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Chi ha paura dell’inflazione a stelle e strisce? L’Europa non di certo e forse nemmeno il segretario al Tesoro Usa, Janet Yellen, che il rialzo dei prezzi negli States, erano i primi di maggio, lo ha previsto da tempo. Con l’economia statunitense prossima ad essere inondata da quasi 5 mila miliardi di dollari frutto dei mastodontici piani pandemici messi in piedi da Joe Biden (sempre che i Repubblicani dicano sì al Congresso) e con un Pil schizzato del 6,4% nel primo trimestre, è facile attendersi un rialzo dei prezzi nel medio termine. Con annessa la ragionevole prospettiva di una stretta monetaria da parte della Fed: più costa il denaro, meno ne entra nell’economia reale.

Tutto questo, almeno per ora, non spaventa chi si trova sulle due sponde dell’Atlantico, ovvero Stati Uniti ed Europa. Lo dice la stragrande maggioranza degli operatori Assiom Forex, l’associazione degli operatori finanziari, che hanno preso parte a un sondaggio di maggio condotto in collaborazione con il Sole 24 Ore-Radiocor.

Ebbene, secondo il 76% degli operatori infatti i recenti sensibili rialzi dei prezzi riflettono un confronto anno su anno che è in realtà inattendibile dato il blocco delle attività di un anno fa e nel sistema rimane ancora molto spazio da recuperare prima che si possano generare reali spinte inflazionistiche. Questo anche in considerazione del fatto per quanto riguarda il mercato del lavoro in 12 mesi sono stati persi circa 10 milioni di impieghi. Secondo il rimanente 24% invece l’aumento dei rendimenti dei bond a lungo termine porterà a una revisione al rialzo delle attese di inflazione e con una politica monetaria che rimane ultra-accomodante vi è il rischio concreto che i fattori che spingano l’inflazione da transitori diventino permanenti.

E l’inflazione non fa paura nemmeno al Tesoro americano. Janet Yellen, in una intervista a Bloomberg ha spiegato che un possibile incremento dei tassi, spauracchio dei mercati nelle ultime settimane, non dovrebbe per forza tradursi in un danno per l’economia Usa. “Se finissimo con un tasso di interesse leggermente più alto sarebbe in realtà un vantaggio per la società e per la Fed”, ha detto l’ex presidente della banca centrale americana. “Abbiamo combattuto l’inflazione troppo bassa e i tassi troppo bassi per un decennio e se questo aiuta un po’, allora non è una brutta cosa , ma una buona cosa”. Di qui una conclusione: 400 miliardi di spesa annua (i piani pandemici spalmati) non possono portare a un aumento significativo dell’inflazione.

Forse allora potrebbe aver ragione Ed Yardeni, stratega di Wall Street e veterano della finanza americana quando afferma a Repubblica che il rialzo dei prezzi può non essere il vero problema. “Più che il temporaneo balzo dei prezzi il vero impatto dell’era Covid sarà sul mancato aumento di produttività, che è marcato e duraturo”.

L'inflazione per ora non fa paura. Né all'Ue e né agli Usa

Il probabile rialzo dei prezzi negli Usa, complici i mastodontici piani pandemici di Biden, sarà un problema gestibile secondo gli operatori dell’Ue e un bene per l’economia statunitense secondo il segretario al Tesoro Yellen. Per ora insomma, niente stretta monetaria in vista

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