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La vittoria dell’Italia a Wembley ha riportato l’attenzione del pubblico e dei media sul gioco del calcio non solo come componente forma di intrattenimento, ma anche come metafora dell’economia. Come per la crescita economica, il successo sportivo di una nazione sembra coperta da misteri impenetrabili. Il modello produttivo e la tecnologia sono identici per ogni squadra, e oltre ai giocatori sono necessari solo un terreno e una palla.

Anche per questa ragione, il calcio è lo sport popolare più praticato nel mondo, con giocatori affezionati o improvvisati di tutte le età nelle piazze, sulle spiagge e ovunque siano disponibili gli elementi essenziali: non solo i supporti materiali, ma anche l’esperienza collettiva delle emozioni e della cultura del gioco. Tuttavia, come per la performance economica, esistono grandi differenze di qualità nelle squadre nazionali e di club in tutti i Paesi.

Le ragioni di queste differenze sono complesse e, come per la crescita economica, non vi sono certezze, ma solo una serie di spiegazioni macroeconomiche, demografiche e politiche, insieme a quelle che dipendono dalle metriche sportive più convenzionali. Il Pil più elevato sembra essere associato a vittorie più frequenti, a parità di altre condizioni, e le vittorie nei tornei internazionali, a loro volta, sembrano aiutare il Pil.

Come per le Olimpiadi e gli altri mega-eventi, oltre agli elementi strettamente economici, le squadre nazionali partecipano alle competizioni come la Coppa UEFA come eventi globali a cui contribuiscono con una serie di fattori naturali e culturali, che portano a identificare giocatori e squadre con caratteristiche della nazione che rappresentano. Come fattore di globalizzazione, in queste occasioni, il calcio diffonde messaggi sui comportamenti individuali e collettivi, l’autostima personale, la qualità della vita sociale, le risorse umane che un paese può mettere in campo per competere e vincere.

Per gli spettatori, dal grande pubblico ai cosiddetti tifosi, esso diventa così una opportunità per acquisire un senso di appartenenza, di identità sociale da parte di una comunità globale, sempre più simile al suo interno, eppure sempre più frammentata nelle divisioni funzionali e spaziali di una società complessa. Per questa ragione, non solo il calcio ma tutti i mega eventi sportivi vengono consumati attraverso la cultura e le radici cognitive delle persone, come partecipazione ai miti dello sport nella sua qualità unica di religione popolare globale.

Sulla base di queste premesse si può provare a dare risposta alla domanda che circola sulla rete e tra i media in questi giorni: quali sono le implicazioni economiche della vittoria dell’Italia a Wembley?

Non c’è dubbio che un’ondata di gioia ha attraversato il Paese, e che essa è stata accompagnata da un’ondata di simpatia per l’Italia, e la sua immagine di cultura e modo di vivere nel resto del mondo. Tra le due ondate, la paura di una parallela ondata del virus ha solo increspato, per il momento, le ripercussioni di questi andamenti positivi sulla coscienza collettiva.

Al contrario, molti segnali, anche di sobri osservatori finanziari, sembrano accreditare l’ipotesi che l’eccezionale empatia con il modello Italia e un aumento di confidenza nel futuro degli italiani possano combinarsi per contribuire a propellere l’economia italiana più fortemente e rapidamente verso traguardi di crescita mai raggiunti nel passato recente, capovolgendo alcuni degli effetti depressivi della pandemia. I pochi studi quantitativi su simili impatti di altri eventi su altri vincitori indicano possibili effetti sul Pil intorno allo 0,4-0,7% ossia 5-10 miliardi di euro, come risultato di maggiori entrate dalle esportazioni e dal turismo e di una parallela espansione dei consumi interni.

Queste cifre sono confermate da studi econometrici e dai modelli di simulazione, che però mettono in risalto che essi sono solo effetti diretti e di breve periodo. Nel caso della vittoria italiana, essi dipendono in modo critico da altri fattori, tra cui l’andamento della pandemia.

Quello che un aumento della fiducia può fare per una economia che esce da un periodo di compressione e di sconforto non si limita però agli aumenti temporanei di spesa di consumatori entusiasti. Gli “spiriti animali”, come ci ha insegnato Keynes, riguardano soprattutto l’andamento degli investimenti, depressi in Italia già da molto prima che Covid 19 li portasse al livello minimo attuale. Se gli investimenti ripartissero, di concerto e in sinergia con gli investimenti pubblici del recovery plan, sull’onda dell’entusiasmo collettivo di un Paese che ha ritrovato motivi nuovi di fiducia e di unità nazionale, il risultato potrebbe essere ben maggiore.

Le conseguenze economiche della vittoria italiana a Wembley

Molti segnali, anche di sobri osservatori finanziari, sembrano accreditare l’ipotesi che l’eccezionale empatia con il modello Italia e un aumento di confidenza nel futuro degli italiani possano combinarsi per contribuire a propellere l’economia italiana più fortemente e rapidamente verso traguardi di crescita mai raggiunti nel passato. L’analisi di Pasquale Lucio Scandizzo

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