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Gli Emirati Arabi Uniti stanno provando a porre rimedio prima che sia troppo tardi all’allargamento del fronte della guerra in Yemen, cercando di aumentare le proprie capacità di difesa aerea mentre pensano a metodi di intervento per anticipare l’arrivo di armi che dall’Iran (via Pasdaran) riforniscono i ribelli Houthi. La milizia yemenita combatte da otto anni, ha rovesciato il governo di Sanaa, controlla ampie fette di territorio e resiste a una campagna militare guidata dall’Arabia Saudita.

Questo aggiornamento delle capacità di difesa aerea passa da Washington, che è il principale fornitore di armi agli Emirati. Durante il primo dei due attacchi con cui gli Houthi nell’ultima settimana hanno colpito Abu Dhabi è stato attivato per la prima volta il sistema Thaad, nell’altro sono stati usati probabilmente i Patriot per intercettare missili partiti dallo Yemen.

La ricerca di anticipare l’arrivo di armamenti in Yemen potrebbe invece essere implementata non solo grazie agli americani, ma anche tramite Israele. Lo Stato ebraico, che ha recentemente normalizzato i rapporti con gli Emirati firmando gli Accordi di Abramo, dal 2013 segue con interventi diretti i passaggi di armamenti con cui i Pasdaran finanziano il network di milizie collegate. Gli Houthi sono tra queste, sebbene dimostrano di seguire un’agenda autonoma in cui gli interessi con l’Iran spesso non combaciano.

Teheran è infatti protagonista di un riavvicinamento pragmatico verso Abu Dhabi, ma per gli yemeniti questo conta relativamente. I ribelli hanno sentito il peso dell’appoggio fornito dagli emiratini ai combattenti filo-governativi, che hanno riconquistato alcuni territori importanti. Per questo hanno aperto la rappresaglia su Abu Dhabi — rappresaglia che tuttavia trova appoggio anche tra alcune fazioni più reazionarie dei Pasdaran, che hanno interessi a mantenere l’ingaggio costante.

Secondo quanto detto alla CNN dall’inviata emiratina alle Nazioni Unite, Lana Nusseibeh, la necessità di proteggersi e di “arginare i flussi illeciti di armi e fondi al gruppo [yemenita]”, può avvenire mentre procedono i contatti con Teheran, aggiungendo che quanto sta accadendo non riuscirà a minare lo status di safe-haven degli Emirati. D’altronde, il giorno successivo al primo attacco la corte emiratina ha rinnovato l’invito al presidente iraniano, Ebrahim Raisi, per una visita di stato nel Paese del Golfo.

Nusseibeh ha poi aggiunto che gli Emirati stanno facendo pressione su Washington per ripristinare la designazione terroristica degli Houthi. Il lavoro lo sta portando avanti l’ambasciatore negli Usa, Yousef Al Otaiba, e sta trovando posizioni favorevoli a Capitol Hill e tra i think tank che contano. Il direttore del Rafiki Center dell’Atlantic Council, William Wechsler, ha scritto per esempio che “è abbastanza evidente che l’ostacolo principale a qualsiasi accordo al momento sono proprio gli Houthi” e l’assenza di una designazione terroristica “non li sta incentivando a negoziare”, per questo “ora vale la pena considerare se l’imposizione di una tale designazione aiuterà a farlo nel tempo, come d’altronde successo già con le Farc in Colombia”. Secondo quanto dichiarato a Sky News Arabia da Marco Minniti, presidente della Fondazione Med-Or, la richiesta da parte di Abu Dhabi di riclassificare gli Houthi come un gruppo terroristico “non dovrebbe rimanere senza risposta, perché l’attacco avvenuto contro Abu Dhabi è una minaccia per l’intero pianeta”.

Gli Houthi, noti anche come Ansar Allah, i Partigiani di Dio, sono stati protagonisti di una serie di contatti diplomatici su cui si è impegnata l’amministrazione Biden fin da subito, ma senza risultati concreti (anche per portare avanti questi contatti i ribelli yemeniti sono stati stralciati dalla lista delle organizzazioni terroristiche dove erano stati inseriti in extremis da Donald Trump). La ri-classificazione permetterebbe invece di infliggere sanzioni individuali alla leadership e complicare i flussi di finanziamento.

Nelle ultime settimane, il gruppo ha annunciato un allargamento delle attività militari contro gli Emiratini, dichiarando che li sta “punendo” per aver sostenuto le forze locali che combattono i ribelli nelle regioni yemenite produttrici di energia (dopo che gli Emirati Arabi Uniti nel 2019 hanno ampiamente preso le distanze dall’impegno ufficiale in Yemen al fianco dei sauditi) .Gli Houthi hanno ripetutamente lanciato attacchi all’Arabia Saudita durante la  guerra civile yemenita, che per le connessioni tra Ansar Allah e l’Iran viene vista anche come un conflitto per procura tra Riad e Teheran.

Quanto accade è una dinamica che rischia di avvelenare un quadro di stabilizzazione in costruzione nell’intera regione del Mediterraneo Allargato, parte di mondo a cui l’Unione europea è geograficamente connessa.

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