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L’energia può essere “uno strumento politico ed economico di integrazione della regione [MENA]”, il Medio Oriente e il Nord Africa, e “per l’Italia è fondamentale considerare il Corridoio Sud come una delle soluzioni in questo momento di attuale crisi energetica”. È questo il succo dell’incontro organizzato dall’Ispi sotto il formato Med Dialogue in cui Lapo Pistelli, direttore dell’Affari pubblici dell’Eni, ha dialogato con Matteo Villa, analista del Global Governance Center del think tank, e Marco Berti Palazzi, International Relations Officer per il Mediterraneo meridionale del Direttorato generale per l’Energia della Commissione europea.

Membro del Parlamento italiano dal 1996 al 2015 (1996/2004 e 2008/2015), ed Europarlamentare (2004/2008), viceministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale dell’Italia dal 2013 al 2015, nel luglio 2015 Pistelli è entrato in Eni come Senior Vice President for Strategic Analysis for Business Development Support; poi 14 aprile 2017 è stato nominato Executive VP degli Affari Internazionali; è vicepresidente dell’OME (Observatoire Mediterranéen de l’Energie) e membro della Commissione Globale dell’IRENA (International Renewable Energy Agency) sulla geopolitica della trasformazione energetica.

L’analisi del dirigente Eni passa da un punto: la sicurezza regionale è un elemento centrale quando si parla di energia, che si tratti dei grandi temi che recentemente sono passati dal G20 e dal Cop26, la transizione energetica e la decarbonizzazione, sia che si parli per esempio delle recenti scoperte di idrocarburi nel Mediterraneo orientale; l’area che viene definita “EastMed”, dimensione geopolitica in cui negli ultimi anni sono stati scoperti (anche da Eni) alcuni importanti reservoir gasiferi che potrebbero essere complemento per le necessità energetiche dell’Ue – e attorno ai quali si sono create dinamiche e dipanate tensioni. “Scoperte che – ha spiegato Pistelli – non sono un game changer globale – ma lo sono per la regione”.

Un esempio fatto dal funzionario Eni è la “energy diplomacy” che si è creata tra Egitto e Israele, due Paesi che a seguito delle scoperte energetiche nell’EastMed hanno stretto relazioni e cooperazioni di carattere economico e commerciale, ma anche securitario e politico. Allo stesso tempo, un altro esempio citato: razionalmente spiega, in questo momento, l’Egitto è il perfetto fornitore di un Paese grande consumatore come la Turchia – mentre tra Ankara e Il Cairo le relazioni sono ancora in fase delicata, con sovrapposizioni anche militari in dossier come la Libia e dispute politiche, nonostante siano in corso dei contatti.

Per l’Unione europea, la dipendenza di gas dal Nordafrica e dall’area meridionale del Mediterraneo impone la costruzione di un’architettura di “sicurezza energetica”, come ha sottolineato Villa. Per Pistelli “è un errore politico” parlare di energia di domani senza comprendere quello che sta succedendo in certi Paesi.

Berti Palazzi ha posto l’attenzione sul tema rinnovabili nella regione del Mediterraneo, aspetto cruciale in un’area in cui la produzione delle materie prime energetiche tradizionali sono la ricchezza, mentre la transizione energetica è ormai partita (inarrestabile) verso un modo low-carbon o decarbonizzato. “Da una parte dobbiamo preservare i nostri amici e i nostri fornitori, dall’altra dobbiamo prenderli per mano e dirgli che tutto questo non sarà per sempre”, ha spiegato Pistelli, sottolineando che la questione della transizione energetica è un tema complesso da far comprendere in nazioni – come la fascia sub sahariana – dove il problema reale è di “accesso” all’energia.

“Non dobbiamo dimenticare inoltre che i Paesi mediterranei (dell’Africa, ndr) sono molto orgogliosi del loro energy model perché permette loro di provvedere al 100 per 100 dell’accesso energetico peri loro cittadini […] e questo non succede nel resto dell’Africa”. Modello che per altro è possibile grazie alla cooperazione di quegli Stati con le compagnie europee come l’Eni – che fornisce know how per lo sfruttamento delle risorse. “Non dobbiamo dimenticarci di ascoltare”, dice Pistelli, perché in ballo c’è una relazione di carattere politico e non solo commerciale.

Una promessa che l’Eni potrebbe fare a questi Paesi, chiede Villa. Pistelli spiega che al di là della geografia dei giacimenti e degli interessi collegati, in diversi Paesi dell’area del Mediterraneo allargato la società italiana sta sviluppando progetti che riguardano la conservazione degli ecosistemi e delle biodiversità, la riduzione delle emissioni, la produzione di bio-combustibili e di mobilità sostenibile: “Ci stiamo muovendo. Ci stiamo muovendo molto velocemente. E stiamo portando con noi molti Paesi […] che sono ansiosi di essere attori in questa fase di transizione energetica”. Cooperazione è la parola chiave, che lega l’Ue ai Paesi dell’Africa e del Medio Oriente, e che da società come l’Eni si allarga le istituzioni dell’Unione europea.

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