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E se la soluzione al tema dell’utilizzo dell’app cinese TikTok sui dispositivi degli appartenenti alla Pubblica amministrazione arrivasse a Roma da Londra?

Come raccontato su Formiche.net, nei giorni scorsi le istituzioni europee hanno deciso di vietare l’utilizzo di TikTok sui dispostivi di lavoro di funzionari e politici, per problemi di sicurezza informatica e dei rischi legati alla raccolta di dati da parte di “terze parti” – cioè la Cina. E il dossier è arrivato anche sul tavolo del governo italiano presieduto da Giorgia Meloni. Paolo Zangrillo, ministro per la Pubblica amministrazione, ha spiegato che “su questo argomento si sta già impegnando il Copasir, ma è evidente che il mio ministero, avendo 3,2 milioni di dipendenti, è fortemente coinvolto. Le opzioni possono essere di muoversi come si è mossa la Commissione europea o eventualmente assumere una decisione diversa. È una scelta che non posso compiere in solitaria, mi devo confrontare con le altre istituzioni e insieme concorderemo una linea”.

TikTok ha spiegato che “i dati degli utenti italiani, così come quelli europei, non sono conservati in Cina ma negli Stati Uniti e Singapore e presto all’interno dell’Unione europea nel data center irlandese”, assicurato che “il governo cinese non ha mai chiesto l’accesso ai dati dei nostri utenti e laddove dovesse non li condivideremmo” e assicurato “piena disponibilità a chiarire i dubbi del governo italiano, auspicando in un confronto dettato da regole e processi certi e trasparenti”.

Intanto, però, una soluzione per l’Italia potrebbe essere britannica. Una sorta di white list, al posto della black list. Cioè: non emetto bandi ma ti dico ciò che puoi utilizzare. Un’idea già emersa negli anni scorsi con rifermento al procurement di tecnologie (su Formiche.net ne aveva scritto Maurizio Mensi).

Rispondendo a un’interrogazione dell’opposizione, Andrew Murrison, sottosegretario alla Difesa, ha spiegato che il ministro “non vieta al personale civile o militare di scaricare l’applicazione TikTok su dispositivi elettronici personali o di lavoro”. Tuttavia – ha continuato – la politica “prevede che solo le attività ufficiali vengano svolte con dispositivi gestiti dal ministero”. Esistono misure per garantire che qualsiasi app esterna scaricata sui dispositivi di lavoro non possa accedere alle risorse del ministero della Difesa e viceversa, ha precisato. Una direttiva interna (Joint Service Publication 740) stabilisce che “le app non devono essere scaricate sui dispositivi di lavoro a meno che non vi sia uno scopo aziendale giustificato per farlo”, ha concluso sottolineato l’attenzione alla “dimensione umana” della sicurezza informatica.

Potrebbe essere questa la soluzione anche per la Pubblica amministrazione? Vedremo.

Senza dimenticare, però, anche l’importanza della sicurezza dei dispositivi stessi e delle schede Sim. A tal proposito, è stato prorogato per la quinta volta un bando di gara Consip da 235 milioni di euro per l’appalto di servizi di telefonia mobile per le pubbliche amministrazioni: la scadenza prevista ora è il 14 marzo prossimo. La convenzione è prevista per 24 mesi, con possibilità di proroga sino ad altri sei, per un massimo di 1.400.000 utenze. La determina a contrarre prevede come criterio di aggiudicazione il miglior rapporto qualità prezzo (con 30 punti per il lato economico e 70 per quello tecnico). Inoltre, stabilisce test – disposti dal Centro di valutazione e certificazione nazionale dell’Agenzia per la cybersicurezza nazionale e dai Centri di valutazione istituiti presso i ministeri dell’Interno e della Difesa – il cui esito condizionerà, “sospensivamente ovvero risolutivamente”, l’ordinativo.

Non gli Stati Uniti, anche il Regno Unito sembra un orizzonte inarrivabile per l’Italia.

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La Difesa britannica non prevede un bando per il social ma ha già una direttiva che sui dispositivi di lavoro limita l’utilizzo alle app necessarie per “scopi aziendali”. Anche Roma si muoverà in questa direzione? Forse. Ma attenzione anche alla sicurezza degli smartphone dei dipendenti pubblici. Una gara Consip…

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