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La battuta di Barack Obama sulla riduzione degli acquisti di navi programmati dalla sua amministrazione (“ci sono anche quelle cose chiamate portaerei e sottomarini”, ha detto controbattendo nell’ultimo confronto televisivo con Mitt Romney) cela a malapena una scarsa comprensione delle preoccupazioni per la riduzione del budget della marina militare, per l’occupazione locale e di conseguenza per i voti dei lavoratori coinvolti, che certo difficilmente andranno all’attuale inquilino della Casa Bianca.
 
La Virginia, per esempio, ospita la più grande concentrazione di basi aeree dell’emisfero occidentale, ma anche il più grande cantiere navale militare, a Norfolk. Anche in New Mexico, Florida e Ohio (dove, secondo Loren Thomson del Lexington Institute, almeno un milione di posti di lavoro è collegato al complesso della difesa, di cui solo 30mila alla base aerea di Dayton) e nelle contee settentrionali e meridionali (impianti Boeing) della Pennsylvania ci sono in ballo voti militari che sono molto più rassicurati dall’atteggiamento e dalle dichiarazioni dello sfidante repubblicano che da quelle del presidente in carica.
In una corsa con margini di errore così stretta, può essere un problema.
 
Il barometro di RealClear Politics dà Obama con un gradimento del 49,8%, ma la media nazionale dei sondaggi dà un leggero vantaggio a Romney. Prima del dibattito televisivo del 3 ottobre, che quindi continua ad esigere un tributo all’incumbent, Obama era in vantaggio di sei punti in termini di opinioni nette (positive-negative), mentre oggi è dietro di due… I calcoli del Crystal Ball di Larry Sabato attribuiscono 267 voti elettorali a Obama e 235 a Romney, ma in mezzo ci sono 36 voti elettorali che potrebbero ancora fare la differenza, e alcuni di questi in Stati con una forte constituency militare come la Virginia, mentre Pennsylvania, Ohio e Iowa vedono un vantaggio democratico molto sottile.
 
La scelta di ignorare o comunque non rassicurare con un’adeguata propaganda il voto delle basi militari non appare in linea con il personaggio Obama. La retorica democratica vincente del 2008 era intrisa di passione e valori nazionali, se non nazionalistici, esemplificati dal rispetto quasi religioso che l’attuale presidente tributa ai veterani di tutte le guerre a stelle e strisce. Forse, come suggerisce Matt Bai del New York Times, si è inserita la variabile Clinton (inteso come Bill) che ha spinto decisamente Obama sul crinale di una contrapposizione a Romney come ultra-conservatore, mentre Obama ha nelle sue corde la capacità di sollecitare e in un certo senso riscattare alcuni di quei valori tipici della middle America. Da questo punto di vista, una campagna democratica come quella pre-convention, che presentava Romney come ondivago e oscillante, inaffidabile per le stesse constituency conservatrici, poteva dare più margini strategici.
 
Potrebbe essere un semplice errore di valutazione. Se dovesse azzoppare o indebolire il candidato democratico, sarebbe la dimostrazione di quanto possa essere controproducente un uso esasperato, quasi hollywoodiano, delle tecniche di marketing politico come il framing dell’avversario, e dello spregiudicato rebranding della propria immagine, se troppo staccata dal prodotto e dalla sua storia.

Obama barcolla per colpa della Marina

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