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A un giorno dall’inizio del XX Congresso del Partito comunista cinese, la riunione quinquennale con la quale il Pcc decide eventuali cambi di leadership, Formiche – nel live-talk di presentazione dell’ultimo numero della rivista “Xi e il destino della Cina. Il Congresso del Pcc oltre la cronaca” – ha coinvolto Rita Fatiguso, giornalista de Il Sole 24 Ore, Silvia Menegazzi, professoressa  di Relazioni internazionali alla Luiss, Enrico Fardella, direttore ChinaMed project e Oriana Skylar Mastro (Stanford University) a discutere del futuro che attenderà la Cina e il suo presidente Xi Jinping.

Un banco di prova sul piano interno…

Un Congresso che per il presidente sarà un difficile banco di prova. “Ci ha messo ben dieci anni per consolidare il proprio potere e per liberarsi dalle scorie delle fazioni avverse del passato, che comunque sono ancora presenti nella nomenclatura cinese. Adesso è il momento del salto di qualità. Negli ultimi anni Xi ha affrontato momenti difficili, sia sul piano internazionale con le conseguenze della politica estera di impronta trumpiana e la frenata economica, sia sul piano interno” ha sostenuto Rita Fatiguso.

Il progetto di Xi Jinping di arrivare forte al XX Congresso è stato appesantito anche dal Covid-19, secondo la giornalista infatti “a livello interno, confermare la politica Zero Covid è un compito difficile per il presidente, che continua a doversi impegnare con forza nel mantenere il punto su questo. Non dimentichiamoci che la Cina è un Paese molto complesso, per tradizione politica e modalità decisionale, ma soprattutto perché è fatto di molte e diverse realtà che il presidente deve impegnarsi a tenere insieme” ha concluso.

…E una vetrina per l’estero

Com’è chiaro, la riunione quinquennale del Partito ci riguarda però molto da vicino. Si tratta della vetrina con la quale la Cina si dichiara all’esterno e proietta l’immagine che vuole rappresentare. Per quanto il Pcc non rinunci di certo ai fasti e alla propaganda socialista, Silvia Menegazzi ha sottolineato quanti siano i problemi che da un punto di vista domestico la Cina deve affrontare. “Pechino nel corso del tempo si è attestata come potenza economica globale, mettendo in discussione l’equilibrio internazionale e il ruolo degli Stati Uniti. Oggi, però, non si tratta solo di una sfida tra grandi potenze, ma anche di aree di influenza a livello economico-finanziario”, ha concluso.

La Cina di oggi, secondo la professoressa, ha infatti un’identità globale sempre più diversificata, che si riflette nei suoi rapporti con il mondo. “La globalizzazione economica degli ultimi venti anni è andata di pari passo con il processo di internazionalizzazione delle imprese cinesi, private o di Stato. Questa proiezione esterna è stata di fatto ben accolta da diversi attori, dall’Africa al sud-est asiatico. C’è un sud del mondo che oggi è molto soddisfatto delle operazioni internazionali della Cina”, ha concluso Menegazzi.

Il vulnus Taiwan

Il Congresso spinge Xi a operare alcune scelte di campo nel definire il nuovo Politburo. “Non sarà infatti indifferente ha sostenuto Rita Fatiguso su chi ricadrà la scelta per il diplomatico che curerà i rapporti con gli Usa. Il confronto con Washington, non più commerciale, ma tecnologico, resta oggi un vulnus per Pechino, sensibile sul tema”, ha concluso Fatiguso.

Sullo stesso tema si è espressa anche Oriana Skylar Mastro che nel proprio contributo video ha sostenuto che la prova del XX Congresso sarà un punto di svolta per la politica di Xi nei riguardi dell’isola di Taiwan, simbolo del confronto tra le superpotenze nel Pacifico. “È verosimile che i cinesi continueranno a essere assertivi, ma cercheranno di portare Taipei a negoziare con loro senza che questo comporti uno scontro aperto”, ha dichiarato.

Per quanto riguarda la politica estera, proprio nel suo discorso di apertura al Congresso, il leader del Partito comunista cinese ha tenuto a sottolineare che il pivot tecnologico e nell’indo-pacifico è ancora affare del popolo cinese.

Per quanto l’impegno della leadership cinese guardi sempre a una soluzione pacifica della controversia sulla sovranità dell’isola, Xi si è riservato di assumere tutte le misure che si riveleranno necessarie. “Tra gli obiettivi da raggiungere per il 2049, l’anno del rinascimento cinese, la riunificazione di Taiwan è in prima linea. C’è perciò una precisa deadline. Dal punto di vista della Cina, l’uso della coercizione militare resta pericoloso, perché apre alle ingerenze straniere e ai separatisti, non preservando quello che i cinesi dichiarano essere il bene del popolo di Taiwan”, ha aggiunto Enrico Fardella.

Il rapporto con Mosca

In questo contesto, lo speech di Xi Jinping  ha reso evidente che l’innamoramento con Mosca sembra scemare. Secondo Fardella, alcuni segnali di allentamento si sarebbero verificati già in occasione del vertice dell’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai (Sco), tenutosi a Samarcanda. “In ogni caso, quello che emergerà da questo Congresso è che di fatto la Cina dovrà abbassare i toni e staccarsi dall’asse con la Russia, per riproporre un immagine di neutralismo e affidabilità internazionale e per riguadagnare quel ruolo di promotore dello sviluppo economico globale e attrarre gli investimenti stranieri, in linea con il principio peace for diplomacy”, ha infatti concluso il direttore di ChinaMed project.

In chiosa all’evento, il panel ha convenuto che il rapporto tra Putin e Xi resterà in chiaroscuro. “Xi e le altre personalità essenziali si sono sicuramente poste il problema di quanto il legame con Mosca possa appesantire il rapporto di Pechino con il resto del mondo. Bisogna però sottolineare che sganciarsi da Mosca è stata una tattica non del tutto positiva per Pechino, e questo per lo spazio che la Russia continua ad avere in seno alle istituzioni internazionali e sulla credibilità che continua ad avere con i Paesi del sud del mondo. Il problema Russia, per Xi, non si esaurisce quindi con la guerra in Ucraina, ma diventa un elemento importante e controverso anche nella fase post Congresso” ha concluso Menegazzi.

 

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