Skip to main content

In precedenti interventi, due anni fa, riportavo le stime della Commissione europea relative al fabbisogno di investimenti pubblici e privati necessari per finanziare le transizioni climatica e digitale e per innalzare la spesa militare al 2% del Pil. Quelle stime, allora dell’ordine di 600 miliardi di euro annui fino al 2030, sono nel frattempo aumentate, a 800 miliardi di euro annui, così come sono aumentati gli interventi necessari per garantire la competitività e l’autonomia strategica dell’economia europea.

È evidente che un programma di tale portata richiede di impegnare il bilancio della Ue. Anche se la quota a carico del bilancio pubblico fosse contenuta ad esempio, tra un terzo e un quarto del totale, l’onere sarebbe comunque pesante, e se dovesse ricadere soltanto sui singoli Stati membri alcuni paesi potrebbero ritrovarsi con un ammontare di investimenti insufficiente o con un assottigliamento dello spazio fiscale. E potremmo assistere a un aumento della frammentazione finanziaria e della divergenza tra paesi, a danno del mercato unico. Per di più, le misure che ho descritto in precedenza – nel campo della sicurezza energetica, della transizione digitale, della produzione di tecnologia, dell’immigrazione, della difesa riguardano beni pubblici europei, che richiedono interventi anch’essi europei, in quanto un insufficiente ammontare di investimenti genererebbe esternalità e ripercussioni negative su tutti i paesi e i cittadini dell’Unione.

In questi settori i vantaggi di un’azione congiunta vanno ben oltre la sfera finanziaria. Investimenti coordinati e finanziati a livello europeo sono necessari per conseguire economie di scala e generare benefici per tutti i paesi80. Eviterebbero duplicazioni di spesa e distorsioni del mercato unico, che sarebbero invece inevitabili se i progetti fossero realizzati a livello nazionale. Ed eviterebbero che la spesa possa ridursi nelle fasi di congiuntura sfavorevole, risultando prociclica. Rappresenterebbero un potente volano per attrarre risorse private. Il ricorso al bilancio della UE per finanziare investimenti in beni pubblici comuni determinerebbe forti vantaggi per la stessa governance europea. Investimenti finanziati con emissioni obbligazionarie comuni permetterebbero di creare un titolo europeo privo di rischio (safe asset).

Ciò rimuoverebbe il principale ostacolo alla formazione di un’autentica Unione dei mercati dei capitali e rappresenterebbe un passo fondamentale per dotare l’Unione economica e monetaria di uno strumento indispensabile per finanziare il vasto programma di investimenti che ho descritto in precedenza. Più in generale, un’Unione dei mercati dei capitali è necessaria per allocare in modo efficiente i risparmi dei cittadini e per attrarre capitali dall’estero. Inoltre, con programmi di spesa su scala comunitaria, la politica di bilancio europea non sarebbe più la semplice somma delle politiche nazionali, ma potrebbe essere definita in funzione delle esigenze dell’economia dell’area.

Ciò garantirebbe coerenza tra l’orientamento della politica fiscale e quello della politica monetaria82 e consentirebbe di compiere un passo decisivo verso il completamento dell’Unione economica e monetaria, superando l’illusione che essa possa funzionare bene senza una capacità fiscale centrale permanente83. Non mi soffermo sugli ulteriori interventi di riforma necessari per conferire competitività all’economia europea, che includono la realizzazione di un ambiente economico favorevole all’attività imprenditoriale, la semplificazione normativa e amministrativa, l’ampliamento delle fonti di finanziamento per le piccole e medie imprese.

Le regole di bilancio europee definite lo scorso febbraio dovranno inaugurare un approccio innovativo al coordinamento delle politiche fiscali nazionali, coniugando la necessità di mantenere conti pubblici in ordine con l’esigenza di innalzare gli investimenti e rilanciare le riforme strutturali84. La prudenza fiscale è essenziale, ma va resa compatibile con lo sviluppo. Infine, va pienamente attuato il programma Ngeu nei suoi ultimi anni di vita. I governi europei devono impiegare 500 miliardi di euro concessi nell’ambito dei programmi Ngeu e RepowerEu, di cui l’80% da destinare a investimenti. Ciò aggiungerebbe 2,5 punti percentuali agli investimenti pubblici dell’area dell’euro entro il 2026, portandoli sui livelli massimi dalla crisi finanziaria85.

Dopo decenni in cui la globalizzazione sembrava inarrestabile, i conflitti geopolitici stanno ora minacciando il sistema di scambi internazionali e la stabilità dell’economia mondiale. Sono riemersi timori che il mondo possa tornare a lacerarsi tra blocchi economici, politici e persino militari contrapposti. La frammentazione commerciale e finanziaria pone rischi rilevanti per l’economia europea, data la sua ampia apertura internazionale. Più in generale, le dispute geopolitiche minacciano i principi di cooperazione internazionale e l’assetto multilaterale che dal secondo dopoguerra hanno sorretto lo sviluppo economico mondiale e favorito il mantenimento della pace tra le principali potenze. È nel nostro interesse difendere con determinazione i progressi sin qui conseguiti nel grado di apertura e integrazione globale. Al tempo stesso, non possiamo ignorare i rischi geopolitici e i loro effetti. Dobbiamo individuare le modalità per operare efficacemente in un mondo meno stabile e meno aperto. La soluzione è rafforzare l’economia europea. Riequilibrando il suo modello di crescita e valorizzando il mercato unico. Rendendola più competitiva. Ponendola all’avanguardia in campo tecnologico ed energetico. Mettendola in grado di difendere la propria sicurezza esterna. Conferendole la forza e l’autorevolezza necessarie per contare nel mondo e contribuire al dialogo e alla cooperazione tra Paesi.

In Europa è ora di fare sul serio sugli eurobond. Parola di Fabio Panetta

Di Fabio Panetta

Senza debito comune non c’è vera Europa. Pubblichiamo un estratto della lectio magistralis tenuta dal governatore di Bankitalia, all’Università degli studi di Roma Tre, in occasione del conferimento della laurea honoris causa in Scienze giuridiche banca e finanza

Formazione, trasparenza e investimenti. Cosa perfezionare nel ddl IA secondo da Empoli (I-Com)

Il presidente dell’Istituto per la Competitività commenta con Formiche.net il testo presentato dal governo: “Sui principi generali nessun dubbio. Ma bisognerà chiarire alcune questioni, a cominciare dagli investimenti”

Utili e credito, così Intesa si conferma motore di crescita

L’assemblea degli azionisti mette il timbro definitivo su un bilancio chiuso con utili per 7,7 miliardi di euro. Il ceo Messina rivendica la leadership bancaria in Europa

Sugli eurobond e la Difesa comune c'è l'assist di Bankitalia. E non è l'unico

Nella sua lectio magistralis a Roma Tre, il governatore ha rilanciato la necessità di ricorrere a nuove emissioni comunitarie per finanziare crescita, transizione e competitività. Idee decisamente in sintonia con quelle di Mario Draghi e di Enrico Letta, che allargano il coro delle voci favorevoli a un salto di qualità finanziario nel Vecchio continente. Ma c’è l’ostacolo dei Paesi frugali

Il ministro britannico Cleverly vede Piantedosi e fa tappa a Lampedusa

Per il titolare del Viminale l’isola “è diventata il simbolo dello sforzo e della capacità dell’Italia di far fronte alla pressione migratoria”. Londra-Roma al lavoro assieme, anche in ambito G7

Rischi cyber e fake news sul voto? Le parole di Mantovano, Frattasi e Guerini

Sulla questione dei rischi di eventuali ingerenze straniere, sollevata durante la presentazione della relazione annuale al parlamento dell’Acn, le istituzioni si mostrano reattive e compatte, evidenziando la rilevanza della questione nell’agenda pubblica

Italia-Tunisia, patto anche sulla difesa. E ora Algeria, Marocco e Libia

Il patto di collaborazione è militare, ma si allarga a vari ambiti e può diventare, come detto dal ministro Crosetto, europeo e internazionale. Una nuova visione del mondo che tiene conto del fatto che non possono più esistere nazioni ricche e nazioni povere: è l’unico modo per fermare le guerre. Il tutto legato al Piano Mattei che continua e che si incastra con la nuova frontiera, densa di problemi irrisolti, ovvero la Libia

Bene la strategia nazionale ma... I suggerimenti di Cerra dopo il ddl sull'IA

È una buona notizia che vi sia in Italia una particolare attenzione, e anche solerzia, nell’affrontare la tematica delle Tecnologie di Frontiera, soprattutto quando ci si approccia nel merito della loro generazione, dell’utilizzo e diffusione e, infine, del loro impatto. Occorrerà adesso capire cosa accadrà concretamente, e il primo indizio a cui guardare in questi casi sono le risorse stanziate. L’intervento di Rosario Cerra, fondatore e presidente del Centro economia digitale

Perché l'Italia (isolata) ha bisogno di un colpo d'ala. L'opinione di Sisci

In Italia c’è la pervicace e fanciullesca pretesa di protesta contro la Ue per proteggere gli interessi nazionali, senza capire che così, isolandosi, gli interessi nazionali sono travolti. Francesco Sisci racconta gli effetti dell’astensione dei partiti italiani al Patto di stabilità votato al parlamento europeo

L'anniversario del genocidio armeno e l'ideologia degli autori. La riflessione di Cristiano

La lezione del genocidio armeno è attualissima e riguarda la deriva che i nazionalismi e l’esclusivismo etnico possono causare. Ecco che emerge un’urgenza. La Dichiarazione sulla fratellanza umana firmata ad Abu Dhabi da papa Francesco e dall’imam dell’università islamica di al-Azhar, Ahmad al Tayyeb, mira a porci al riparo anche da queste degenerazioni. La riflessione di Riccardo Cristiano

×

Iscriviti alla newsletter