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Obiettivi raggiunti. No, ritardi evidenti. Il mini rimpallo di ieri sul Pnrr tra il premier uscente e quello entrante apre all’esigenza di un ragionamento a freddo (e franco). La traccia su cui lavorare è quella di una maggiore consapevolezza di ruoli, bilanciamenti di priorità e obiettivi.

Quando dalla cabina di regia a Chigi il premier osserva che “il Pnrr è un’occasione unica per il rilancio dell’Italia, per il superamento delle diseguaglianze territoriali, di genere e generazionali che gravano sul Paese”, ribadisce ancora una volta che non si tratta di un progetto come gli altri, che viaggia su corsie ordinarie e con velocità consuete. Ma investe davvero e completamente il futuro comunitario del paese, visto che “la sua piena attuazione è fondamentale per la nostra credibilità, verso i cittadini e i partner internazionali”.

Ergo va gestito, tecnicamente e politicamente, come un qualcosa di eccezionale che, quindi, travalica rimpalli o rimbrotti di qualsiasi genere perché la madre di tutte le azioni politiche, dal dopoguerra ad oggi. “Dobbiamo mantenere gli impegni presi e, per farlo, c’è bisogno del sostegno di tutti”. Impegni e tutti sono due parole che, da sole, sono sufficienti per chiudere il dibattito e intendersi sul modus operandi e sul tono comunicativo da adottare.

Venire all’essenza del problema, diceva Tommaso Fiore. Ed eccola: Mario Draghi è in questo momento il più prezioso alleato di Giorgia Meloni, per una serie di ragioni oggettive e soggettive. La tenuta dei mercati, la garanzia strutturale che impedisca nervosismi da parte delle agenzie di rating, la stabilità in questa fase di transizione verso partners europei in fibrillazione alle prese con il dossier energetico, le dinamiche geopolitiche che toccano l’Italia tanto nel Mediterraneo quanto in Medio Oriente e nel Caucaso, e tanto altro ancora, come le relazioni geo-strategiche a 360 gradi. Per cui vietato litigare.

Un rapporto che, è utile ricordare, negli ultimi mesi è stato caratterizzato da non poche sintonie, sia per il passaggio di consegne già idealmente avviato, sia per il ruolo intellettualmente onesto che Palazzo Chigi ha riconosciuto al Presidente di Fdi. E l’interlocuzione, costante e pragmatica, tra Meloni e Cingolani lo dimostra.

Per cui, alla luce delle note e gravose difficoltà in cui versa l’Italia (e l’Ue) è di tutta evidenza che un rapporto solido è utile anzitutto al Paese e non di meno alla Meloni stessa. Ciò non si traduce automaticamente nel voler celare i ritardi tecnici che possono esserci, anche per via di una farraginosità nel dna che l’Italia ha, grazie alla sua pachidermica burocrazia e a processi decisionali troppo lenti.

Ma il nodo è semplicemente uno: non serve rimpallare le responsabilità, piuttosto è fondamentalmente più importante capire come andare avanti. E si può andare avanti solo se uniti.

@FDepalo

Cara Meloni, è Draghi il tuo prezioso alleato. Vietato litigare

L’importanza di un rapporto solido è utile anzitutto al Paese e non di meno alla Meloni. Il punto non è rimpallare le responsabilità ma è come andare avanti. Si può andare avanti solo se uniti

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