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Nell’antica Grecia al termine di una battaglia era costume raccogliere i cadaveri dei nemici e costruire un altare dove bruciare corpi e sconfitte, come fatto a Maratona con il celebre Soros. Oggi piazza Syntagma brulica dei detriti materiali ed emozionali della guerriglia urbana di ieri, quando il parlamento ha detto sì alle misure anticrisi imposte dalla troika. Ma in quella folla di manifestanti non tutti erano black-block e violenti, anzi la maggioranza era composta da una fascia di opinione che abbraccia tutto l’arco costituzionale ellenico. C’erano cittadini conservatori, socialisti, comunisti, ambientalisti, moderati e integralisti di destra. E di svariate attitudini, dal professionista allo studente, dall’impiegato statale all’agricoltore, passando per il disoccupato o il pensionato. Uniti nella gravità eccezionale del momento. Quella massa di elettori ha di fatto dato un’indicazione su ciò che potrà accadere tra un mese e mezzo, quando le elezioni anticipate metteranno fine al governo tecnico (ma a metà) di Loukas Papademos. Che, dopo aver portato a casa l’approvazione del piano, toglierà il disturbo dal palcoscenico politico ellenico con lo stesso aplomb con cui vi aveva fatto ingresso solo tre mesi fa.
 
L’Europa chiedeva garanzie al governo di Atene, con i 199 sì della Voulì le ha ottenute, adesso si apre la possibilità per la politica di non replicare i macroscopici errori dell’ultimo ventennio e tentare di inaugurare una stagione “da bene comune” che nella storia recente del Paese è drammaticamente mancata. Proprio in questa direzione va letta la proposta del leader del partito Laos, Giorgio Karatzaferris, che in una lettera indirizzata al premier pochi giorni prima del voto, aveva invocato un rimpasto con l’avvicendamento di quei ministri “politici” che occupavano dicasteri significativi con tecnocrati, sull’esempio del governo italiano. «Mentre ci troviamo nell’ultima e decisiva fase della nostra difficile impresa per la salvezza del Paese – aveva scritto in quella missiva Karatzaferris – propongo per una serie di motivi, l’immediato rimpasto governativo, sull’esempio del governo Monti». L’esempio del governo italiano, quindi, da esportare al di là dell’Adriatico, dove l’esecutivo tecnico tale si è rivelato solo a metà, in quanto composto anche da esponenti politici, alcuni dei quali addirittura già presenti nel precedente esecutivo guidato dal socialista Papandreu.
 
Il paragone è utile per ragionare sul dopo, ovvero come ricominciare a fare politica (e non con la p minuscola) in un paese terremotato da anni di bilanci truccati e con un tessuto sociale che oggi si presenta frammentato e alla deriva, con sperequazioni sociali impressionanti e con sacche di nervosismo sociale da tenere sotto controllo per impedire che si trasformino in altra e deleteria violenza. Un passaggio significativo che, lontano da un certo bacchettonismo, vuol rilevare come il senso dell’azione vada al di là di numeri e dati, come ha ricordato il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei quando ha detto che “senza radici spirituali e culturali anche l´economia non sta in piedi”. È niente altro che l’invito alla riscoperta dell’uomo, che lo scrittore Petros Màrkaris, padre del Commissario Karìtos, edito in Italia da Bompiani e collaboratore del regista Theo Angelopulos da poco scomparso, ha più volte fatto alla burocrazia continentale: e se tentassimo di vivere da cittadini comunitari pensando meno “ragionieri” e più da fratelli continentali?
 
Francesco De Palo
Giornalista. Redattore del quotidiano e settimanale Il futurista.
Direttore del magazine Mondo Greco.
Collabora con Il Mulino-Lettera Internazionale e con la rivista greca Laikì Fonì.
Autore del racconto “Onde- diario di un immigrato”, Aletti editore.

Grecia, ora una stagione "da bene comune"

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