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L’operazione di isolare Pechino è tardiva e attualmente il decoupling è impossibile. L’Asia non è più impressionabile dalle navi da guerra, ora cerca nuovi equilibri e relazioni. Romeo Orlandi, docente, economista e sinologo, presidente del think tank Osservatorio Asia e vicepresidente dell’Associazione Italia-Asean, analizza con Formiche.net le dinamiche orientali con un occhio privilegiato: l’associazione è stata protagonista di alcuni panel al vertice dell’Asian Development Bank (Adb) appena concluso a Milano.

Per la prima volta l’Italia ha ospitato l’annuale incontro dell’Adb, riunendo governi, istituzioni multilaterali e imprese per discutere le prospettive di sviluppo nella regione asiatica. Un’occasione strategica per riflettere anche sul ruolo che Roma può giocare nel crescente scacchiere dell’Indo-Pacifico. Tutto però si basa sulla maturazione di alcune consapevolezze. L’Asia sta affrontando una fase di transizione complessa, segnata da turbolenze politiche, nuove tensioni internazionali e cambiamenti strutturali. Quali sono oggi le principali urgenze strategiche per sostenere uno sviluppo equo e stabile nella regione? “Equità e stabilità sono essenziali — risponde Orlandi — ma non sempre sono perseguibili congiuntamente. Stiamo assistendo, da decenni, e in Italia lo avvertiamo con colpevole ritardo, a un risveglio dell’Asia Orientale: questa ri-emersione di antiche e prestigiose civiltà è sostanzialmente dovuta al traino economico che si è accompagnato, rafforzandoli, agli aspetti politici e demografici”.

Per l’esperto, questa “ri-emersione” non sarebbe stata possibile senza il sostegno delle multinazionali e dei governi dei paesi industrializzati. “Ora questi governi vorrebbero tornare indietro, in particolare la Casa Bianca e tutti verso la Cina. Tuttavia l’operazione di isolare Pechino è tardiva e impossibile. Il decoupling non è praticabile adesso. Una nuova fabbrica del mondo non si costruisce in pochi mesi. Quella vecchia, dentro la Grande Muraglia, ha richiesto decenni di lavoro e investimenti.”

E dunque? “Se questo tipo di globalizzazione ha prodotto profitti per le multinazionali e sconfitta del sottosviluppo per l’Asia (due risultati importanti, innegabili in una win-win situation), ora continuare sulla stessa via è molto più difficile perché l’Asia, soprattutto la Cina, intende riscuotere i dividendi politici dei successi economici. Ciò provoca instabilità, come nel Peloponneso di Tucidide. Per evitare maggiori tensioni l’unica via è negoziare, tenendo in mente che l’Occidente ha dall’altra parte del tavolo paesi orgogliosi, di lunga storia, non più impressionabili dalle navi da guerra”.

Per Orlandi, in sostanza, c’è da rinegoziare gli assetti nel Pacifico, disinnescare la minaccia nordcoreana, trovare una soluzione a Taiwan, immaginare nuove catene del valore. “Tutto questo non sarà né facile, soprattutto perché per anni si è immaginato che la Cina e l’Asia sarebbero state controllabili, né indolore.”

Sotto quest’ottica, c’è lo spazio per un rafforzamento strutturale del ruolo italiano nei processi di sviluppo asiatici, anche considerando un certo interesse mostrato negli ultimi anni per le dinamiche dell’Indo-Pacifico? Se sì, che tipo di ruolo può giocare Roma? “Aver ospitato il Meeting Annuale dell’Adb a Milano è stato un’occasione importante, non solo un segnale simbolico, per il nostro paese. Il prestigio e la numerosità degli eventi che vi hanno avuto luogo lo confermano. Si è trattato di un successo innegabile, al quale anche l’Associazione Italia-Asean ha dato il suo modesto contributo”.

Adesso arriva il momento di valorizzare quanto ottenuto. “Va umilmente ricordato che l’Italia è lontana dai flussi commerciali e di investimento che a titanici livelli caratterizzano l’Asia Orientale. Le rilevazioni, seppure in crescita, sono modeste, come se il nostro paese sia pesantemente ancorato alle economie mature, cioè quelle che crescono in misura minore. È una chiara perdita di opportunità”.

Però abbiamo del valore da condividere, non è così? “L’Italia è apprezzata per il suo impianto industriale, l’affidabilità della sua meccanica strumentale, l’eleganza dei suoi beni di consumo, la notorietà della sua enogastronomia. A questo vanno aggiunti gli aspetti turistici, storici e culturali e, non meno importante, l’assenza di risentimenti post-coloniali”.

E dunque, anche alla luce dell’annuncio di una “ampia missione” nell’Indo-Pacifico fatto dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni durante una recente audizione in Senato, come recuperare terreno? “Per recuperare il terreno perduto, è nevralgico accettare le dinamiche concorrenziali della globalizzazione e sconfiggere luoghi comuni e improduttivi, legati agli stereotipi, alle diversità inconciliabili o allo scontro di civiltà con paesi lontani”, chiosa Orlandi. Negoziare nuovi equilibri, basati su chiare consapevolezze — messaggio emerso anche durante gli incontri dell’Adb a Milano.

Negoziare nuovi equilibri con l’Asia. La missione dell’Occidente secondo Orlandi

Il vertice dell’Asian Development Bank a Milano segna un’opportunità strategica per l’Italia nell’Indo-Pacifico. Secondo Romeo Orlandi, vicepresidente di Italia-ASEAN, serve negoziare nuovi equilibri con un’Asia che “non è più impressionabile dalle navi da guerra”

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