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La Democrazia Cristiana, come tutti sanno, ha chiuso i battenti nel lontano 1993. Ma i valori, la prassi, il metodo, lo stile e, soprattutto, la cultura politica della Democrazia Cristiana continuano ad aleggiare e a condizionare i concreti comportamenti di molti esponenti politici. E in svariati partiti. Tranne, come ovvio, i partiti populisti, estremisti e massimalisti.

Certo, nessuno pensa di riproporre un partito che è ormai stato consegnato alla storia e agli archivi, almeno per com’era organizzato in quella fase storica del nostro Paese. Ma è altrettanto indubbio che la cultura politica che ha ispirato quel partito non è affatto archiviata. E le ormai prossime elezioni europee rappresentano un ghiotto appuntamento non per rimpiangere un partito ma, semmai, per riproporre le ragioni politico e culturali di quel progetto politico. E ciò può avvenire in un solo modo. E cioè, votando candidati nei partiti cosiddetti centristi che continuano a rifarsi a quel patrimonio culturale e ideale. Perché proprio attorno a una Europa politica unita, coesa e capace di giocare un ruolo decisivo nell’attuale contesto internazionale risiedono le ragioni di fondo dei principi e dei valori che appartengono alla storia dei democratici cristiani.

Com’è altrettanto ovvio, si tratta di valori, principi e cultura che non hanno cittadinanza politica in tutti i partiti. Sicuramente non nei partiti populisti – nello specifico nel partito populista per eccellenza, il Movimento 5 stelle, e nella Lega salviniana – e né nei partiti sovranisti come Fratelli d’Italia o nelle forze politiche radicali e massimaliste come il Partito democratico di Elly Schlein.

Solo nei partiti centristi o di orientamento centrista si possono votare candidati di orientamento democratico cristiano. Sempre che vengano candidati e non ostacolati.

Ora, può apparire alquanto contraddittorio e singolare che vincono i valori democratici e cristiani per la costruzione di un’Europa politica e federalista e, al contempo, un partito – o il partito – di riferimento è consegnato agli archivi storici. Ma, comunque sia, è altrettanto indubbio che i partiti sono solo strumenti organizzativi destinati, di volta in volta, a essere presenti o archiviati. Perché quello che conta realmente sono la ricetta programmatica e la cultura politica che vengono declinati concretamente nella dialettica politica.

In ultimo, e se queste considerazioni sono vere e oggettive, è altrettanto importante che all’indomani delle elezioni europee – e preso atto del reale peso elettorale delle singole formazioni centriste – il processo di una ricomposizione dell’area centrista sarà una operazione indispensabile nonché necessaria. Superando definitivamente, e irreversibilmente, la fase adolescenziale della politica fatta di veti, rancori, pregiudizi personali e vendette reciproche.

Insomma, ancora una volta e come sempre, dovrà trionfare la politica con la P maiuscola e con la chiarezza sul progetto politico e con il contributo determinante delle rispettive culture politiche.

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Dovrà trionfare la politica per superare veti rancori, pregiudizi personali e vendette reciproche e realizzare un progetto politico con il contributo determinante delle rispettive culture politiche

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