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L’attività di aggressione e destabilizzazione russa in Europa si proietta oltre Kyiv con livelli paralleli e meno immediatamente riconoscibili, basati sull’integrazione sistematica di reti criminali in operazioni di sabotaggio, destabilizzazione e logistica. Un modello che l’Icct e Globsec hanno studiato e mappato, definendolo crime–terror nexus: la saldatura tra apparati di sicurezza e organizzazioni criminali come moltiplicatore di capacità coercitiva e geopolitica.

110 episodi, tre anni di guerra invisibile

Dal 1° gennaio 2022 al 31 luglio 2025, sono 110 gli incidenti cinetici mappati in Europa e riconducibili alla Russia. 89 riusciti, 21 sventati (con il numero dei tentativi bloccati probabilmente più alto, dato che non tutte le intelligence rendono pubblici i casi). Numeri alla mano, la curva temporale evidenzia come l’attività, ancora limitata nel 2022, abbia visto una fase di crescita costante nel 2023, con un picco nel primo semestre 2024 (quasi la metà degli episodi totali) e lieve calo nella seconda parte del 2024, quando le contromisure europee hanno iniziato a mordere.

La geografia del rischio

La Polonia è la nazione più colpita (20 incidenti), con episodi di sabotaggio alle linee ferroviarie dirette in Ucraina, incendi dolosi in centri commerciali e depositi logistici. Seguono Francia (15), dove l’ondata di vandalismi e disordini ha coinciso con i Giochi Olimpici del 2024, e Germania (11), con un profilo qualitativo più alto, due tentati omicidi, cinque casi di incendi o esplosivi. Nel Baltico, in particolare in Estonia e Lettonia, emergono attacchi mirati a monumenti e simboli nazionali: operazioni a basso costo, ma con l’obiettivo preciso di polarizzare le comunità russofone.

Tipologie operative

34 episodi di incendi/esplosivi, 27 vandalismi, 21 sabotaggi, 20 disordini pubblici. Si va dal tentativo di far esplodere ordigni su aeromobili commerciali, agli incendi contro infrastrutture civili e militari, fino a campagne di graffiti e manifesti filo-russi. In più casi, azioni apparentemente minori sono state integrate in operazioni informative più ampie, ne è un esempio l’uso di graffiti antisemiti in Francia, amplificati online e collegati all’operazione russa Doppelgänger di clonazione di siti e media occidentali.

Chi e come

In 63 episodi su 110 è stato possibile identificare un totale di 131 individui, costruendo un profilo ricorrente. Uomini sui trent’anni, provenienti da ex repubbliche sovietiche, spesso con precedenti penali e una vulnerabilità economica che li rende facili prede per i reclutatori del Gru o dell’Fsb. Di questi, oltre l’89% risulta operare in gruppo. Un correttivo importante al cliché dell’“agente monouso” isolato, più spesso si tratta di micro-reti fluide, connessi da rapporti familiari, amicizie, subculture violente o carceri.

Reclutamento: online, offline, in carcere

Il canale digitale è predominante. Il 55% dei casi riporta a metodologie di reclutamento online o, citando Floridi, Onlife. Con Telegram come vettore nell’88% di questi. Qui gli approcci variano dal contatto diretto di utenti già attivi in canali filo-Cremlino alle false offerte di lavoro rivolte soprattutto a rifugiati ucraini in cerca di occupazione, fino alle auto-segnalazioni da parte di simpatizzanti pro-Russia.

Per quanto riguarda l’offline, la leva passa per intermediari, amici, parenti o colleghi di cella. Le reti carcerarie restano un bacino fertile, così come lo erano e lo sono per il radicalismo islamico e non solo. Ex detenuti reclutati in prigione in Russia o in Europa hanno partecipato, dimostrano i dati, ad attacchi a ristoranti e monumenti.

Pecunia non olet

La motivazione economica emerge come il fattore dominante. Il 66% dei casi analizzati rintraccia un pagamento accertato (fino al 96% escludendo motivi non dichiarati). Il range va da 7 euro per azioni di graffiti a 10mila euro per incendi ad alto rischio.

Un dato di non trascurabile importanza riguarda l’inconsapevolezza: Solo il 58% dei reclutati sapeva di lavorare per servizi russi: la catena multilivello e la subfornitura criminale massimizzano la negabilità.

L’ecosistema ibrido

Dopo le espulsioni di massa di oltre 600 agenti russi dal 2018, Mosca ha fatto leva su un modello ibrido, articolato tramite apparati di intelligence (Fsb, Gru), oligarchi e reti finanziarie e gruppi criminali organizzati di ogni dimensione, e con diversi livelli di storia criminale o expertise in contrabbando e riciclaggio.

Un ecosistema in cui criminalità e sicurezza si integrano. Già nel 2014, in Crimea e Donbass, il Cremlino aveva affidato leve politiche a figure con precedenti penali. La novità post-2022 è la sistematicità. Contrabbando, shadow fleet, re-labelling di merci diventano strumenti diretti di politica estera. Il crimine comune come braccio operativo della proiezione di potenza russa in Europa.

La ragion di Stato

Contrabbando, traffici illeciti e riciclaggio fungono da linfa economica e logistica per le operazioni ibride con duplice logica. Colpire i sostenitori di Kyiv con attacchi destabilizzanti e dirompenti sul tessuto sociale e mappare le vulnerabilità interne, testando le capacità di reazione di intelligence, forze di polizia e magistrature europee. L’ingerenza esterna, oggi, serve tanto a colpire quanto a osservare.

Quello che raccontano i fatti e le informazioni ricavabili da questi è che la criminalità non è più solo ordine pubblico, ma sicurezza nazionale e ciò implica un ripensamento della sicurezza interna come fronte prioritario.

Così il Cremlino trasforma la criminalità comune in strumento di guerra ibrida in Europa

La guerra ibrida russa integra individui non integrati e devianti, criminalità organizzata e reti di contrabbando nella propria strategia di destabilizzazione interna all’Europa. Oltre 110 episodi di sabotaggi, incendi e attentati tra il 2022 e il 2025 confermano l’esistenza di un vero e proprio ecosistema di agenti asimmetrici e monouso trasformati in strumenti di pressione geopolitica

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