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Salvini primatista sui follower e Meloni con partecipazione più elevata; mentre si fa strada il social cinese TikTok nei giorni in cui la Commissione e il Consiglio Ue ne vietano l’utilizzo ai propri funzionari.

Ecco cosa emerge dall’ultima ricerca “Marketing politico e social media fra comunicazione e consenso. Un’analisi del panorama italiano”, realizzata per la Rome Business School, istituto di formazione post-universitaria, parte del network Formación y Universidades di De Agostini e Grupo Planeta, dal campaign manager Alessio Postiglione e Valerio Mancini, il primo direttore dell’International Master in Communications e il secondo alla guida del centro di ricerca del medesimo istituto.

I ricercatori, dunque, confermano il primato di Salvini registrato già in passato, ma c’è di più. Meloni è cresciuta molto con un engagement medio molto elevato. In pratica, il leader leghista si è concentrato soprattutto sul numero dei seguaci – le cosiddette vanity metrics -, mentre Meloni registra numeri che dal punto di vista qualitativo sono più solidi. La stessa strategia seguita da Conte su TikTok, sul quale il leader pentastellato ha investito enormemente.

Entrando nel dettaglio della ricerca, in Italia Salvini è primatista assoluto per follower, se consideriamo le più importanti piattaforme social: sono 9,4 milioni sommando i follower di Twitter, Facebook, Instagram e TikTok. Sorpassando di molto Conte che tocca quota 7 milioni e 83 mila follower e la Meloni, con 7 milioni, terza. La novità, come si diceva, è che, quando i ricercatori misurano l’engagement, cioè la partecipazione ai post social, Meloni dimostra di avere numeri maggiori, mediamente su tutti i social misurati, mentre Conte, addirittura, registra un exploit per quel che riguardo l’engagement su TikTok. Meloni, in particolare, su Instagram vanta un tasso di engagement del 1,65%, notevolmente migliore a quello di Conte (0,74%) e Salvini (0,76%). TikTok per Conte, invece, registra un indice di engagement pari al 14,35%, surclassando Salvini (4,50%), Meloni (4,13%) e Berlusconi (3,80%).

Questo dato dimostra come lo staff del M5S stia puntando sui social a conquistare gli elettori del futuro. Sebbene i giovanissimi, che sono il gruppo più attivo su questo social (13/16 anni), ora non possano votare, nel giro di qualche anno, potrebbero divenire un elettorato a disposizione del leader pentastellato. Altro elemento che emerge dalla ricerca è la personalizzazione politica, per la quale i leader performano meglio dei loro partiti, e quanto più la comunicazione investa sull’elemento personale, tanto migliori saranno le performance social.

“Il successo dei social media è strettamente legato alla personalizzazione della politica – dichiara Alessio Postiglione, tra gli autori della ricerca – con i leader carismatici e divisivi, capaci di accendere le passioni, che mobilitano il voto, non più indirizzato verso i partiti; voto mobile e liquido, che gli elettori esprimono sempre più sotto effetto del marketing emozionale. Il voto diventa quindi contendibile a ogni elezione e quanto più i leader accendono le passioni, tanto più la loro parabola sembra essere breve”.

Rimanendo su Instagram, sia Conte (95%) che Meloni (90%) hanno profili popolati da utenti reali, ma si verifica che il leader del Carroccio abbia solo un 47% di profili verosimilmente reali (dati Phlanx). “La spia che la crescita del suo profilo potrebbe essere stata dopata da troll o fake followers per gonfiare le vanity metrics che, per l’appunto, alle elezioni, rischiano di rimanere solo vanità”, dichiara Valerio Mancini. Per tutti e tre i leader, l’Italia è solo il secondo Paese di provenienza dei follower. I follower bulgari (4.3%) e rumeni (4.3%) per Salvini, o cinesi per Meloni, e giamaicani (10,7%) per Conte, sono la spia di potenziali profili fake, nota ancora il report.

Tenendo in conto sempre i dati Phlanx, risulta interessante la strategia del M5S.

La ricerca mette in evidenza come la comunicazione politica si stia sviluppando sempre più secondo le dinamiche proprie della comunicazione emozionale (con le performance migliori offerte da TikTok e le peggiori da Facebook). I dati analizzati dimostrano che il motivo principale del basso engagement di alcune piattaforme sia dovuto alla mancanza di risposte da parte dei leader. “Mentre nel caso di sindaci o anche delle local public utilities, i profili rispondono maggiormente alle sollecitazioni dei commenti dei cittadini, i leader nazionali tendono ad una comunicazione unidirezionale che contraddice lo spirito dei social, in particolar modo di Facebook dove il commento è l’elemento caratterizzante”, incalza Postiglione.

Dunque, si conferma l’importanza del marketing politico emozionale e l’ascesa di nuove piattaforme social ma anche l’incapacità dei politici di sfruttarne il loro potenziale al massimo. In definitiva, anche la politica è responsabile della crisi di Facebook rispetto agli altri social. Si ritiene, infatti, che la crisi della piattaforma di Zuckerberg sia legata soprattutto al fatto che Facebook promuova post sponsorizzati e non “organici” e che il suo pubblico di boomers sia fisiologicamente meno attivo.

La verità è che i leader presi in esame dalla Rome Business School non rispondono mai sotto ai post che pubblicano, facendo venire meno un elemento caratteristico di quella piattaforma. Insomma, i politici sono e comunicano sui social, non c’è dubbio. Ma non è detto che lo facciano sempre nel modo migliore.

Social e politici. Per Meloni più engagement, ma Salvini resta in testa

Tutti i numeri della ricerca “Marketing politico e social media fra comunicazione e consenso. Un’analisi del panorama italiano”, realizzata per la Rome Business School da Alessio Postiglione e Valerio Mancini, il primo direttore dell’International Master in Communications e il secondo alla guida del centro di ricerca del medesimo istituto

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