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Contano sempre meno i cannoni e sempre di più l’intelligence e la capacità informatica, spiega a Formiche.net l’eurodeputato di Fratelli d’Italia e co-presidente del gruppo Ecr al Parlamento europeo, Nicola Procaccini, a due giorni dalla fine del vertice Nato dell’Aja. L’obiettivo della nuova programmazione in seno all’alleanza atlantica secondo l’esponente meloniano va letto alla luce di due fatti: la frustrazione americana per le spese ,che non l’ha inventata certo Trump (“ma Trump è riuscito dove non sono riusciti Biden e Obama”); in secondo luogo l’Italia si è già portata avanti nel capire che occorre un approccio totalmente diverso e nuovo alla difesa e alla sicurezza, due temi intimamente connessi.

Rafforzare il sistema Nato con una colonna europea, evitando il rischio di sovrapposizioni che nessuno può permettersi, ha detto Giorgia Meloni all’Aja. In che modo?

Chi oggi vagheggia di un esercito europeo lo fa violando l’idea di un sistema confederale come quello originariamente pensato per l’Unione europea. E lo fa per una evidente contrapposizione agli Stati Uniti d’America, è un’idea influenzata da un pregiudizio nei confronti dell’attuale presidente degli Stati Uniti. Sappiamo che i presidenti statunitensi cambiano, si avvicendano nell’arco di quattro anni ma gli Stati Uniti restano. E noi dobbiamo avere un rapporto di alleanza stabile che non dipende da chi vince le elezioni in un determinato momento. Rispetto a questo scenario, si inserisce lo spunto di cui ha parlato Giorgia Meloni, quello di migliorare la cosiddetta interoperabilità tra gli eserciti europei ma sempre partendo dalla base degli eserciti nazionali e all’interno dell’alveo della Nato. Il tutto con un rapporto sereno e proficuo con l’esercito più grande e più efficiente del mondo, quello degli Stati Uniti d’America. Questa è una postura occidentale ed è alla base stessa della Nato. Altri leader, invece, sembrano concentrati più su posizioni politiche ad uso domestico, perché in qualche modo inseguono la pubblica opinione nazionale e la situazione contingente della presidenza Trump, perdendo di vista l’orizzonte più ampio sia in termini di spazio sia di tempo.

Non solo armi e carri armati, ma anche satelliti e interconnessioni: come sta cambiando la difesa di domani e in particolare quella italiana?

Sta cambiando molto e purtroppo i conflitti in essere ci rendono evidente come sta evolvendo il confronto militare. I conflitti in corso, ad esempio, ci stanno dicendo che contano sempre meno i cannoni e sempre di più l’intelligence e la capacità informatica. Sempre di più vedremo l’applicazione dell’intelligenza artificiale nei conflitti, nella progettazione di sistemi di intelligence e di armi sofisticate, come già accade nell’utilizzo dei droni. Questo vuol dire cambiare completamente gli approcci anche quando si parla di cyber security. Oggi nazione può colpire al cuore un’altra nazione senza bisogno di sparare un colpo di fucile. Magari può svuotarne i conti correnti con un attacco hacker e così facendo è come se gli strappasse il cuore. Tutto questo implica un approccio totalmente diverso e nuovo ai temi della difesa e della sicurezza, che sono intimamente connessi, una strada che l’Italia intende percorrere.

Il cambiamento storico è da attribuire a Donald Trump?

Ni. Nel senso che noi sappiamo che c’è una insofferenza statunitense che inizia molti anni fa, di cui si sono fatti interpreti anche i presidenti democratici come Biden e Obama. Una sorta di frustrazione che non si è certo inventata Trump, ma che lui sta riuscendo a convogliare in atti concreti, riuscendo dove non sono riusciti Biden e Obama, probabilmente anche per via del modo particolarmente abrasivo con cui pone la questione. Gli va dato atto di averlo fatto con successo.

Intanto Pechino attacca la Nato e la accusa di “trovare scuse per il forte aumento delle spese militari, con una sconsiderata espansione di potere e il tentativo di estendersi nell’area dell’Asia-Pacifico”, ha detto il portavoce del ministero degli Esteri Guo Jiakun. Che ne pensa?

La Cina negli ultimi venti, trent’anni si è rinforzata economicamente e militarmente anche perché non l’hanno fatto le nazioni Nato. Quindi, nel momento in cui la Cina dice, in maniera più o meno esplicita, di voler cambiare l’ordine del mondo perché questo, nella sua attuale composizione, è troppo favorevole all’Occidente, è chiaro che i piani di Xi, e non solo i suoi, sono scombinati da un Occidente che invece sviluppa una deterrenza maggiore rispetto alle velleità cinesi. Nel grande gioco geopolitico se l’Occidente si rinforza, per la Cina non è una buona notizia.

Le opposizioni vi accusano di anteporre le armi alla salute e al bilancio: come risponde?

È propaganda di basso livello. Senza dover andare indietro nel tempo, agli impegni presi dagli esponenti delle opposizioni quando erano al governo, si potrebbe semplicemente dire che in questo caso l’aumento di spesa viene spalmato in dieci anni e riguarda anche il cosiddetto dual use, cioè la spesa militare per la difesa che è anche un investimento per lo sviluppo civile. La tecnologia web sviluppata come strumento militare oggi facilita e investe ogni nostra attività, i nostri vestiti sono essenzialmente fatti con fibre nate per scopi militari, quindi il dual use esiste e accompagna l’umanità. Una questione, però, mi sembra centrale: se 31 nazioni chiedono all’Italia di sottoscrivere un impegno, un accordo per poter stare nella Nato, a quel punto qual è l’alternativa? Uscire dalla Nato? Ma ciò vorrebbe dire spendere venti volte di più per la difesa nazionale. Uno degli elementi positivi della alleanza atlantica è che consente alle nazioni aderenti di spendere relativamente poco perché quella spesa può essere messa in comune con quella delle altre nazioni aderenti, pronte a sostenere gli alleati in caso di bisogno. Se l’Italia rinunciasse a stare dentro la Nato, come qualcuno in piazza chiede, avrebbe solo da perdere.

Così l'Italia rafforzerà il pilastro europeo della Nato. Parla Procaccini

“Serve un approccio totalmente diverso e nuovo alla difesa e alla sicurezza, perché i due temi sono intimamente connessi, approccio che l’Italia ha nelle sue corde. Nel grande gioco geopolitico se l’Occidente si rinforza, per la Cina non è una buona notizia”. Conversazione con il co-presidente del gruppo Ecr al Parlamento europeo

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