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Volendo rappresentare con un anagramma le indicazioni del Presidente Giorgio Napolitano come condizione del mandato a Pier Luigi Bersani, basterebbe tracciare due circonferenze concentriche e scrivere all’interno della più piccola la parola “certa”.

In sostanza, il leader del Pd (già lo si era capito quando è uscito con la coda tra le gambe dalla consultazione di giovedì) deve cercare di costruire un rapporto di collaborazione, sul terreno delle riforme e dell’assunzione di responsabilità verso i gravi problemi in cui versa il Paese, con tutte le principali forze presenti in Parlamento, incluso il Pdl (non è un caso che il presidente abbia citato espressamente la posizione di Silvio Berlusconi).

Fin qui il perimetro della circonferenza più grande, essendo quella più piccola il possibile contenitore di una più ristretta maggioranza di governo. A questo punto, però, scatta il vincolo di una maggioranza che deve essere “certa”.

L’incarico di Napolitano

L’anagramma di Napolitano mette in difficoltà Bersani, perché lo costringe, da un lato, a ricercare un modus vivendi con il Cavaliere (si illude se spera di ottenere un atteggiamento benevolo da parte della Lega Nord in barba al Pdl) dopo aver giurato e spergiurato di non voler prendere, insieme a lui, neppure un caffè.

Dall’altro, il diktat del Colle gli impone di far venire allo scoperto, esibendone pubblicamente gli esiti, quei contatti che Vasco Errani sta conducendo da giorni in gran segreto con settori del M5S.

Il ruolo di Berlusconi

Per quanto riguarda il fronte aperto con il centro destra, la linea di condotta di Berlusconi non aiuta a ristabilire corretti rapporti, dal momento che il Cav. sembra orientato a cucirsi addosso (si veda la manifestazione di oggi in piazza del Popolo) la caricatura che ne fanno gli avversari.

La posizione di Grillo

Dal versante del M5S –  che oggi prende significativamente di mira la Tav in Val di Susa – non vengono quegli incoraggiamenti che Bersani, da tempo, ritiene possibili, tanto da averci costruito sopra, con determinazione, la strategia post elettorale del Pd.

Il disegno di Bersani

Se questo, sinteticamente descritto, è il quadro in cui si svolgeranno le consultazioni di Bersani, occorre riconoscere che non tutti i conti tornano. Napolitano non è nato ieri. Sa benissimo quale sia il disegno di Pier Luigi Bersani.

Il primo passo sarebbe quello di raccogliere nella compagine di governo la peggiore feccia sinistrorsa e forcaiola, con un programma consistente in una lista di proscrizione per i “nemici del popolo”. Ciò allo scopo di suscitare “casi di coscienza” in una ventina di senatori “grillini” da aggiungere a quelli di Scelta civica, ormai alla ricerca di un “posto al sole”. Che quest’operazione possa andare in porto è quasi certo. Al momento del voto di fiducia, però; non prima, perché si darebbe modo ai guru capelloni di usare la gogna del web contro i traditori. Grillo e Casaleggio, a cose fatte, finiranno per rassegnarsi. Quando un movimento politico si trasforma in un’agenzia di collocamento per disoccupati e perdigiorno, smarriti sul web, non può aspettarsi fedeltà. E’ un conto minacciare espulsioni prima della compilazione delle liste e delle elezioni. Dopo chi è fuori è fuori, chi  è dentro è dentro.

Le abitudini del vecchio Pci

La nostra non è fantapolitica. Gli eredi del Pci non sono nuovi all’impresa di “tagliar l’erba sul prato del vicino” come minacciava Palmiro Togliatti nei confronti del Psi. Senza risalire tanto indietro, nel 1995 il Pds provocò una scissione del Prc (da cui nacquero i Comunisti unitari). Poi, per consentire la costituzione del governo D’Alema si avvalsero di Francesco Cossiga per assicurarsi il sostegno di un pezzo di centro destra guidato da Clemente Mastella.

Il Presidente Napolitano si ricorda certamente questi precedenti ed avrà preso nota delle assicurazioni che Bersani gli ha dato adesso (più o meno, immaginiamo, con le seguenti parole: “Presidente, al momento buono una ventina di grillini mi voterà, ma non mi costringa a stanarli prima”).

La certezza chiesta dal Colle

Allora, perché Napolitano, che è uomo di mondo, insiste nel chiedere una preventiva certezza? La risposta a tale domanda è semplice. Come non riteneva adeguato il governo Berlusconi quando era costretto a tenere intorno a sé una maggioranza che si reggeva a colpi di sottosegretariati e sul contributo determinante dei vari Scilipoti, così Napolitano non giudica sufficiente il sostegno di una maggioranza precaria, condizionata dal voto di  alcuni senatori. Nessuno, per giunta costretta a perder tempo con le vendette e con la disgustosa ritualità dell’antipolitica, nel momento in cui la stabilità del sistema bancario europeo è appesa ad un filo.

Grazie, Napolitano

E’ veramente encomiabile questo anziano signore, che ne ha viste tante, ma che non si rassegna, nelle sue ultime ore al Quirinale, ad assistere alla fine ingloriosa del suo Paese.

I dubbi di Napolitano sul grillino Bersani

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