Skip to main content
È venuto il momento di dire basta. Per mantenere il tabù della virtù monetaria europea, ci siamo lasciati esporre all’esercizio sadico della speculazione internazionale. Abbiamo in circa 18 mesi bruciato anni di crescita. Il senso di colpa verso l’alto debito pubblico accumulato nella Prima repubblica, e cresciuto ancora nella Seconda, ci ha reso ciechi rispetto alla sua sostenibilità e soprattutto rispetto ai doveri fondamentali di chi governa (assicurare le migliori condizioni di futuro ai propri governati). È bastata una vigorosa campagna retorica per far accettare unilateralmente misure che hanno impoverito l’Italia e il suo tessuto produttivo con effetti devastanti che si protrarranno per almeno un paio di lustri.
 
Non potevamo non fare i conti con il lungo elenco degli errori economici e politici compiuti nel nostro Paese dal ‘94 in poi. Non potevamo non pagare il prezzo di una società costruita (anche) sul pilastro dell’evasione fiscale. Invece però di individuare le singole responsabilità, abbiamo lasciato alla collettività i costi dei difetti del sistema nazionale. A riprova di una politica molto peggio che insufficiente.
 
Meritiamo tutte le pene che i mercati e l’Europa ci stanno infliggendo? La risposta è no ed è pronunciata da chi da anni sostiene la necessità di intervenire sul debito pubblico e sul riequilibrio della governance italiana. Le formiche, che traggono buona parte della loro identità nell’essere antitetiche alle cicale, questa volta sono particolarmente incazzate. Alle condizioni date, sono pochi i dubbi che si possono nutrire circa il fatto che quello attualmente guidato dall’ex senior advisor di Goldman Sachs, Mario Monti, sia il migliore dei governi possibili. Decisivo fu il suo celebre intervento sul Corriere della sera sul “podestà straniero”, sui rischi cioè di un commissariamento del nostro Paese da parte di soggetti extra-nazionali (come il Fondo monetario internazionale, ad esempio).
 
Quell’esito è stato sventato in quel frangente ma non scongiurato. Anzi, per evitare che ci venga sottratta sovranità, la stiamo cedendo noi. L’approvazione parlamentare quasi silenziosa del Fiscal compact e l’accettazione supina e non discussa del vincolo del pareggio di bilancio in Costituzione sono due pagine vergognose dell’esilio politico cui i (non) partiti italiani si sono rassegnati per l’imbarazzo della loro inconsistenza. Se tutto questo, insieme alla deliberata scelta di manovre recessive e suicide, avesse significato il passaggio necessario per una catarsi, avremmo potuto accettarlo. Non è così, purtroppo. La logica remissoria dei compiti a casa non ci ha salvato. Più ci si mostra deboli, più si è vittime degli attacchi speculativi.
 
Questa crisi, interpretata con il totem dell’euro, sta spazzando via la forza produttiva dell’Italia e sta rafforzando quella della Germania. C’è qualcosa, più che qualcosa, che non va. Possiamo dirlo ad alta voce o è vietato? Stiamo svendendo il nostro patrimonio industriale e l’argomento non scalfisce il muro dell’apatia di quella che dovrebbe essere l’élite del Paese. Semmai, chi è più attento a queste dinamiche gareggia nella macabra corsa a chi svende prima e a favore di chi. Disgustoso. Il contrario di quell’interesse nazionale che dovrebbe essere l’argine alla deriva, come in Francia. L’immaginazione di un pur corretto ideale di interesse europeo è l’alibi di quelli che hanno abbassato il ponte levatoio consentendo un più facile assalto alla nostra fortezza. La speranza ormai è che avendo raggiunto il punto di massima criticità, essendo ormai a rischio la tenuta dell’intera unione europea, il processo autodistruttivo si fermi o rallenti. Possibile, ma non certo. Anzi, i prossimi mesi si presentano come una promessa di ulteriori drammatiche tensioni. Nessuno ha la bacchetta magica, è evidente. Ma mostrare un po’ di sano orgoglio nazionale male non farebbe.

I piedi nel piatto

È venuto il momento di dire basta. Per mantenere il tabù della virtù monetaria europea, ci siamo lasciati esporre all’esercizio sadico della speculazione internazionale. Abbiamo in circa 18 mesi bruciato anni di crescita. Il senso di colpa verso l’alto debito pubblico accumulato nella Prima repubblica, e cresciuto ancora nella Seconda, ci ha reso ciechi rispetto alla sua sostenibilità e soprattutto…

Casini e la linea del silenzio

Tutti lo cercano, lo chiamano, lo evocano, lo interpellano. Eppure sulla possibile alleanza con Pd e Udc nel cosiddetto “polo della speranza” in vista delle elezioni del 2013, Pier Ferdinando Casini sceglie la linea del silenzio. E sul suo profilo su facebook e twitter motiva così la sua decisione: "Mentre l´Europa rischia di affondare per questioni drammaticamente serie che richiedono…

@marcovaleriolp

A me però tutti quelli che "i mercati non hanno capito bene" non convincono per nulla

Il miglior regalo per il compleanno di Obama? La Florida

Una vittoria in Florida sarebbe il regalo più bello per il Presidente americano Barack Obama, che sabato compirà 51 anni. "Compirò 51 anni sabato, 51", ha detto il Presidente ai suoi sostenitori a Orlando, epicentro della battaglia politica per strappare al suo avversario Mitt Romney il più grande degli Swing State.   "Michelle dice che dimostro 50 anni. Quindi non…

Yemen, Alessandro Spadotto è libero

Nella notte la Farnesina ha confermato la notizia della liberazione di Alessandro Spadotto, il carabiniere in servizio presso l´ambasciata italiana nello Yemen, rapito domenica scorsa e che "in questo momento sta facendo rientro nella capitale Sana´a".   Il Ministro degli Esteri Giulio Terzi - si legge nella nota del ministero degli Esteri - che sin dalle prime fasi del sequestro…

Ma chi è disponibile a morire per Bruxelles?

L’Unione europea è stata costruita attorno alla Germania e al modello di sviluppo tedesco negli anni ‘50 e ‘60, quando il Paese beneficiava dell’accesso diretto al mercato americano e della protezione interna di alcuni settori. L’incapacità di ridurre il debito deriva in parte dall’incapacità di competere con la Germania. In normali circostanze, le economie dei Paesi in via di sviluppo…

Il mondo in rassegna

Attese deluse. Cosi i giornali del mondo riassumono la riunione della Banca centrale europea di ieri e le parole pronunciate da Mario Draghi. Lo scrivono in toni abbastanza soft Frankfurter Allgemeine Zeitung e Süddeutsche Zeitung. Giudizi più netti vengono invece dal New York Times e Liberation. Il giornale di Monaco ritiene però che sia giunta l’ora di chiamare le banche internazionali…

Il piano anti-debito di Alfano

Un Fondo "privato" dove far confluire i beni patrimoniali pubblici da "valorizzare", dagli immobili alle municipalizzate: è questa la proposta che il Pdl avanzerà al Governo per l´abbattimento del debito pubblico, "vera misura antispread". L´idea, elaborata da una commissione coordinata dall´ex ministro Renato Brunetta, è contenuta in un documento di 15 pagine, che sarà presto consegnato al presidente del Consiglio…

Quanti malumori per il polo della speranza Sel-Pd-Udc

Il “polo della speranza” annunciato ieri da Nichi Vendola è stato più che altro il polo delle polemiche, a giudicare dai tantissimi commenti giunti fino ad ora. Oltre alla valanga di critiche sui social network, anche molti esponenti politici dimostrano perplessità o ironia sulla possibile coalizione tra Partito Democratico, Sel e Udc.   Lo stesso presidente dell´Udc Rocco Buttiglione in…

Cosa ha detto Draghi dopo l’atteso Consiglio della Bce

Pronti a misure non convenzionali. Il presidente della Bce Mario Draghi, nella conferenza stampa al termine del Consiglio direttivo, ha anticipato che il Consiglio direttivo "sta considerando altre misure non standard per riparare i meccanismi di trasmissione della politica monetaria". Le caratteristiche di queste misure verranno studiate nelle prossime settimane. La configurazione attuale del futuro fondo salva Stati Esm non…

×

Iscriviti alla newsletter