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Al termine di un’indagine di un anno e mezzo, volta a verificare – attraverso l’analisi di oltre nove milioni di pagine web – se Google avesse abusato della propria posizione nel campo della ricerca online, la Federal Trade Commission statunitense ha annunciato che non intende procedere in sede giudiziaria contro l’azienda di Mountain View, riconoscendo con formulazione inequivocabile che «l’evidenza raccolta non dimostra che le azioni di Google in quest’area abbiano limitato la concorrenza in violazione del diritto americano». La decisione ha sollecitato una vasta gamma di reazioni, ma va salutata con favore, perché improntata a un condivisibile approccio al ruolo dell’Antitrust: come presidio del benessere dei consumatori, anziché come paracadute di aziende inefficienti. (…)

L’indagine della FTC non era certo il solo ambito di confronto tra Google e gli organismi antitrust. Nel novembre 2010, la Commissione europea ha inaugurato una simile investigazione sul potenziale abuso di posizione dominante perpetrato da Google nel mercato della ricerca online e, in particolare, sull’ipotesi che il motore di ricerca abbia favorito il posizionamento dei risultati relativi ai propri servizi a svantaggio di quelli dei concorrenti.

Sebbene un portavoce della Commissione si sia precipitato a chiarire che la decisione della controparte americana non avrà alcuna influenza sull’esito dei procedimenti analoghi pendenti a Bruxelles, sembra opinabile che le due vicende possano rimanere perfettamente indipendenti l’una dall’altra. Il confronto e la collaborazione tra le autorità sono una circostanza notoria, come testimoniato dal recente incontro tra il Commissario europeo alla Concorrenza, Joaquín Almunia, e il presidente della FTC Jon Leibowitz: incontro che ha avuto proprio Google al centro dell’agenda; e, del resto, la dimensione internazionale dei fenomeni al centro dei rispettivi dossier mal accomoderebbe soluzioni locali divergenti. Tuttavia, questo non dovrebbe indurre ad azzardare conclusioni troppo ottimistiche, dal momento che tra il caso statunitense e quello europeo – accanto agli evidenti punti di contatto – si registrano anche significative discrepanze.

Tra i primi va annotata la sostanziale sovrapponibilità degli addebiti sollevati. Nel maggio 2012 – a conclusione della fase preliminare del procedimento – la Commissione ha delineato quattro ambiti in cui le pratiche commerciali di Google potessero dar adito a condotte anticompetitive: 1) il trattamento preferenziale riservato ai propri servizi verticali, a discapito di quelli dei concorrenti; 2) l’utilizzo di contenuti prelevati dai servizi di tali concorrenti, in mancanza di una loro autorizzazione preventiva; 3) la portabilità dei contenuti relativi alle campagne pubblicitarie realizzate attraverso il servizio Google Adwords; 4) l’inclusione di requisiti di esclusività negli accordi stipulati con i siti partner che esibiscono le inserzioni servite da Google. Come si vede, i primi tre elementi coincidono esattamente con quelli al centro dell’indagine della FTC, mentre fuoriesce dall’analisi del regolatore europeo la questione dei brevetti. (…).

Naturalmente il pensiero corre ai chiacchierati precedenti che hanno opposto l’antitrust europeo, per restare al settore informatico, a giganti come Intel e, ancor prima, Microsoft. Trascurandone – per amor di discussione – gli aspetti più critici, va rilevato che nei casi che hanno coinvolto l’azienda di Redmond era possibile individuare una posizione dominante dotata di un pur minimo coefficiente di stabilità, perché la scelta del sistema operativo era (ed è) parzialmente mediata dai produttori che lo preinstallano sui computer destinati alla vendita e perché la sostituzione dei suoi componenti più sensibili (browser e media player) richiedeva (e richiede) un’operazione non banale e talora complessa per il consumatore. Nel caso di Google, però, non si riscontra nemmeno questo limitato presidio della quota di mercato: viceversa, la scelta del motore di ricerca viene operata ex novo dall’utente ogni giorno, diverse volte.

Il caso Google, così come affrontato e risolto dalla FTC, pare allora in grado di illuminare i nodi più controversi del diritto della concorrenza nei moderni mercati innovativi, ristabilendo un apprezzabile equilibrio tra tutela del mercato e tutela del consumatore e prevenendo, al contempo, fenomeni di rent-seeking. Non è troppo tardi perché anche l’Europa cambi rotta; Washington ha dato il segnale: c’è da sperare che Bruxelles sia in ascolto.

La lezione per l'Europa dell'accordo fra Google e Antitrust Usa

Al termine di un’indagine di un anno e mezzo, volta a verificare – attraverso l’analisi di oltre nove milioni di pagine web – se Google avesse abusato della propria posizione nel campo della ricerca online, la Federal Trade Commission statunitense ha annunciato che non intende procedere in sede giudiziaria contro l’azienda di Mountain View, riconoscendo con formulazione inequivocabile che «l’evidenza…

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