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Il procuratore generale dell’Iran, Mohammad Javad Montazeri, ha dichiarato domenica 4 dicembre che la polizia morale – che fa rispettare il codice di abbigliamento islamico obbligatorio del Paese ed è nota come Gashte Ershad, Pattuglia di guida – è in una fase di “stallo”. Questo commento ha portato i media di mezzo mondo a parlare di “chiusura” o “smantellamento” dell’unità responsabile dell’arresto mortale di Jîna Mahsa Amini, vicenda che ha poi aperto alla lunghissima e diffusissima fase di proteste che va avanti da tre mesi – da quando la giovane curda iraniana fu forzatamente condotta in una caserma di Teheran da cui non è più uscita, solo per aver indossato il velo non correttamente.

Addirittura, la notizia diffusa dalla stampa internazionale dopo la dichiarazione di Montazeri ha portato qualcuno a pensare che la Repubblica islamica avesse (potrebbe?) rinunciato a far rispettare l’hijab obbligatorio alle donne. Ma l’emittente statale iraniana ha cercato di contenere l’esplosione delle speculazioni, insistendo sul fatto che il commento dell’alto funzionario giudiziario è stato male interpretato. Tutto avviene mentre le figure di spicco del mondo pragmatico-riformista della Repubblica islamica continuano a sollecitare il governo e la teocrazia ad affrontare le lamentele che hanno portato a quasi tre mesi di disordini.

La Gashte Ershad non è una vera e propria polizia, ma un programma di sicurezza e soprattutto controllo interno. In quanto tale può essere sospeso e poi riattivato, e forse l’uso del termine persiano “tatil” alla base delle parole del procuratore definisce il senso di ciò che è accaduto. Attualmente la Pattuglia di guida è ferma, momentaneamente sospesa (questo significa tatil). Che il procuratore sottolinei inoltre che essa non ha niente a che fare con la Giustizia è invece probabilmente legato al fatto che è il ministero dell’Interno a gestire il programma.

Che il programma sia stato messo in pausa – o come dice qualcuno “rilassato”, ossia reso meno accorto e severo – è d’altronde comprensibile dai tanti video che mostrano le donne iraniane andare in giro senza hijab. Possibile solo se la Gashte Ershad chiude un occhio (o meglio entrambi), visto il controllo e la repressione che il regime ha deciso di applicare contro le manifestazioni. Questo allentamento non è tanto una concessione, ma una necessità. Una sorta di contentino che la teocrazia ha voluto concedere momentaneamente, anche per evitare che la morale finisse oggetto degli sfoghi dei manifestanti.

Le proteste sono frutto di un portato che dura da anni. Il velo e la vicenda di Amini sono un simbolo, ma il dissenso si è da tempo trasformato in rabbia tra una parte di iraniani che ha iniziato a contestare tutto ciò che la teocrazia rappresenta. E se la Guida Suprema Ali Khamenei è l’obiettivo iconografico contro cui si dirige il malcontento perché apice di quel sistema, il Corpo dei Guardiani della Rivoluzione è l’incarnazione della teocrazia e dunque destinatario pratico e accessibile delle proteste, in quanto ha in sé tutto ciò che non va nel Paese: ideologia radicale, corruzione, degenerazione socio-culturale, protezione di interessi di casta.

Quanto sta succedendo sta dimostrando che la Repubblica islamica è tutt’altro che un corpo unico e le proteste stanno segnando faglie anche all’interno dell’establishment, divisioni e dibattiti. La vicenda della polizia morale è rappresentativa di tutta la vicenda, anche di questa attuale fase. In un’intervista a Jamaran News, il portavoce del quartier generale del Comando del bene e del divieto del male ha detto che tutte le missioni di pattugliamento e la stessa polizia morale sono state terminate.

Questa affermazione, proveniente da una fonte più affidabile e da un’entità che è pienamente responsabile della supervisione delle prestazioni della polizia morale, sembra rilanciare le dichiarazioni di Montazeri, andando contro la linea con cui la narrazione che il governo ha affidato ai media di stato per minimizzare l’accaduto. La vicenda non è ancora chiarita perché può rappresentare un punto di svolta, comunque essa proceda. Potrebbe diventare un prima concessione; è già un fatto di crisi interna;, non fermerà la folla che potrebbe essere portata a chiedere molto di più.

La polizia morale in Iran è ferma, ma le proteste continuano

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