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Attenzione ai pacifinti italiani, dice a Formiche.net il prof. Vittorio Emanuele Parsi, docente all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, di cui è in uscita “Il posto della guerra e il costo della libertà” (Bompiani): il rischio è che posizioni delicate come quelle sull’Ucraina possano essere figlie più di polemiche politiche da bassa cucina che di elaborazioni vere e lungimiranti. E si auspica che il governo dia seguito alla presa di posizione fin qui molto lineare. “Questa linearità deve anche diventare una una raffinata trasformazione in decisione politica, perché altrimenti rischia di restare una posizione di principio, che poi non si trasforma. Non può esistere che Salvini abbia potere di veto su queste cose”.

Efficace difesa di democrazia è responsabilità di tutti” ha detto sull’Ucraina il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Si riferisce anche ai pacifinti italiani?

Non sono in grado di interpretare il Capo dello Stato o di essere nella sua testa, ma penso che riguardi un po’ tutti. Significa che, al di là delle posizioni che ognuno legittimamente può avere su un tema spinoso e politico come la guerra, poi occorre essere coerenti nelle conseguenze delle posizioni.

Ovvero?

Quindi se qualcuno ha in mente un’alternativa al rifinanziamento dell’invio di aiuti militari all’Ucraina per proteggere la democrazia, questo è il momento di farla presente. Il punto a me sembra che sia il seguente: mentre mettiamo l’Ucraina nelle condizioni di difendersi militarmente dai russi e possibilmente di contribuire a liberare almeno una parte del suo territorio, e mentre mettiamo la popolazione ucraina nelle condizioni di difendersi non solo dai missili ma anche dal rigore del freddo e della fame che i russi stanno ricreando, possiamo e dobbiamo cercare di cogliere qualsiasi mutamento di comportamento effettivo russo che possa fare intendere anche un mutamento di atteggiamento russo.

Al di là del tecnicismo (mozione ritirata e decreto ad hoc del governo) c’è qualcuno in Parlamento che dubita ancora di chi sia l’aggressore e chi l’aggredito?

Penso che nessuno apertamente lo metta in discussione, anche se forse in alcune menti ci sono ancora una serie di ragionamenti per cui la Russia non poteva fare altro. Da qui si vede chiaramente la conseguenza di questa prima affermazione: ovvero che troppi soggetti non dicono apertamente che la Russia ha aggredito l’Ucraina, ma parlano di generica guerra tra Russia e Ucraina.

Con quale conseguenza?

In questa sostituzione di congiunzione c’è di mezzo tutta la differenza del mondo: poi è chiaro che ci sono soggetti che pensano di lucrare politicamente su un atteggiamento di non assunzione di responsabilità verso l’Ucraina. Significa che le divisioni sulla questione della guerra sono stati trasversali agli schieramenti in campagna elettorale e restano trasversali agli schieramenti e persino ai partiti, penso al Pd.

Come giudica due elementi come la richiesta ucraina di più aiuto alla difesa aerea e il passo in avanti diplomatico del Vaticano?

A me sembra che il Vaticano abbia fatto una dichiarazione che toglie un po’ di ambiguità, che si poteva legittimamente nutrire, su quale fosse esattamente la posizione della Santa Sede su questo conflitto: non semplicemente soltanto nei confronti dell’aggredito e dell’aggressore ma anche sulle conseguenze. Mi riferisco al fatto che l’aggredito abbia il diritto di difendersi e l’aggressore quindi sia il responsabile di quello che sta succedendo. Inoltre dal punto di vista militare c’è una consapevolezza: che occorre puntare in questo momento sui sistemi di difesa aerea che sono tra l’altro quelli che sono più evidentemente sistemi difensivi, visto che in Italia c’è stata questa ossessione terminologica. Nessuno può dubitare che i sistemi antimissile siano strutture difensive per definizione, oltretutto poste per proteggere la popolazione civile in infrastrutture civili. C’è un problema invece sulla questione degli stock di armamenti disponibili, visto l’alto consumo a cui sono sottoposti a causa della violenza dell’attacco russo. Su questo l’Italia, a maggior ragione, è chiamata a fare la sua parte.

In che modo?

Questo risolve anche qualunque dubbio sul fatto che il nostro sia un apporto solo simbolico: tutt’altro. Il nostro può essere un apporto decisivo: abbiamo sistemi antimissile che sarebbero più che efficaci sul fronte ucraino, così come abbiamo sistemi corazzati e sistemi anticarro che potrebbero essere consegnati. Questo va fatto ed è responsabilità del Governo dare seguito alla presa di posizione fin qui iper coerente del governo Meloni che è stata sempre molto lineare. Però questa linearità di presa di posizione deve anche diventare una una raffinata trasformazione in decisione politica, perché altrimenti rischia di restare una posizione di principio, che poi non si trasforma. Non può esistere che Salvini abbia potere di veto su queste cose.

Riverberi Ue si ritrovano anche nell’incontro Macron-Biden?

Macron è stato quello che più di tutti ha sperato, o si è illuso, che la Russia potesse essere convertita a migliori visioni. Così non è stato. Biden è stato quello che ha tenuto in piedi il fronte occidentale. Entrambi sono due sinceri assertori dei principi delle democrazie e rappresentano due paesi che sono importanti dal punto di vista militare politico.

Un certo pacifismo in Italia mira più a risolvere la guerra o a regolare conti politici interni? E con quali rischi di immagine per il Paese?

Penso che in queste occasioni ci sia molto di politica interna e di egemonia negli schieramenti elettorali che sono sempre presenti, anche dopo le elezioni, che non questioni di principio: anche perché alcuni di coloro che sono grandi sostenitori di un pacifismo senza se e senza ma sono gli stessi che poi hanno dimostrato grande capacità di saltare da un principio all’altro, magari essendo stati anche al Governo con tutto e il contrario di tutto. Per cui, insomma, penso che su questa tematica ci siano molte motivazioni di bassa politica interna.

@FDepalo

Dalle parole ai fatti. Sull'Ucraina il rischio è Salvini. Parla Parsi

“Ci sono soggetti che pensano di lucrare politicamente su un atteggiamento di non assunzione di responsabilità verso l’Ucraina”, spiega il professore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. “Sulle armi l’Italia, a maggior ragione, è chiamata a fare la sua parte”

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