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Chissà se c’è una verità esoterica, rivolta cioè a pochi, e una essoterica, che è quella che si dice in pubblico. Fatto sta che, posizionandoci per forza di cose fra i non “iniziati” e provando solo a immaginare le vere intenzioni dei protagonisti, dobbiamo osservare che i cambiamenti di scena sono repentini come in uno spettacolo di varietà.

E dovrebbero ancor più diventarlo man mano che ci si approssima alla data fatidica in cui le due Camere saranno convocate a seduta congiunta (insieme con i delegati regionali) per eleggere il nuovo Capo dello Stato.

All’improvviso ieri, forse per tacitare molti dei suoi che pur di arrivare a fine legislatura non vorrebbero muovere una foglia, Giuseppe Conte si è rimangiato l’idea di portare Mario Draghi al Quirinale. E quindi anche quello strano ticket con Daniele Franco a Palazzo Chigi, che era maturato fra una lasagna e l’altra nella villa di Goffredo Bettini, e che più o meno coincideva con quanto affermato anche da Giancarlo Giorgetti nella ormai celebre intervista a Bruno Vespa.

Che il presidente del Consiglio continui a fare il suo lavoro è in sostanza quanto ha ribadito forte di volere anche Berlusconi ai suoi convocati ad Arcore. Ed è quanto in cuor loro vogliono tutti coloro che un pensierino alla massima poltrona se lo stanno facendo (qualche nome è venuto fuori nei giorni scorsi, ma il gioco dei “papabili” è ovviamente tenersi coperti quanto più possibile e non bruciarsi già ora. Ma se Draghi resta a Palazzo Chigi e se Sergio Mattarella rinuncia definitivamente al secondo incarico (che “a termine” è praticamente inconcepibile), che succede? Il nuovo Presidente della Repubblica avrà lo stesso asse preferenziale che Mattarella ha oggi col premier? Ma più complicata ancora sarebbe la situazione se maturassero le condizioni affinché Draghi manifestasse l’intenzione di salire sul Colle più alto: si andrebbe alle elezioni politiche anticipate o nascerebbe un nuovo governo? E questo avrebbe la stessa maggioranza che regge l’esecutivo guidato da Draghi?

Molti segnali lasciano capire che Matteo Salvini si sfilerebbe e che, pur ritenendo utile avere un altro anno a disposizione per prepararsi al governo dall’opposizione, non avrebbe nemmeno difficoltà ad andare subito al voto. In un botta e risposta con Giorgia Meloni ieri su questo punto il segretario della Lega è stato molto chiaro. Ma Forza Italia, in questo caso, seguirebbe i suoi alleati oppure darebbe corpo anche in Italia a quella “maggioranza Ursula” con la sinistra che regge oggi l’Europa? E in prospettiva, quali contraccolpi sulla destra tutta potrebbe avere questa non improbabile scelta di Berlusconi?

Il fatto che poi i “centristi di sinistra” come Carlo Calenda e Matteo Renzi (soprattutto dopo le punzecchiature di stamane di quest’ultimo con Giuseppe Conte sulle consulenze estere) mal digeriscano Conte e i grillini cosa potrebbe significare nel chiuso delle urne? Tante domande, troppe.

Una sola certezza: l’equilibrio del nostro sistema politico è così precario che, appena qualcuno smuoverà un mattone, a catena crolleranno tutti gli altri e anche l’edificio così come ora è fatto.

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Tutti gli interrogativi sui giochi politici che da qui a febbraio porteranno alla scelta del Capo dello Stato. Molte domande e una sola certezza: l’equilibrio del nostro sistema politico è così precario che, appena qualcuno smuoverà un mattone, a catena crolleranno tutti gli altri. La rubrica di Corrado Ocone

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