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Con il T7 — la riunione dei think tank dei Paesi membri del G7 — a guida italiana che ha scelto come titolo “Rebuilding Bridges”, allora partire dal “Tackling global insecurity” diventa cruciale. Per ricostruire i ponti sempre più disarticolati in questa fase di “permacrisi”, di destabilizzazione degli affari internazionali e di competizione serrata tra i modelli di governance globale, la sicurezza è un elemento fondamentale. A questo hanno dedicato attenzione Abla Abdel Latif, executive director dell’Egyptian Center for Economy Studies (Eces), Antonio Missiroli, senior advisor, dell’Ispi, Rachel Rizzo, non-resident senior fellow dell’Atlantic Council e Samir Saran, presidente dell’Observer Research Foundation (Orf).

Gli esperti sono stati tra coloro che sono arrivati da differenti parti del mondo per animare la riunione ospitata oggi e domani, 13 e 14  maggio, alla Luiss Guido Carli di Roma, co-organizzato da Ispi e Iai anticipando con un incontro tecnico tra think tanker il meeting tra leader del G7 che ci sarà in Puglia dal 13 al 15 giugno, sotto la presidenza italiana.

Le crescenti rivalità geopolitiche, i cambiamenti climatici, i rischi di guerre commerciali e la transizione digitale richiedono azioni urgenti da parte dei leader mondiali per ricostruire i ponti e rilanciare il dialogo. Un ruolo che porta il G7 a farsi faro globale in mezzo alle sfida dell’insicurezza nel mondo. Un elemento che Roma ha evidenziato come fattore centrale di quest’anno. Qualcosa che fino a qualche tempo fa non era tra i trending topic del G7, la sicurezza, come ha ricordato Antonio Villafranca, direttore degli studi all’Ispi e moderatore del panel dedicato al tema. “Security is back” in cima all’agenda del gruppo (e non solo), sia in termini securitari in senso stretto, sia in quelli che riguardano l’economia, il commercio, la saluta e l’alimentazione, le tecnologie – con una particolare attenzione al mondo delle cutting-hedge technologies, come l’AI.

La situazione a Gaza è “il primo elefante nella stanza”, dove secondo Abdel Latif il G7 potrebbe muovere il proprio status diplomatico per fermare lo sviluppo della crisi militare, ma anche degli effetti collegati e i pesi che sta esercitando sulla crisi regionale – la quale ha potenzialità internazionali e interessi anche economici che suggeriscono che “dobbiamo passare all’azione, l’Italia deve passare all’azione”. L’altro elefante è certamente l’invasione su larga scala russa dell’Ucraina, dove l’Ue e gli Usa e in definitiva il G7 non possono mollare il sostegno a Kyiv – soprattutto in questa fase critica – come ha spiegato Missiroli. “Il conflitto in Ucraina trascende le semplici preoccupazioni intraeuropee. È una questione di importanza globale per tutti lottare per la sua risoluzione”, dice l’esperto dell’Ispi: “Il G7 deve aumentare il sostegno materiale, la determinazione è lì per restare. È importante chiarire al mondo intero che questo non è un conflitto esclusivamente europeo”. Il terzo elefante nella stanza è la politica estera statunitense dopo le elezioni: per Rizzo, “è difficile apportare grandi cambiamenti” alla postura internazionale americana, e dunque anche se  “c’è molta incertezza sulla politica estera di Donald Trump”, dovesse tornare a vincere Usa2024, val la pena ricordare che il repubblicano “non è un isolazionista ma piuttosto un transazionalista”.

Sul tavolo della discussione il problema “cyber”, legato anche ai processi di disinformazione che tendono spesso a dipingere il G7 in modo negativo, perché spinti da attori statali e non statali connessi a quella parte di mondo che promuove modelli anti-occidentali, come Cina, Russia, Iran o Corea del Nord. E questo sarà anche al centro delle discussioni che mercoledì 16 maggio si terranno alla Farnesina, dove si riunirà il Gruppo di Lavoro del G7 sulla Cybersicurezza.

Uno dei grandi temi emersi nell’incontro di oggi riguarda la crescita del Global Sud, che si lega anche alla disinformazione, alla sfida tecnologica e in generale all’insicurezza. “L’ascesa del Sud del mondo ha messo in luce l’ipocrisia che ha caratterizzato la governance globale negli ultimi 75 anni”, dice Saran: “Per creare ponti, i Paesi del Sud del mondo sono quelli che possono portare il mondo polarizzato al tavolo e trovare soluzioni”, aggiunge, suggerendo che “a dichiarazione del G7 dovrebbe “riconoscere il ruolo del Sud del mondo”. Oltre a questo, come migliorare l’engagement del G7 con quella parte sempre più importante di mondo? “Niente retorica, partecipazione reale”, dice Abdel Latif, per esempio iniziando con il cambiare dal modo in cui si votano le decisioni all’interno di istituzioni come Fondo monetario internazionale e Banca mondiale, perché “le necessità vengano trasformate in azioni”.

Come ha ricordato Giampaolo Cutillo (vice direttore generale per le questioni globali e i processi G7/G20 della Farnesina), l’Italia sta già cercando di raccogliere certi input per la costruzione dell’eredità che lascerà dopo la sua presidenza e inserire certi argomenti nella dichiarazione congiunta conclusiva. “Concepiamo la nostra presidenza del G7 come un’opportunità, non è un club esclusivo, ma un gruppo aperto che vuole impegnarsi in dialoghi con tutti i partner, soprattutto con il Sud del mondo e l’Africa”, dice l’inviato del governo.

Così il T7 italiano affronta la crisi della sicurezza globale

Se ricostruire ponti nelle relazioni internazionali è lo scopo che la riunione dei think tank dei Paesi membri del G7 a guida italiana intende darsi, allora la sicurezza non può che essere un punto di partenza cruciale. Priorità che l’Italia riconosce anche tra gli Stati più industrializzati e che passa dalle dimensioni più classiche a quelle cyber, economiche-commerciali, alimentari, energetiche

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