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Se statisticamente l’estate si rappresenta come la stagione più incline ad assecondare gli istinti meno nobili degli esseri umani, probabilmente per l’effetto della canicola sul sistema neurovegetativo, per il più allentato controllo sociale nelle città, e forse anche per il senso di angoscia e di abbandono che aggredisce personalità instabili, bisogna riconoscere che questo agosto ha segnato inquietanti picchi sull’argomento violenza metropolitana. È stata la stagione dei “branchi” di minorenni in attività predatoria che sembravano usciti da una fiction horror ma brutalizzavano ragazzine vere e correvano con le macchine di papà per le strade cittadine come fossero ad Indianapolis, ammazzando chi si trovava in mezzo. Il tutto, brutalizzazioni e travolgimenti con le auto, autocertificato con video girati e postati in tempo reale, una specie ancor più orrenda di “snuff film” costruiti con non consapevole ( vogliamo continuare a credere)perversione. È stata, però, anche l’estate della violenza inconsulta, generata da un prolasso psichico che non trova certamente nella cultura personale ma neppure nel contesto ambientale, un minimo argine, quella violenza generativa di reati che si definiscono aggravati “per futili motivi”.

C’è una divergenza sul posteggio? Non discuto, ti ammazzo. Per “futili motivi”.
Il caso del giovane musicista napoletano, il ventiquattrenne Giovanbattista Cutolo, abbattuto con un colpo di pistola da un sedicenne per una lite a causa del parcheggio di un ciclomotore, è il fotogramma dello stravolgimento dei canoni di una vita sociale “normale”. Ma viene da domandarci: “Cosa può esserci di futile in un colpo di pistola?”.

L’espressione, che è tratta dal linguaggio giuridico e starebbe ad indicare la sproporzione tra il reato commesso e il motivo che l’ha generato, potrebbe trarre in inganno: nel linguaggio parlato, infatti, il lemma “futile” sta ad indicare una cosa priva d’importanza, infinitesimale, poco seria. Una “quisquilia” direbbe Totò. Il che farebbe pensare che, invece, il reato, metti quello d’omicidio, motivato da questioni “serie” ( rapina? vendetta? gelosia?politica?), abbia una sua diversa “dignità”. Ovviamente non è così, soprattutto quando si diffonde una pericolosa epidemia di “futili motivi”.

La violenza che respiriamo gronda di futili motivi: a livello politico la divaricazione tra posizioni contrapposte non riesce a contenersi nella dialettica civile maggioranza/opposizione che costruisce l’edificio democratico, ma tende alla negazione reciproca e alla detronizzazione dell’avversario. Il dibattito pubblico ha rappresentato per tutta l’estate improvvidi protagonismi di personaggi, militari e primi cittadini, che hanno lanciato esempi indubbiamente “incoraggianti” dal lato dell’intolleranza. Ne’ è mancata la tristissima sequela di femminicidi, trattati dai media con una dovizia di particolari tale da rappresentare un agghiacciante catalogo sui cento modi omicidiari, attingibile dai pazzi scatenati non ancora pienamente convinti al grande passo. Anche le nostre parole, sempre più accordate con la comunicazione digitale che non conosce sfumature ne’ particolari profondità, sono diventate violente, cattive, intinte nel veleno. Insomma: siamo inciampati tutti nei “futili motivi”. Che però non fanno meno gravi i nostri comportamenti.

Phisikk du role - Per futili motivi

Il caso del giovane musicista napoletano, il ventiquattrenne Giovanbattista Cutolo, abbattuto con un colpo di pistola da un sedicenne per una lite a causa del parcheggio di un ciclomotore, è il fotogramma dello stravolgimento dei canoni di una vita sociale “normale”. La rubrica di Pino Pisicchio

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