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Da una parte c’è la sfida alla Cina, che con le sue auto elettriche sta riscrivendo il perimetro del mercato mondiale. Dall’altra c’è la consapevolezza che parte del Green new deal verrà riscritto, anche in virtù del pressing che numerosi Paesi, Italia in testa, stanno esercitando sull’Europa. Se infatti, almeno per il momento, non è in discussione lo spostamento dei target (2035) per lo stop alla produzione di veicoli diesel o benzina, dopo quella data potrebbe tuttavia essere ugualmente consentita la circolazione di vetture ibride.

Fattori che con ogni probabilità sono tra le motivazioni che hanno spinto Stellantis a prevedere la produzione di cambi eDct, le trasmissioni a doppia frizione per veicoli ibridi che già realizza a Mirafiori, anche nello stabilimento di Termoli. La scelta del gruppo presieduto da John Elkann e ancora alla ricerca del successore di Carlos Tavares, va nella direzione di un ulteriore potenziamento dell’offerta di auto ibride, sulle quali la società punta con decisione in questa fase con l’obiettivo di recuperare terreno in Europa dal punto di vista delle vendite.

“Proseguendo nel suo percorso verso la transizione ecologica, Stellantis annuncia che a partire dal 2026, inizierà la produzione dei cambi eDct anche nello stabilimento di Termoli, con un obiettivo a regime di trecentomila unità all’anno”, ha spiegato il costruttore in una nota. Un’iniziativa che è la conseguenza della recente acquisizione (fine gennaio), da parte di Stellantis, del pieno controllo del processo di sviluppo e produzione del cambio eDct, in precedenza condotto in collaborazione con un Oem belga.

A questo punto, con la decisione di ampliare la missione produttiva dell’impianto di Termoli, diventano tre gli stabilimenti Stellantis dedicati alla produzione della trasmissione eDct: Termoli si affianca infatti alle fabbriche di Mirafiori, che sta lavorando a pieno ritmo, e Metz. Per far fronte alla crescente domanda di componenti chiave del cambio eDct, verranno comunque incrementati anche i livelli produttivi della componentistica di Sint Truden e della stessa Metz, dove verrà impiantata anche una nuova linea di assemblaggio. Quello che è certo è che per l’Italia è un buon segnale, in ottica investimenti.

La stessa casa automobilistica ha ribadito sia il proprio impegno nelle fabbriche italiane, in linea con il piano industriale presentato lo scorso dicembre presso il ministero delle Imprese e del Made in Italy, sia i piani di sviluppo per gli stabilimenti francesi, oggetto di tre miliardi di euro di investimento negli ultimi cinque anni. Rafforzamento, quello di Stellantis, che guarda anche agli Stati Uniti. Solo poche settimane fa, infatti, la società ha rilanciato la sua presenza nel mercato americano e annunciato nuovi investimenti, attraverso i marchi di peso del gruppo negli Usa: Chrysler, Dodge, Fiat, Jeep e Ram Trucks.

Un primo, vero, segnale del nuovo appeal del mercato americano per i grandi gruppi industriali. Elkann ha infatti incontrato Donald Trump alla vigilia del suo insediamento alla Casa Bianca. Obiettivo, esporre al successore di Joe Biden i piani della casa automobilistica in terra americana e rinsaldare quell’asse industriale con uno dei mercati più importanti e strategici del mondo nato decenni fa ma plasmato a immagine e somiglianza dello scacchiere statunitense da Sergio Marchionne.

 

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