai voli intercontinentali tra un torneo e l’altro. Vuoi perché Sinner si diverte solo vincendo e ora sta imparando a vincere anche divertendosi. La verità è che giornali, tv e Internet hanno poco da aggiungere a ciò che si vede del Nostro. Il che contribuisce a rendere sempre più irresistibile la sua ascesa alla cima del ranking, che poi significa imporsi almeno in uno dei quattro slam che rappresentano il sogno di tutti i tennisti graduati e sottograduati.

Sinner ha tutte le carte in regola per imitare nuovamente Panatta. Anche nel 2024. Lo ha fatto svettando nella Davis, sottratta a Djokovic. Tenterà di rifarlo, tra pochi giorni, in Australia, cercando di negare, ancora al semidio di Belgrado, la possibilità di portare a quota 25 le vittorie nei Major. Per Sinner sarebbe, invece, il primo successo finale in un torneo sui cinque set. Roba da proiettarlo nella leggenda e da candidare il tennis, in Italia, a disciplina sportiva più amata del calcio.

Sinner è già pronto per l’impresa. Ha evitato le passerelle e i festeggiamenti dicembrini proprio perché non vuole perdere di vista l’obiettivo nemmeno per un minuto. Sa di essere amato dal pubblico degli sportivi e dagli inserzionisti pubblicitari (sempre a caccia di volti vincenti e rassicuranti) e non vuole deluderli. Sa di essere tele-entrato anche nelle case della gente comune e non vuole fare scena muta.

Sono tutte ragioni in più per indicare in lui, già protagonista del 2023, il super-protagonista del 2024. Così Sinner farà felici gli italiani, e pure i nostri frugali partner tedeschi, sempre più increduli quando hanno a che fare con l’imprevedibile e inclassificabile Paese che già stregò il loro magnifico Johann Wolfgang von Goethe (1749-1832) che nell’Aldilà starà aggiornando il suo straordinario Viaggio in Italia.

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