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Un cambio di passo, netto, per andare oltre un passato che da 80 anni a questa parte ha garantito la sicurezza alle nazioni europee tramite il doppio ombrello Nato-Usa. La consapevolezza di una nuova difesa europea sta tutta in questo assunto, che il ministro della difesa Guido Crosetto ha ribadito ancora una volta anche per agganciarsi alla traccia che la Nato a guida Mark Rutte sta inseguendo. “Le nazioni europee sono consce che tocca a noi farci carico della nostra sicurezza”, è lo spunto del ministro meloniano, in attesa che al prossimo vertice dell’alleanza previsto tra un mese venga formalizzato un nuovo livello di contribuzione.

Vista Aja

Che cosa accadrà dunque all’Aja? Che si passerà da una regia difensiva a cura della Nato, “grazie a capacità principalmente – e in alcuni settori esclusivamente – forniti dalle Forze armate Usa” ad uno schema che dovrà tenere conto della scelta americana di concentrarsi maggiormente sull’Indo-Pacifico e quindi “toccherà a noi prenderci carico della nostra sicurezza”. Per cui se da un lato Roma si aspetta un valore tra il 3,5 e il 5 per cento, “per l’Italia è il primo riferimento per assicurare alla Nato in Europa un primo punto di partenza”. In questo senso all’Aja verrà esplicitata la strategia degli alleati europei e del Canada per contrastare efficacemente la preoccupazione evoluzione delle minacce globali. Il punto di caduta si ritrova alla voce cooperazione tra Nato e Ue, elemento messo in evidenza dallo stesso segretario generale della Nato in occasione del Consiglio Affari Esteri dell’Unione europea, riunito con i ministri della Difesa dei paesi membri.

Perché costruire più cooperazione Ue-Nato

L’anticamera del ragionamento di Rutte si chiama Mosca e le sue crescenti minacce accanto a due fattori come l’espansione militare della Cina e la persistente minaccia del terrorismo. “Dobbiamo garantire che l’Ucraina abbia tutto il necessario per portare questa guerra a una conclusione duratura e sostenibile”, quindi sarà fondamentale aumentare la spesa per la difesa e la capacità produttiva dell’industria militare europea. In questa direzione va la considerazione di fondo che lega Nato e Ue, ovvero che l’Unione europea rappresenta il partner “unico e insostituibile” dell’alleanza. Un’ovvietà, per certi versi, ma importantissima da reiterare, tanto negli eventi ufficiali quanto nei gabinetti più riservati, al fine di tradurre le parole in fatti. Per questa ragione Rutte ha invitato a passare da una logica di gestione delle crisi a una mentalità di “preparazione in tempo di guerra”.

I numeri rappresentano la mossa successiva, con la conseguente riprogrammazione dei piani della Nato per la sicurezza europea. “Non so quale sarà la scelta della Nato e del governo – ha aggiunto Crosetto – ma ricordo che governi precedenti che adesso sono contro non si opposero al 2%. Giuseppe Conte accettò il 2% del Pil, con due governi diversi. Io prenderò atto di ciò che deciderà la Nato e conseguentemente di quello che deciderà il nostro Parlamento”.

Gli obiettivi e il gancio con Kyiv

Cosa fare con i nuovi fondi per la Nato? Lo ha spiegato Crosetto nel question time alla Camera, quando ha messo in fila le priorità: “Capacità operative per le comunicazioni, per lo spazio, per aumentare la resilienza delle infrastrutture critiche, migliorare la mobilità militare”. Ma non è tutto, perché ha ricompreso in questo decalogo di priorità anche aree del tutto nuove e iper strategiche, come lo spazio extra-atmosferico (“divenuto sempre di più un dominio di operazioni in virtù delle crescenti continue minacce che gravano sull’attività e sui servizi spaziali”), o le sinergie con la Guardia di finanza e le Capitanerie di porto.

Ma ecco che si torna al primo concetto di cooperazione Ue-Nato se si vuole tradurre in fatti i ragionamenti politici, dal momento che il banco di prova rappresentato dalla guerra in Ucraina è decisivo anche per chi, dall’esterno dei confini ucraini, sta gestendo le delicate fasi diplomatiche e le future mosse dell’occidente. La pace giusta e duratura è stato l’elemento messo in risalto, ancora oggi, da Rutte e Zelensky che al telefono hanno fatto un punto della situazione anche attraverso il comando Nato a Wiesbaden, “affinché l’Ucraina possa difendersi oggi e scoraggiare nuovi assalti nel futuro”, ha scritto su X il segretario generale. In questo senso cresce l’apprezzamento per l’iniziativa che vuole il Vaticano come prossima sede delle trattative, così come emerso dopo il contatto telefonico fra papa Leone XIV e la presidente del Consiglio Giorgia Meloni e dopo lo scorso fine settimana dove a Palazzo Chigi si è svolto il primo contatto Usa-Ue stimolato da Roma.

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