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Si scrive Pnrr e si legge, quasi sempre, transizione energetica. La quale garantirà all’Italia oltre un milione di posti di lavoro. Questo il dato attorno al quale ha ruotato la prima conferenza annuale di Confindustria Energia, organizzata a Roma in occasione del passaggio di consegne dal past president Giuseppe Ricci al neo presidente Guido Brusco.

Al centro del confronto in Viale dell’Astronomia, il tema della transizione nel contesto della difficile congiuntura economica post-pandemica, caratterizzata dal conflitto in corso in Ucraina e dal mutamento delle fonti di approvvigionamento di energia in atto in Europa. L’evento ha fornito anche l’occasione per riunire alcune delle principali personalità del settore energetico. Tra questi, il presidente di Arera Stefano Besseghini, l’ad di Eni, Claudio Descalzi, il presidente di Enel, Paolo Scaroni, il ceo di Siram Veolia Emanuela Trentin, il numero uno di Snam Stefano Venier e l’ad di Edison Nicola Monti. Tutti, nelle diverse forme, hanno ribadito l’importanza di un approccio pragmatico alla transizione.

“Principi come quelli della neutralità tecnologica, l’importanza della ricerca e sviluppo, la valutazione delle tecnologie secondo l’intero ciclo di vita, la necessità di investimenti infrastrutturali, di un contesto normativo stabile, sono i principali assunti che debbono sempre essere considerati per una transizione energetica giusta a sostenibile”, ha sostenuto Ricci. Poi il manager ha aggiunto: “Non ci può essere un cambio così radicale del modello energetico se non si trova il modo di assicurare la tenuta sociale del sistema”.

Anche il numero uno di Eni Descalzi ha dato una lettura dell’attuale stato della transizione, dentro e fuori l’Italia. “Dal feedstock di arbusti che coltiviamo in terre desertiche arriveranno centinaia migliaia posti lavoro in Africa”, ha spiegato il ceo del Cane a sei zampe, parlando della materia prima di origine vegetale che il gruppo usa per la produzione di biocarburanti senza impattare sulle produzioni alimentari. Il tema quindi è “la sostenibilità anche sociale” delle produzioni, aggiunge.

Oggi, più in generale, “di biocarburante non ce n’è abbastanza, si prevede al 2030-2035 una richiesta da 60 milioni di tonnellate, noi ne produrremo 3 milioni di tonnellate al 2027 poi arriveremo a 6 milioni di tonnellate”, dice Descalzi. Il prodotto “è molto richiesto in purezza”, e la domanda arriva “da tutta la parte marina e da mezzi pesanti e aerei, e quando nel 2035 saranno prodotte solo auto elettriche avremo un parco auto a combustione che dovrà essere smaltito, quindi forse meglio alimentarlo a biocarburante HVO che diesel”.

Stefano Venier, di Snam, ha invece rispolverato il tema degli stoccaggi. “Siamo in una situazione molto migliore dell’anno scorso: abbiamo superato l’82%, quindi sicuramente andremo al conseguimento del 95% di riempimento. Questo rappresenta un elemento di tranquillità in vista del prossimo inverno perché questo significa disporre di almeno 12 miliardi di metri cubi per soddisfare la domanda invernale. Quello che l’anno scorso sembrava un obiettivo difficilissimo da conseguire, ovvero il riempimento del 95%, quest’anno è a portata di mano e lo stiamo conseguendo con due mesi di anticipo”.

Infine, secondo Trentin, “bisogna fare una vera transizione energetica con un passo per volta e un piano in testa usando diversi strumenti, dal Pnrr agli investimenti delle aziende. Il Pnrr infatti è una leva importante, buona parte dei fondi ora sta andando sull’efficientamento degli edifici ma non basta. Vanno coinvolte anche le imprese che hanno capacità di investimento integrando i fondi pubblici e privati attraverso il partenariato pubblico-privato”.

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