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Ho partecipato ad una missione di osservazione elettorale del Parlamento europeo in Bolivia. Durante questa missione mi sono recato nelle tre principali città del Paese, Santa Cruz de la Sierra, El Alto e La Paz dove ha incontrato i candidati, la società civile e i giornalisti.

Il risultato del primo turno delle elezioni in Bolivia può essere definito storico. Innanzitutto bisogna comprendere il contesto nel quale si è svolto il voto del 17 agosto. Le elezioni del 2019 sono state seguite da gravi disordini e nel 2024 c’è stato addirittura un tentativo di colpo di Stato. Dal punto di vista politico il dato di maggior importanza è la sconfitta della sinistra e la sostanziale scomparsa del Mas, il partito del Movimento al socialismo, che è stato il principale partito negli ultimi venti anni.

La parabola discendente del Mas segue le vicende del suo fondatore Evo Morales. Dopo aver perso il referendum costituzionale del 2016, Morales ha cercato in tutti i modi di rimanere al potere e di trasformarsi nell’ennesimo dittatore latinoamericano di sinistra. La Costituzione boliviana gli impedisce di candidarsi per un terzo mandato e pertanto il leader cocalero non ha potuto seguire fino in fondo le orme dei Castro, di Ortega e di Maduro. Non potendo partecipare alle elezioni ha cercato di creare il caos e, dal suo feudo del Tropico di Cochabamba, ha invitato al voto nullo (in Bolivia il voto è obbligatorio) per dimostrare il suo peso politico. Dopo aver attaccato la missione elettorale dell’Ue, ha riconosciuto l’esito elettorale.

Verosimilmente il riconoscimento è dettato dalle preoccupazioni legate alle sue vicende giudiziarie, tra le quali spiccano le accuse di violenza e abusi sessuali su minori. Se queste accuse venissero confermate si tratterebbe di un ulteriore duro colpo per la sinistra italiana ed europea che per decenni ha visto in Evo un simbolo e ora lo sta disconoscendo. L’altro dato di grande importanza è lo spostamento a destra della politica boliviana. Allo storico primo ballottaggio del 19 ottobre si sfideranno infatti Rodrigo Paz Zamorra, del partito democratico-cristiano, e Jorge “Tuto” Quiroga del partito conservatore Libre.

L’ex presidente Tuto Quiroga rappresenta chiaramente il blocco conservatore e pro-occidentale mentre Rodrigo Paz oscilla tra posizioni più centriste e una visione sociale dell’economia. Entrambi sono stati percepiti come interpreti del cambiamento e hanno posto l’accento sul rilancio dell’economia, la stabilità istituzionale, la giustizia e la lotta alla corruzione. Le elezioni si sono svolte in maniera trasparente e pacifica in un contesto economico disastroso. L’inflazione è al 25%, vi è un razionamento di carburante e di beni di prima necessità come il pane e la carne. Inoltre, le fallimentari politiche economiche del Mas hanno prodotto una mancanza di valuta internazionale, in particolare di Dollari Usa, e basta andare in un qualsiasi cambio valuta per rendersi conto del cambio reale.

Oltre alla politica interna, il futuro presidente potrà cambiare la politica estera e riaprire il Paese al commercio internazionale. Negli ultimi anni la Bolivia si è allontanata pericolosamente dalle democrazie liberali schierandosi a fianco dei regimi Cubani, Venezuelani e Nicaraguensi e allineandosi all’asse anti-americano composto da Iran, Russia e Cina. Purtroppo i socialisti boliviani hanno adottato anche le pratiche repressive di questi regimi incarcerando leader politici, tra i quali Jeanine Anez e Fernando Camacho, che dovrebbero essere liberati quanto prima. Il Paese andino possiede ingenti risorse naturali, in particolare litio, gas e stagno. Risorse preziosissime di cui l’Europa è sprovvista e sulle quali Russia e Cina hanno già iniziato a mettere le loro mani.

Questo è uno dei motivi fondamentali per cui l’Ue deve seguire con grande attenzione gli sviluppi politici a La Paz. L’obiettivo dovrebbe essere duplice. Da una parte garantire la stabilità e rafforzare le relazioni bilaterali e dall’altra inserire la Bolivia in una strategia regionale di ampio respiro dedicata alle infrastrutture e alle risorse naturali. Questa strategia dovrebbe comprendere anche Argentina, Cile e Perù. Questi ultimi due Paesi saranno chiamati alle urne nei prossimi mesi e un possibile spostamento a destra, coronata dalla vittoria del fronte conservatore in Colombia nel 2026, permetterebbe di cambiare in profondità la politica latinoamericana.

Proprio guardando a queste importanti scadenze elettorali FdI e i Conservatori europei saranno chiamati a giocare un ruolo da protagonisti per rafforzare la cooperazione tra le forze alternative di sinistra. Per ottenere risultati concreti in questa regione del mondo, strategica per i nostri interessi, l’Ue dovrebbe prendere esempio dall’azione del governo italiano e lanciare una sorta di Piano Mattei per l’America Latina.

Le scelte del futuro governo saranno fondamentali non solo per la Bolivia ma anche per rilanciare una nuova agenda politica e commerciale tra Europa e Sud America, libera dall’ideologia socialista.

La Bolivia svolta a destra e dimentica Morales. Le prospettive per Italia e Ue secondo Picaro (Ecr)

Di Michele Picaro

Missione in Sudamerica dell’eurodeputato di Fratelli d’Italia-Ecr e componente della delegazione all’Assemblea parlamentare euro-latinoamericana. Negli ultimi anni la Bolivia si è allontanata dalle democrazie liberali, avvicinandosi ai regimi cubano, venezuelano e nicaraguense e all’asse antiamericano con Iran, Russia e Cina. Ricchissima di litio, gas e stagno, risorse vitali per l’Europa, la Bolivia è già nel mirino di Mosca e Pechino: questo è uno dei motivi fondamentali per cui l’Ue deve seguire con grande attenzione gli sviluppi politici a La Paz

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