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Il recente doppio blitz delle forze dell’ordine italiane contro la criminalità organizzata di matrice cinese non rappresenta solo una mera operazione di polizia, ma segna un punto di svolta nella consapevolezza strategica italiana e occidentale rispetto a una minaccia ibrida e globale. È un fenomeno che travalica i confini nazionali e si muove con agilità tra le pieghe dell’economia legale e illegale, in un intreccio che chiama in causa la sicurezza interna, le relazioni internazionali e l’ordine economico degli Stati sovrani.

Un’operazione coordinata e ad alto impatto

“La risposta dello Stato oggi è stata netta, con indagini di altissimo livello e determinazione a tutela dei cittadini onesti e dell’economia sana del Paese”, ha affermato il ministro degli Interni Matteo Piantedosi, sottolineando la crucialità di disarticolare non solo le organizzazioni criminali, ma anche per affermare un principio di sovranità e legalità di fronte a sfide transnazionali complesse. L’intervento congiunto della Polizia di Stato e della Guardia di Finanza, distribuito su 24 province e numerose città chiave come Milano, Roma, Firenze e Prato, ha smantellato un’articolata rete criminale capace di controllare interi settori economici e sociali. La Polizia ha colpito gruppi dediti a traffici illeciti quali lo sfruttamento di manodopera e prostituzione, spaccio di metanfetamina, con un vero e proprio monopolio sul mercato della “shabu”, contraffazione e riciclaggio internazionale. Parallelamente, la Guardia di Finanza ha sgominato una frode fiscale da 3,4 miliardi di euro, sequestrando 741 milioni e chiudendo 266 società cartiere, azzerando così il cuore finanziario di una sofisticata macchina di riciclaggio ed evasione.

Un’entità transnazionale con ramificazioni globali

L’operazione conferma come la mafia cinese non possa più essere confinata all’etichetta di “crimine etnico” o problema locale. È una realtà transnazionale che, grazie a una struttura impermeabile, basata su legami familiari e solidarietà comunitaria, ha consolidato la propria capacità di muovere capitali e merci illegalmente lungo rotte che dall’Italia si estendono fino alla Cina. Il sistema di trasferimento del denaro, noto come “fei ch’ien”, si avvale di canali bancari e reti informali che rendono difficilissima la tracciabilità e l’intervento delle autorità, con un impatto diretto sulla sovranità economica nazionale. Il caso di Prato, con la sua ampia comunità cinese e la storica vocazione tessile, rappresenta un laboratorio emblematico di questa realtà. La guerra tra bande rivali per il controllo del mercato degli appendini e della produzione tessile mette a nudo la capacità della mafia cinese di infiltrarsi nel cuore di settori chiave dell’industria italiana ed europea. Qui, oltre allo sfruttamento della manodopera clandestina, si sommano dinamiche di violenza tipiche delle mafie tradizionali, con intimidazioni e scontri che hanno ormai assunto toni drammatici.

Una questione di sicurezza nazionale

Questo doppio colpo contro la mafia cinese si inserisce in un quadro più ampio di crescente attenzione europea verso le minacce ibride, che non si limitano alla dimensione militare o politica, ma abbracciano anche quella criminale ed economica. La criminalità organizzata cinese agisce isolatamente: la sua capacità di interagire con altre mafie locali e di sfruttare il sistema finanziario nazionale e globale la rende un attore che condiziona anche le relazioni diplomatiche e commerciali con la Cina.

Per l’Italia, e per l’Europa, la sfida è dunque duplice: da un lato, rafforzare le capacità investigative e di intelligence per fronteggiare reti criminali sempre più sofisticate e globali; dall’altro, definire una strategia politica e diplomatica che riconosca la natura ibrida e multilivello di questa minaccia, che oggi coinvolge interessi economici, sociali e geopolitici.

Il successo delle recenti operazioni in Italia è una risposta concreta a un fenomeno che evidenzia la trasformazione della criminalità organizzata in minaccia globale. La mafia cinese, con le sue ramificazioni transnazionali, il suo potere economico e la sua violenza, rappresenta una minaccia asimmetrica all’interno della nuova geopolitica della sicurezza.

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