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Il bersaglio centrale della manovra di Donald Trump sui dazi è l’Unione Europa. Peccato, però che questa strategia – non una novità, ma ora si entra davvero nel vivo – rischi di penalizzare prima di tutto gli Stati Uniti. Così come fu nel corso del suo primo mandato alla Casa Bianca e durante la presidenza di Joe Biden. L’analisi è di Carlo Staganaro, direttore scientifico dell’Istituto Bruno Leoni.

Prima è stato uno spauracchio. Ora si fa sul serio. L’Europa ha davvero “trattato da nemici” gli Usa?

I dazi non sono certo una novità, per cui non c’è da meravigliarsi benché più di qualcuno auspicasse in un rinvio della questione. Nel merito, Trump è ossessionato da sempre dal tema dello squilibrio della bilancia commerciale tra gli Usa e l’Unione Europea. Per cui è questa una prima spiegazione dell’atteggiamento del presidente americano. Le analisi, però, ci dicono che i frutti di questa politica sia nel corso del primo mandato che durante quello di Biden non sono stati positivi per gli Usa.

L’idea è quella di dazi reciproci. 

Sì, ma paradossalmente per l’Europa su alcuni prodotti significherebbe abbassarli. Il nodo reale è che mentre per altre realtà – Canada e Colombia – quella dei dazi è stata una leva più che altro negoziale per avere una corresponsione sul piano della gestione migratoria, nel caso dell’Europa la partita è molto più complessa.

Quale dovrebbe essere la risposta comunitaria per evitare un gravame eccessivo sul sistema economico e produttivo?

Reagire a questa politica applicandone una diametralmente opposta, ossia l’ulteriore allargamento dei mercati.

In particolare verso quali realtà geostrategiche?

Prima di tutto con l’area del Mercosur anche in virtù dello stato di grande avanzamento del trattato, al quale manca solo di essere ratificato.

Ha inciso nella scelta di Trump la debolezza europea che si sostanzia nell’instabilità dell’esecutivo francese e nell’incognita tedesca?

No. Agli occhi di Trump – anche con qualche elemento di veridicità – l’Europa ha dimostrato in più occasioni la sua debolezza. Non rileva nella decisione unilaterale di applicare i dazi, il clima politico in paesi come Francia e Germania.

L’Italia vanta rapporti bilaterali molto solidi con gli Usa. Come incideranno in questa partita?

Penso molto poco. Trump anche con altre realtà a guida conservatrice ha ampiamente dimostrato di non curarsi degli “amici” e di andare avanti per la sua strada. Il ruolo dell’Italia, in proiezione anche europea, dovrebbe a mio giudizio essere un altro.

Quale?

Il mercato globale, è fatto di catene di valore integrate. La nostra economica è molto intrecciata con quella tedesca e questo legame deve essere rafforzato nella logica dell’allargamento e della diversificazione commerciale per compensare la politica di dazi statunitense. Nel caso del Mercosur, l’Italia potrà essere fondamentale.

Potrebbe rappresentare una prova della capacità di esercitare la leadership sul piano internazionale da parte di Meloni. 

Certo, e sarebbe un modo per accrescerne lo standing. Molto più che coltivare singolarmente i rapporti con Trump. Meloni potrebbe trascinare l’Europa verso un allargamento dei mercati impostando una politica anti-sovranista di cui a beneficiarne sarebbe anche l’Italia, oltre che l’Unione stessa.

I dazi Usa? L'Italia guidi l'Europa verso il Mercosur. Parla Stagnaro

La politica dei dazi di Trump rischia di essere maggiormente penalizzante soprattutto per gli Stati Uniti. L’Unione Europea dovrebbe mettere in atto una strategia opposta: allargare i mercati e orientarsi su altre aree strategiche del mondo. E l’Italia potrebbe essere un traino per il Mercosur: una prova di standing anche per Meloni. Colloquio con Carlo Stagnaro, direttore scientifico dell’Istituto Bruno Leoni

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