Skip to main content

Per anni, sbagliando, la sinistra ha sostenuto che in Italia non esiste una cultura di destra. Dopo averne impedito la legittimazione politica e il diritto stesso della destra ad esistere, la cultura dominante di sinistra nel nostro Paese ha sempre asserito che temi come le politiche culturali, l’ambiente sono esclusivo appannaggio del mondo progressista, il solo abilitato a parlare di cultura.

Oggi con un governo di centrodestra, con una forza di destra che ha vinto le recenti elezioni politiche, la destra italiana deve dimostrare di essere in grado di proporre un modello culturale alternativo.

Non esistono più le scuole di partito, le sezioni dove si costruiva il pensiero politico e dove si selezionava una classe dirigente adeguata, sostituiti, oggi, da Fondazioni, think thank, riviste, ultimi luoghi dove vive la sacralità del ragionamento politico e dove studiare la storia e la cultura politica.

Recentemente abbiamo assistito a partiti che sono cresciuti rapidamente (Pd, Movimento 5 Stelle e Lega) e che altrettanto rapidamente sono ritornati a percentuali più modeste, proprio perché il loro progetto politico è finito con il collassare sul piano culturale.

La destra di Giorgia Meloni, in questo senso, ha un duplice vantaggio: non solo è cresciuta lentamente e con coerenza, ma ha Fondazioni e presidi culturali di cui altri erano privi e che saranno utili per sedimentare un consenso che non deve essere effimero, ma duraturo.

Al netto della crisi energetica, della crisi economica e della guerra in Ucraina, la cultura sarà una delle sfide principali del nascente governo Meloni se vorrà lasciare un segno profondo nel retroterra culturale e sociale della nuova Italia.
È mai esistita in Italia una cultura di destra? Esiste in Italia un pensiero conservatore in grado di fornire risposte alle tante domande imposte dalla crisi del mondo moderno e, in particolare, dell’Occidente?

Giuseppe Prezzolini, padre del conservatorismo italiano, nella sua “Intervista sulla destra” sosteneva che “in Italia esistono scrittori conservatori, non esiste una cultura conservatrice. Esistono politici conservatori, non esiste un grande partito conservatore. I conservatori – intellettuali e politici – sono dispersi fra la destra, il Centro e anche il Centrosinistra”.

Il nostro Paese ha avuto un complicato rapporto con il conservatorismo poiché in Italia, a differenza di altri Paesi europei, non si è sviluppato un organico pensiero conservatore sfociato in un preciso progetto politico come annota Armando Torno ne “Il paradosso dei conservatori”.

Nonostante il fenomeno tutto italiano del fascismo che ha impedito la nascita in Italia di una forza di destra conservatrice e democratica, nel nostro Paese è sempre esistita una forte sensibilità conservatrice.

Mentre in altre nazioni gli avversari politici dei partiti conservatori sono socialisti e non comunisti, in Italia la presenza del Pci, il più forte partito comunista dell’Europa occidentale, ha portato l’elettorato conservatore a scegliere il male minore, turandosi il naso e votando Dc, mentre altri voti conservatori, soprattutto al Sud, sono confluiti nel Msi.

La rivoluzione conservatrice italiana è la perfetta sintesi di due istanze: il cambiamento e il recupero del patrimonio storico e civile della nazione.

Anche Vincenzo Cuoco nel suo “Saggio storico sulla rivoluzione di Napoli” nel definire il carattere della rivoluzione conservatrice, dissociando la rivoluzione risorgimentale da quella francese, in quanto nei due fatti storici ci sono alcune differenze sostanziali, afferma che il concetto chiave è “innovare conservando”.

Il vero conservatore, però, intuisce che a problemi nuovi occorre dare risposte nuove, ma sempre ispirandosi ai principi permanenti.

In sintesi, in un momento storico in cui l’Occidente e i suoi valori sono sotto attacco, spetta ai conservatori e, segnatamente, a una politica culturale di stampo conservatore riportare nell’opinione pubblica spaventata e confusa i valori condivisi che sono alla base del conservatorismo.

Non a caso costruire e custodire sono i due verbi che una vera cultura conservatrice italiana deve declinare sempre.
Costruire una società in cui il senso della tradizione, l’amore verso la patria, intesa come terra dei padri, e verso la famiglia che resta la cellula fondamentale di ogni società erano, sono e resteranno i valori eterni in grado di portarci fuori da qualunque crisi economica, sociale e geopolitica.

Esiste in Italia una cultura di destra? Tatarella racconta la vera sfida di Meloni 

In un momento storico in cui l’Occidente e i suoi valori sono sotto attacco, spetta ai conservatori e, segnatamente, a una politica culturale di stampo conservatore riportare nell’opinione pubblica spaventata e confusa i valori condivisi che sono alla base del conservatorismo. L’intervento di Fabrizio Tatarella, vice presidente della Fondazione Tatarella

Come guarda al Medio Oriente la nuova strategia statunitense. Conversazione con Wechsler

Obiettivi, limiti e compromessi della nuova Strategia per la Sicurezza nazionale secondo Wechsler (Atlantic Council). Analisi del documento programmatico dell’amministrazione con un occhio al Medio Oriente e alle sue complessità

Surovikin, la carta finale di Putin. Parla il prof. Teti

La recente nomina decisa dal Cremlino “produrrà un incremento esponenziale del livello di brutalità del conflitto” in Ucraina, spiega il docente dell’Università “G. d’Annunzio” di Chieti-Pescara

Il Congresso di Xi e lo spettro del decoupling Usa-Cina. Scrive Bremmer

Di Ian Bremmer

Entrambe le parti sono pienamente consapevoli che ogni passo verso effettive ostilità porterebbe a una distruzione reciproca (e globale). La strategia statunitense su Taiwan continuerà a seguire quella che viene chiamata “ambiguità strategica”, nonostante le relazioni americane con l’isola si stiano intensificando. L’analisi di Ian Bremmer, presidente di Eurasia Group

Comunque vada il Congresso, su Taiwan nessuna apertura

Di Oriana Skylar Mastro

Oggi già alcuni segnali confermano che la posizione della Repubblica Popolare sarà più aggressiva. In ogni caso, dopo il Congresso sarà sempre più esplicito che o Taiwan negozierà con i cinesi oppure sarà la Cina stessa a decidere per l’isola. L’analisi di Oriana Skylar Mastro, center fellow presso il Freeman Spogli institute for International studies dell’Università di Stanford

Azerbaigian-Armenia, Ankara facilitatore o ostacolo alla pace?

L’Ue se sarà tenace potrà avere un ruolo nel tavolo diplomatico e non subirlo: intanto ha inviato una missione civile in Armenia, della durata di due mesi, che non solo monitorerà il confine ma proverà ad avanzare il processo di delimitazione

Innovazione, Israele chiama Italia. Parla Menuhin (Israel Innovation Institute)

“Le sfide che stiamo affrontando oggi sono globali e nessun Paese, azienda o generazione può affrontarle da sola”, ha detto a Formiche.net il manager dopo una visita nel nostro Paese per Maker Faire Rome-The European Edition

Dalla politica all'economia. Putin e i suoi paradossi secondo Polillo

La guerra doveva consacrare la Russia come grande potenza, capace di reggere il confronto con l’intero Occidente. I risultati di questa avventura sono quelli che sono. In compenso gli squilibri interni non sono tra i più confortanti. Le nuove previsioni del Fmi indicano una caduta del Pil per l’anno in corso e quello successivo, pari rispettivamente al 3,3 e al 2,2 per cento. L’analisi di Gianfranco Polillo

Wallace contro Hunt. Il dibattito a Londra sulle spese militari riguarda anche noi

L’auspicio espresso dagli Usa di un aumento dei bilanci per la difesa rischia di scontrarsi con le difficoltà politiche ed economiche britanniche. Il nuovo cancelliere non esclude una revisione del piano della premier Truss e il ministro della Difesa sarebbe pronto al passo indietro. Ma se un Paese cruciale per la Nato come il Regno Unito rinuncia, sarà difficile convincere gli europei

Il centrodestra che conosciamo è finito. Il mosaico di Fusi

Il duello in atto tra Meloni e Berlusconi è nient’altro che la lotta per chi deve comandare e ognuno la combatte con le armi che più risultano proprie a ciascuno dei due: Silvio mediante le indicazioni delle sue favorite nei posti di comando; la leader FdI con la determinazione di chi sa che non deve niente a nessuno. La rubrica di Carlo Fusi

×

Iscriviti alla newsletter