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Terminate le iniziali beghe mediatiche che hanno coinvolto il ministro e il Sottosegretario, pare sempre più evidente, e gli atti di indirizzo politico lo rivendicano, che tra le priorità dell’attuale ministero della Cultura un ruolo predominante sia giocato dalla necessità di aumentare i ricavi dei Musei.

Posizione che, con molta probabilità, incontrerà non poche resistenze, e che altrettanto plausibilmente verrà utilizzata come argomento di natura politica da parte di alcuni rappresentanti del mondo culturale e, più in generale, dal mondo delle opposizioni.

Essendo il nostro Paese una democrazia rappresentativa, però, non è nemmeno necessario ricordare che esprimere delle priorità politiche è esattamente ciò che i ministri sono legittimamente chiamati a fare. Probabilmente, invece, va ricordato che, dopo anni di strategie piuttosto ambivalenti, la priorità espressa dal ministro Sangiuliano ha il pregio di essere estremamente chiara e diretta, condizioni importantissime in un periodo di così elevata volatilità e precarietà generale.

Per quanto note, queste premesse sono purtroppo fondamentali, perché spesso la gestione del nostro Patrimonio Culturale è vittima di una cinica strumentalizzazione, che distrae il confronto da qualsivoglia tematica concreta per concentrarsi soltanto sugli aspetti retorici.

Meccanismo, questo, che anche oggi sta riscuotendo un discreto successo: la critica che sinora è stata espressa nei riguardi dell’approccio del nostro Ministro ha visto infatti il prevalere di argomentazioni da slogan, che, sulla gran cassa della “cultura per tutti” hanno riecheggiato e riecheggiano sui social come un coro allo stadio.

Seppur ormai obsoleti, anche questi slogan sono legittimi, ed è doveroso ribadirlo, così come però è doveroso anche difendersi dai fast-food del pensiero, cercando di inserire all’interno del dibattito riflessioni che riguardano dimensioni che dovrebbero essere considerate un po’ più importanti per il futuro della nostra cultura.

Per quanto ideologicamente sia un passaggio importante affermare di voler vincolare l’ingresso al Pantheon al pagamento di un biglietto, infatti, le nostre preoccupazioni dovrebbero essere volte anche ad analizzarne altri aspetti.
Dovremmo, ad esempio, interessarci alle modalità attraverso le quali l’incremento del prezzo dei biglietti potrà essere apportato, a quali miglioramenti dell’offerta sarà necessario fornire ai visitatori per rendere ancora il museo un luogo di interesse sia per cittadini che per turisti, a come contrastare gli eventuali cali del numero di visitatori, così da non cadere nella trappola di un’elasticità della domanda al prezzo.

Soprattutto, però, sarebbe importantissimo interrogarsi sulle motivazioni che sono alla base di tale scelta.
È questo, forse, il punto che più meriterebbe un’attenzione condivisa: ci sono differenti ragioni per le quali si può decidere di incrementare il costo di un qualsiasi bene e/o servizio, sia esso di natura pubblica o privata.

Senza ricorrere agli esempi più frequenti nella letteratura economica, che riguardano la fornitura di alcuni servizi alla persona, o la regolamentazione dei monopoli, e concentrando l’attenzione esclusivamente sul comparto museale, i motivi più razionali che possono motivare la volontà politica di incrementare i ricavi diretti dei musei sono:
a) Incrementare la capacità di autofinanziamento delle realtà museali più grandi (Musei Superstar), per le quali è ipotizzabile che una parte dei propri visitatori presenti un basso livello di sensibilità alle oscillazioni del prezzo, al fine di poter incrementare, a parità di spesa pubblica, le risorse da destinare ai musei non superstar;
b) Incrementare i ricavi dei Musei così da azzerare l’incremento tendenziale dei costi (incremento atteso dei ricavi uguale all’incremento attesi dei costi), lasciando quindi inalterate le composizioni di autofinanziamento, e le relative ipotesi redistributive;
c) Incrementare i ricavi in misura più che proporzionale rispetto ai costi (incremento atteso dei ricavi maggiore dell’incremento atteso dei costi), così da poter aumentare la capacità di autofinanziamento di alcuni musei e ridurre così lo stanziamento complessivo rivolto al comparto museale;
d) Incrementare i ricavi dei musei per favorire un flusso di cassa tale da rendere possibile il ricorso ad operatori privati, cui demandare i servizi di accoglienza e di assistenza alla visita, proponendo loro piani economico-finanziari congrui. In questa ipotesi, l’aumento dei ricavi è volto a generare risorse per incrementare la qualità dei servizi erogati.
e) Incrementare i ricavi dei musei per poter incrementare i flussi di alcuni di essi, con lo scopo di valutare la possibilità di dotare quantomeno i musei superstar di una completa autonomia amministrativa, economica e finanziaria così da poter consentire loro di poter gestire e selezionare il proprio personale.

Trattandosi del contesto italiano, va poi aggiunta, per dovere di cronaca, l’ipotesi che l’incremento auspicato dei musei sia finalizzato a segnare una discontinuità politica con i precedenti governi, ma tale ipotesi non verrà presa in considerazione nelle riflessioni che seguono.

Tra le varie possibilità, dunque, è chiaro che l’ipotesi b (incremento dei ricavi uguale all’incremento dei costi) e che l’ipotesi c (ricavi maggiori dei costi per ridurre il finanziamento al comparto), renderebbero tecnicamente, politicamente e strategicamente la priorità di incrementare i ricavi dei musei una manovra politica senza visione.

Pur restando nell’alveo delle politiche senza visione, l’ipotesi a (maggiori ricavi per migliorare la distribuzione del finanziamento al comparto), avrebbe quantomeno il pregio di una più efficace distribuzione.

Di natura differente, invece, sarebbero le ipotesi d (coinvolgimento dei privati), e l’ipotesi e (completa autonomia per alcuni musei), perché entrambe rivelerebbero una visione d’insieme e programmatica del comparto museale e anche una più ampia visione politica, in senso lato.

Certo, anche queste ultime potrebbero incontrare non poche ostilità, sia tecniche che ideologiche, ma in questo modo la priorità di incrementare i ricavi dei musei diverrebbe strumento per perseguire un obiettivo più ampio e non una misura fine a sé stessa.

Pur volendo quindi, sulla fiducia, dare per scontato che ci sia una volontà politica pluriennale, può essere però utile dare una dimensione del fenomeno, che è tutt’altro che omogeneo. Si pensi, ad esempio, ai differenti valori presentati dai vari musei autonomi alla voce “proventi e corrispettivi per la produzione delle prestazioni e/o servizi”: nel 2019, e quindi prima che si verificassero guerre e pandemie, gli Uffizi presentavano, a consuntivo, un dato pari a poco più di 51 milioni di euro. La Reggia di Caserta, a preventivo (non è presente il bilancio consuntivo sul Sito Web), stimava per la stessa voce un totale di poco più di 6 milioni di euro. A consuntivo, il Museo Etrusco Nazionale di Villa Giulia, presentava poco meno di 230 mila euro.

Non si tratta, attenzione, soltanto di risorse economiche. Si tratta anche di scelte dei visitatori, su cui è quasi impossibile intervenire attraverso la variabile prezzo. È chiaro che se aumento più il biglietto degli Uffizi, non favorirò un incremento dei visitatori al Museo Etrusco di Villa Giulia, ed è chiaro che se incremento di troppo il biglietto per accedere a Villa Giulia, ci potranno essere delle riduzioni più che proporzionali nel numero dei visitatori. Ancora, è evidente che se incremento di molto il biglietto di ingresso alla Reggia di Caserta, e non fornisco, al contempo, nessun miglioramento nella gestione, molti cittadini e turisti di prossimità tenderanno a preferire offerte culturali differenti, dirottandosi ad esempio su Napoli.

È altresì vero che, però, pur tenendo ferme le condizioni appena accennate, l’incremento dei ricavi da biglietti potrebbe senza dubbio abilitare alcuni dei processi di lungo periodo per i Musei che vantano i maggiori ricavi.
Scenario che, in ogni caso, potrebbe potenziare alcuni processi di miglioramento che, pur con differenti misure, sono in ogni caso osservabili all’interno di quasi tutto il comparto.

Chiaramente, c’è sempre il margine di errore. E i grandi cambiamenti che stiamo vivendo possono sabotare in pochissimo tempo anche le ambizioni più strutturate.

Tra tutti i possibili pericoli che attualmente minacciano il nostro sistema museale, però, la mancanza di visione e di prospettiva è senza dubbio la minaccia più letale.

I cinque motivi per aumentare i ricavi dei musei italiani

Per aumentare i ricavi dei musei dobbiamo interessarci alle modalità attraverso le quali l’incremento del prezzo dei biglietti potrà essere apportato, a quali miglioramenti dell’offerta sarà necessario fornire ai visitatori per rendere ancora il museo un luogo di interesse sia per cittadini che per turisti, a come contrastare gli eventuali cali del numero di visitatori, così da non cadere nella trappola di un’elasticità della domanda al prezzo. Il commento di Stefano Monti, partner di Monti&Taft

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