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La Cina ha fatto entrare 28 caccia, bombardieri e altri aerei militari all’interno dello spazio di difesa aerea di Taiwan. L’intrusione è durata ore, i velivoli cinesi non sono penetrati tutti insieme ma in modo cadenzato dalle 5 di mattina di martedì fino a oltre le dieci. Alle nove c’è stato questo scambio radio tra la torre di controllo e uno dei caccia: “Attenzione! Siete entrati nel nostro spazio aereo, il che sta compromettendo la nostra sicurezza di volo. Se succede qualcosa, sarete responsabili delle conseguenze”; risposta in mandarino: “Questo è free-sea aperto, ok? Leggetevi qualche libro”. È la quarta volta a giugno che si verificano questo genere di intrusioni (prima il 3, il 4 e il 14): il Partito/Stato ritiene Taiwan una provincia ribelle, è pronto a riannetterla per necessità narrativa (dunque strategica), invia dimostrazioni muscolari.

La tempistica appare un messaggio e un avvertimento inequivocabili per l’Occidente dopo che al summit di lunedì 14 giugno la Nato ha emesso un comunicato che per la prima volta ha individuato la Cina come una “sfida” di sicurezza centrale per l’alleanza militare e per un ordine globale stabile. Lo show of force arriva mentre Biden è in Europa a puntellare il sostegno tra gli alleati per un fronte unito più compatto contro Pechino. Si tratta della più grande incursione da quando il ministero della Difesa di Taiwan ha iniziato a tenerne il conto pubblicamente. Nei giorni scorsi, il portavoce del ministero degli Esteri cinese ha accusato le nazioni del G-7 di “interferire deliberatamente negli affari interni della Cina” (“la determinazione della Cina a salvaguardare la sovranità nazionale, la sicurezza e gli interessi di sviluppo è incrollabile”, ha detto). Dopo il G-7 è arrivato il successivo comunicato della Nato, che è stato ancora più energico, definendo il “comportamento deciso della Cina che presenta sfide sistemiche all’ordine internazionale […] e alle aree rilevanti per la sicurezza dell’Alleanza”.

Contemporaneamente, in un’altra aerea delicata dove muove i propri interessi esistenziali, il Baltico, un altro rivale della Nato (e del G-7), la Russia, altri sei velivoli militari compivano missioni di interferenza. Tra questi due Tu-160, ossia bombardieri strategici a potenziale nucleare, inviati insieme ad altri quattro velivoli da superiorità aerea. La squadriglia volante è stata intercettata da velivoli danesi, svedesi e italiani (gli F-35 del 32esimo Stormo che si trovano ad Amari, in Estonia, per le missioni a rotazione Nato Air Policing). Anche in questo caso, lo sconfinamento aereo per mostrare i muscoli arriva con una tempistica collegata alle riunioni tra Usa e Ue, e alla vigilia dell’incontro del presidente Joe Biden con il russo Vladimir Putin (in programma oggi, mercoledì 16 giugno, a Ginevra). È l’atteggiamento per cui l’americano si sta preparando con un team di esperti: Mosca, come la Cina, ha interesse a mostrarsi forte, potente, in grado di compiere con prontezza azioni militari, pur non escludendo la possibilità di cooperazione (a proprio vantaggio).

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