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Steve Witkoff, inviato speciale del presidente Donald Trump, è tornato a Mosca per un incontro di alto livello con Vladimir Putin, con l’obiettivo di imprimere una spinta decisiva alla fine del conflitto russo-ucraino. Si tratta del primo faccia a faccia tra i due leader dallo scorso aprile, quando Witkoff aveva cercato — senza successo — di riattivare un canale negoziale diretto, sulla scia dei tre cicli di colloqui ospitati a Istanbul.

Al tavolo del confronto, durato circa tre ore, erano presenti anche Yuri Ushakov, consigliere diplomatico del presidente russo, e Kirill Dmitriev, capo del Fondo russo per gli investimenti diretti. Dalle fonti del Cremlino i primi segnali emersi dall’incontro sono incoraggianti, ma sarà necessario attendere anche i commenti dalla Casa Bianca per valutarne l’effettivo esito.

“Il dialogo prevarrà”, ha dichiarato Dmitriev al termine del colloquio, riportano i media russi, esprimendo un cauto ottimismo sulla possibilità di mantenere aperti i canali diplomatici. Il Cremlino ha definito l’incontro “utile e costruttivo”. Nella conferenza stampa successiva, Ushakov ha sottolineato: “La situazione è tale che il nostro presidente dispone di tutte le informazioni, ovvero i segnali inviati dal presidente Trump”.

Ultimatum della Casa Bianca

L’incontro tra Steve Witkoff e Vladimir Putin si inserisce in una fase estremamente delicata. Mancano meno di 48 ore alla scadenza dell’ultimatum imposto dalla Casa Bianca per l’avvio di un cessate il fuoco tra Mosca e Kyiv, dopo oltre tre anni di guerra su larga scala. L’approccio delineato dall’amministrazione Trump è chiaro: pressione economica multilivello su Mosca. Se non verrà raggiunto un accordo, scatteranno nuove sanzioni e dazi secondari su scala globale.

Nel corso di una conferenza stampa, il presidente Trump ha ribadito la propria linea: l’unico modo per evitare nuove sanzioni contro Mosca è “raggiungere un accordo affinché la gente smetta di essere uccisa”. La decisione finale, tuttavia, verrà presa solo alla luce degli esiti del colloquio tra Putin e l’inviato speciale Witkoff.

Secondo il Financial Times, l’amministrazione Trump sta valutando delle sanzioni alla “flotta ombra” di petroliere russe, qualora il presidente Putin non rispetti il suo ultimatum. Questo segnerebbe il primo segnale concreto di rottura dei rapporti tra Usa e Washington dall’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca. Già il mese scorso, il presidente americano aveva dichiarato di voler applicare una tariffa a tutte le merci in arrivo negli Usa da Paesi che mantengono relazioni commerciali attive con il Cremlino. Petrolio e gas, settori-chiave nell’export russo, sono finiti nel mirino, con potenziali conseguenze per Cina e India. Nelle ultime ore, l’amministrazione Trump ha firmato un ordine esecutivo che impone i dazi del 25% sulle merci da Paesi che stiano importando – in modo diretto o indiretto – il petrolio dalla Russia. In particolare, nei confronti di Nuova Delhi, l’amministrazione ha applicato un’ulteriore tariffa del 25%, in risposta al rilevante volume di acquisti di petrolio russo da parte dell’India.

Nonostante le pressioni esercitate dalla Casa Bianca, a Mosca prevale una linea di fermezza. Secondo quanto riferito da fonti vicine al Cremlino all’agenzia Reuters, le possibilità che la Russia accetti le richieste avanzate dal presidente Trump sarebbero “estremamente basse”. La posizione russa resta ancorata a un obiettivo ritenuto strategico: il pieno controllo delle quattro regioni contese – Donetsk, Luhansk, Zaporizhzhia e Kherson. Solo una volta consolidata la presenza russa in quei territori, si potrà – secondo Mosca – aprire un canale negoziale per discutere un possibile accordo di pace. Parallelamente, l’agenzia Bloomberg riporta che Mosca starebbe valutando l’ipotesi di offrire alcune concessioni agli Stati Uniti. Tra le opzioni sul tavolo vi sarebbe una tregua aerea con l’Ucraina, senza tuttavia determinare la cessazione formale delle ostilità.

Telefonata Zelensky – Trump

Prima dell’arrivo di Witkoff a Mosca, martedì il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha avuto una conversazione – che lui stesso ha definito “produttiva” – con il presidente Usa Trump. Al centro del dialogo, tre pilastri della strategia comune: cessate il fuoco, intensificazione del regime sanzionatorio nei confronti della Russia e cooperazione bilaterale nel settore dei droni militari. In un post su X, il presidente Zelensky ha espresso la sua gratitudine verso il presidente Trump. “Abbiamo parlato di sanzioni contro la Russia. La loro economia continua a declinare, ed è proprio per questo che Mosca è così sensibile a questa prospettiva e alla determinazione del Presidente Trump. Questo può cambiare molto”, ha scritto Zelensky sul suo profilo X dopo il confronto.

Sul fronte della difesa, Zelensky ha poi confermato che una prima bozza dell’accordo relativo alla fornitura e allo sviluppo congiunto di tecnologie legate ai droni è già stata predisposta e che Kyiv è pronta ad avviare i negoziati formali. “È uno degli accordi più solidi che si possano immaginare”, ha dichiarato, definendo l’intesa come parte di una più ampia architettura di sicurezza condivisa tra Ucraina e Stati Uniti.

Il presidente ucraino è convinto che la fine della guerra potrà arrivare solo quando il Cremlino si troverà a fronteggiare conseguenze economiche realmente incisive imposte da attori terzi. Da qui l’appello rivolto a Washington, all’Unione europea e ai membri del G7, affinché impieghino con determinazione tutti gli strumenti a loro disposizione per indebolire la capacità russa di sostenere lo sforzo bellico.

Witkoff parla con Putin, mentre Washington alza la pressione

Di Carlotta Cittadini

A meno di 48 ore dalla scadenza fissata dalla Casa Bianca, Steve Witkoff è tornato a Mosca per un incontro ad alto livello con Vladimir Putin. Secondo le fonti del Cremlino, il colloquio è stato “utile e costruttivo”. L’obiettivo è quello di spingere il Cremlino a terminare il conflitto, mettendo pressione attraverso un sistema multilivello di sanzioni economiche

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