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Memoria e vergogna sono due elementi cardine presenti sotto forma “persecutoria” nel primo romanzo e ora “inseparabili” nel secondo e ultimo volume de Il fuoco amico dei ricordi. Un audace dittico di Alessandro Piperno di recente arrivato in libreria.
Una volta uniti i due volumi, seguendo l’originale (ma forse mancato) progetto editoriale, si crea un romanzo carnoso di pagine (900 circa) irto di avvenimenti da consumare integralmente anche da quei lettori non necessariamente compulsivi.
 
Una versione moderna di un romanzo di formazione adattata ai nostri tempi che può avere la durata di una vita intera, se non più. Con Inseparabili l’autore riporta la più ardua delle storie con un sentimentalismo ben condito di autoironia moderata da acute osservazioni che assieme compongono quella spudoratezza letteraria non sempre elegante, ma di certo liberatoria ed efficace in un raccontarsi travagliato di personaggi un po’ persi un po’ ritrovati, ma felicemente inadeguati a un mondo che li circonda.
 
La storia, già iniziata in Persecuzioni, ha come riferimento iniziale la complessa vicenda dei genitori Rachel e Leo Pontecorvo. Lei “supereroe” con una divisa fatta da “pantaloni di fustagno e un twin set di un caldo color autunno” sposata con un oncologo pediatra, sotto accusa dai media per uno scandalo di pedofilia con la 12enne fidanzatina di suo figlio Samuel. In Inseparabili, mentre la vita per Rachel e i suoi figli va avanti, per il padre si conclude in un seminterrato esaudendo appieno il suo “imbarazzante desiderio di non essere mai venuto al mondo”, brillantemente citato all’incipit del primo volume Persecuzione.
 
Samuel, detto Sami, eternamente ossessionato da un destino che assume forme crescenti di condanna, diventa un giovane uomo, ebreo errante formato successo, capace di portarsi sulle spalle un bagaglio di ricordi e sofferenze accompagnato da un forte presentimento galoppante chiamato fatalismo. Sconfitto da un’eterna impotenza sessuale e sentimentale, Sami finisce per subire anche l’ennesima perdita dell’unica donna che ha mai amato, naturalmente quella che non sarebbe mai stata sua.
 
Un forte desiderio di seppellire il passato, celebrato in parte con il simbolico strappo di camicia e lo straziante Kaddish, la preghiera funebre che finisce il libro, è l’ennesimo dualismo con il fratello maggiore Filippo, che idealmente si trova su una sponda di un karma fatto di piccoli ma fedeli rappresentanti del termine “sfiga”. Afflitto da un successo meteorico del suo fumetto Erode e i suoi pargoli, ma tormentato sia dagli scioperi sessuali di Anna, moglie animata di rabbia, sia da una minaccia di morte da parte di alcuni gruppi islamici che, come la moglie, faticano ad accettare la sua esistenza.
 
Sopra e prima di tutti si trova Rachel Pontecorvo (ex Spizzichino) una jewish mom targata Roma nord, complice se non fonte parziale di un ventaglio di nevrosi, distribuite unitamente fra i due fratelli Pontecorvo e le loro rispettive compagne, amanti e amate.
Brillante, sfacciato, leggero e quindi oltre a qualsiasi parametro di critica di natura obiettiva e non, Piperno, con la sua sana arroganza letteraria si dimostra capace di raccontare un’amara verità fatta di sofferenza e debolezze umane con una giusta dose d’ironia. E come il suo personaggio Filippo, riuscire “là dove la maggior parte delle persone fallisce: nel non darsi troppa importanza”.

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