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Nuove regole sulla sorveglianza dell’underwater per proteggerne cavi e condotte e garantire l’ordinato svolgimento delle attività subacquee mediante la creazione di un organismo di gestione. Dopo l’approvazione da parte del Governo di una bozza di provvedimento in materia, è stato ora pubblicato dal Senato il testo dello schema di disegno di legge (Ddl) contenente “Disposizioni in materia di sicurezza delle attività subacquee”.

Come contrastare azioni di sabotaggio di cavi e condotte subacquee di fronte alla mancanza di norme internazionali che autorizzino l’enforcement come nel caso della pirateria? Come garantire la vita di nazioni sempre più dipendenti da forniture energetiche via pipelines e da interconnessioni elettriche e digitali con cavi sottomarini? E come impedire il fai da te di sommergibili civili che come accaduto al Titan si rivelano inadatti a immergersi? La comunità internazionale, Nazioni Unite e Unione europea in testa, si sono posti l’interrogativo evidenziando l’esigenza di adottare misure preventive basate sul rafforzamento della sorveglianza navale e sulla cooperazione tra Stati e tra operatori pubblici e privati. Nessuna proposta di modificare/emanare le norme internazionali su cavi e condotte è stata invece avanzata.

L’Italia, grazie alla creazione del dicastero delle Politiche del mare come referente, per conto della Presidenza del consiglio, del coordinamento interministeriale nel campo marittimo, si accinge ora ad emanare una specifica regolamentazione dell’underwater. Il fine principale del nuovo provvedimento che inizia ora il suo iter parlamentare è il rafforzamento dell’azione sul mare di tutti i suoi organi che esercitano competenze in materia subacquea.

Come si legge nella sua relazione illustrativa l’iniziativa riguarda la disciplina delle attività destinate a svolgersi nelle aree sottoposte a giurisdizione italiana come acque territoriali, piattaforma continentale e Zee e, limitatamente alle infrastrutture di interesse nazionale, nell’alto mare. La finalità è duplice riguardando sia la tutela della vita delle persone che vi operano, sia la sicurezza nazionale. Da quest’ultimo punto di vista sono “infrastrutture subacquee di interesse nazionale” quelle: uno, di proprietà di amministrazioni pubbliche o di connazionali; due, o “rilevanti per la connessione, le comunicazioni e i servizi digitali o il rifornimento del territorio nazionale o di installazioni nazionali situate nella zona economica esclusiva o nella piattaforma continentale”; tre, oppure, potenzialmente esposte a rischi di carattere ambientale.

L’approccio, come si diceva, è interministeriale in quanto la Presidenza del consiglio “promuove, l’adozione delle iniziative necessarie per favorire l’efficace collaborazione, a livello nazionale e internazionale, tra i soggetti istituzionali e gli operatori privati interessati alla dimensione subacquea, nonché, ferma restando la titolarità dei dati in capo alle singole amministrazioni, per la condivisione delle informazioni”.

L’Agenzia – che opererà sulla base di direttive della Presidenza del consiglio – sarà dotata di personalità di diritto pubblico e si avvarrà delle strutture di Marina militare, Capitanerie di porto-Guardia costiera e Guardia di finanza in vari settori quali l’istituzione di zone di sicurezza attorno alle infrastrutture. Ma alla Marina sarà attribuito, oltre alla regolamentazione tecnica della navigazione subacquea militare, “il controllo nelle acque interne nazionali, nel mare territoriale nazionale e nella piattaforma continentale nazionale, per fini di difesa militare dello Stato e la prevenzione della navigazione subacquea non autorizzata”.

Si diceva all’inizio della mancanza di norme internazionali dedicate all’enforcement contro il sabotaggio delle infrastrutture critiche. La Convenzione Unclos – e si è visto nel caso della minaccia della shadow fleet russa nel Baltico – non consente operazioni di interdizione. La Nato, per parte sua, è stata scettica nell’immaginare il ricorso alla difesa legittima dei suoi membri in ipotesi simili al danneggiamento dei gasdotti Nordstream 1 e 2 in mancanza del presupposto del grave “attacco armato” stabilito dall’art. 51 della Carta delle Nazioni Unite.

Non resta che immaginare, allora, da parte di ogni singolo Stato misure di autoprotezione nel caso di illegittimo uso della forza contro sue infrastrutture subacquee. Questo fa il nuovo Ddl quando, con molta chiarezza e lungimiranza, affida alla Marina – con il concorso della Guardia di finanza – la funzione inquadrabile nella difesa militare dello Stato di “nel rispetto della normativa vigente e in caso di violazione dei limiti posti dalla legge alla navigazione subacquea eseguire l’ingaggio, la disabilitazione, la distruzione, il sequestro o il dirottamento in un porto dello Stato di qualsiasi mezzo intento alla distruzione, danneggiamento o manomissione di condutture e cavi sottomarini che approdano nel territorio nazionale o sono di interesse nazionale ai sensi della normativa vigente”.

Difesa e sicurezza subacquee. In Parlamento il nuovo Ddl dedicato all’underwater

Di Fabio Caffio

Di fronte all’assenza di norme internazionali efficaci contro il sabotaggio subacqueo, l’Italia si organizza con un nuovo disegno di legge che affida alla Marina militare – nel quadro della difesa militare dello Stato – il compito di contrastare la minaccia a cavi e condutture sottomarine di interesse nazionale anche attraverso l’ingaggio, il sequestro e, se necessario, la distruzione dei mezzi di chi viola i limiti della navigazione subacquea e mette a rischio infrastrutture strategiche

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