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Il Segretario di Stato statunitense, Antony Blinken, e l’omologo cinese, Wang Yi, hanno tenuto un colloquio telefonico giovedì. È interessante notare come le due cancellerie intendano in maniera diversa la priorità da assegnare ai vari dossier discussi. In particolare, per Washington gli obiettivi primari sono la cooperazione in campo ambientale e, soprattutto, il contenimento dell’epidemia da Covid-19 che sta nuovamente flagellando la Cina.

Durante la telefonata la parte statunitense ha sottolineato come la trasparenza sia la base per la convivenza pacifica della comunità internazionale. Un monito in ricordo della gestione dell’epidemia da parte di Pechino nel 2019-2020, quando la cosa venne nascosta al mondo finché non esplose. Come cattivo segno, la versione cinese dell’incontro non menziona il covid tra le questioni discusse, ma si limita a riportare della questione ucraina e quella di Taiwan.

La Repubblica Popolare è alle prese con un enorme aumento dei casi Covid dopo aver rimosso la zero-covid policy di fronte al malcontento diffuso. Una mossa che sta pagando cara. Ufficialmente sono stati dichiarati una manciata di decessi, ma diverse analisi indipendenti parlano di cifre intorno al milione di morti. Oltre alle immagini che giungono dagli ospedali di Pechino, dagli obitori sovraffollati e dall’esplosione di attività delle pompe funebri.

Questo è un grande problema, che riguarda direttamente anche il resto del mondo. L’Europa e il Nord America hanno sviluppato una buona immunità e campagne vaccinali estensive e con vaccini di qualità. I vaccini cinesi, come riferiscono gli esperti, risultano carenti e, soprattutto, buona parte della popolazione non è stata coperta, soprattutto tra gli anziani, prediligendo le quarantene e i lockdown.

Il rischio dunque non è tanto sanitario in Occidente, quanto economico. La Repubblica Popolare continua a essere un partner commerciale essenziale per moltissime economie avanzate, come già si è toccato con mano nel 2020 con la relativa scarsità di beni d’importazione. Se la Cina dovesse rivelarsi non in grado di gestire la nuova ondata, le conseguenze si farebbero sentire su tutte le catene del valore.

Le relazioni tra Pechino e Washington sembravano aver visto un momento di allentamento di tensione quando Joe Biden e Xi Jinping si erano incontrati a Bali a margine del G20 indonesiano. Tuttavia, da allora la competizione tra le due superpotenze non si è mai fermata, soprattutto sul fronte dell’interscambio tecnologico, vera arena di scontro, come ampiamente raccontato anche da Formiche.net.

Tornando alle questioni sanitarie, giovedì scorso  il Segretario Blinken ha detto che gli Usa sono pronti a fornire assistenza alla Cina per quanto riguarda i vaccini, ma ha osservato che Pechino  non ha mai chiesto aiuti di nessun tipo. “Vogliamo che la Cina tenga sotto controllo l’epidemia”.

Alle affermazioni del funzionario americano ha risposto il portavoce dell’ambasciata cinese a Washington: “[le scorte di vaccini] sono generalmente in grado di soddisfare la domanda”. Sempre il portavoce ha poi aggiunto che i funzionari che si occupano della questione nei rispettivi Paesi rimarranno in comunicazione.

Il Direttore generale per gli affari europei del ministero degli Esteri cinese, Wang Lutong, ha twittato poco fa che Blinken e Wang hanno nuovamente parlato al telefono. Il secondo ha sottolineato l’importanza di “esplorare il modo giusto per andare d’accordo e lavorare per il benessere dei due popoli e la pace e la stabilità nel mondo”.

Insomma, gli Usa vogliono che le aree di cooperazione identificate con la Repubblica Popolare restino tali. La gestione delle pandemie è naturalmente tra queste, ma è necessario che la Cina si mostri, se non trasparente, quantomeno bendisposta a collaborare.

Perché Blinken ha parlato di Covid con Wang Yi

Il segretario di Stato Antony Blinken e l’omologo cinese Wang-Yi si sono parlati al telefono. Gli Stati Uniti vogliono assolutamente evitare che la nuova epidemia di Covid in Cina si riveli un’ondata globale come nel 2020. Rifiutando i vaccini occidentali la Repubblica Popolare si mostra incline alla cooperazione solo a parole, almeno per ora

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