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Forse la pandemia ha solto distolto l’attenzione dal problema, ma non l’ha certo risolto. Anzi, se possibile lo ha aggravato ulteriormente. E ora non si può continuare ad ignorarlo, all’infinito. Il debito pubblico italiano, ma anche francese, torna a spaventare l’Europa proprio mentre si avvicina, un passo alla volta, l’uscita dal tunnel. Quasi tutte le misure messe in campo da Roma e Parigi per fronteggiare la pandemia e i suoi catastrofici effetti, sono state finanziate in disavanzo, complice l’assenza di crescita. Naturale, dunque, un impatto violento sul debito.

A lanciare l’allarme è il Financial Times tornato a mettere sotto i riflettori l’esposizione sovrana dei due Stati. Stock (oltre 2.500 miliardi solo per l’Italia), “che risvegliano la preoccupazione per l’Ue”. Perché? Tanto per cominciare c’è una questione di fiducia di chi compra il debito alimentando la spesa corrente di un Paese: la Banca d’Italia ha certificato come la quota dei titoli di Stato italiani detenuti da investitori stranieri è scesa dal 25,9 al 23,6 per cento nei primi sei mesi dello scorso anno, scrive il quotidiano britannico. Certo, non c’era il governo di Mario Draghi che sui mercati ha iniettato una certa fiducia (spread Btp/Bund sotto i 100 punti base da due mesi a questa parte). Ma bisognerà vedere se il credito degli investitori verso lo Stivale reggerà nel lungo termine, quando cioè finita la fase d’emergenza ci sarà da dimostrare agli investitori di saper tornare a crescere, anche grazie al buon impiego delle risorse del Recovery Fund.

E anche in Francia si respira una certa preoccupazione. Nel 2021 Parigi aveva previsto una crescita del 6%, ma il Pil si fermerà con ogni probabilità al 5. In più il ministro dell’Economia ha affermato che il debito pubblico salirà a circa il 118% del Pil, invece del 115%. Il problema delle banche sollevato dal Financial Times? Sia gli istituti italiani sia quelli transalpini, sono pieni zeppi di titoli pubblici e dunque molto esposte a una possibile crisi di fiducia sul debito nazionale.

“L’esposizione delle banche italiane e francesi al debito sovrano dei propri Paesi ha raggiunto livelli record dall’inizio della pandemia, ravvivando i timori sui legami del sistema bancario con governi sempre più indebitati. I titoli di Stato nazionali sono aumentati di oltre 140 miliardi di euro a poco più di 2,1 trilioni di euro nei mesi della pandemia. L’esposizione delle banche italiane al debito pubblico interno ha raggiunto il record di 712 miliardi di euro lo scorso agosto, in aumento di oltre il 9% da febbraio mentre le banche francesi hanno registrato il più netto aumento post-pandemia della loro esposizione al proprio governo, che è salita a un record di 431 miliardi di euro a settembre, con un balzo di oltre il 18% da febbraio”. Insomma, c’è da tenere gli occhi aperti.

Come, peraltro, fanno capire gli economisti interpellati dallo stesso quotidiano britannico. “L’aumento dell’esposizione delle banche verso i governi è preoccupante e la politica dovrebbe cercare di affrontare questo problema”, ha detto Nicolas Véron, senior fellow del think-tank Bruegel di Bruxelles. Ancora, “il rischio sovrano sui bilanci delle banche non è stato ancora affrontato, a differenza di altre misure di mitigazione del rischio introdotte dall’unione bancaria della zona euro”, ha affermato Heike Mai, analista bancario di Deutsche Bank. “Rimane l’elefante nella stanza. L’attuale pandemia con il suo aumento del debito pubblico evidenzia la necessità di una riforma”.

Non è finita. Secondo Jacques de Larosière, ex capo del Fmi e Banque de France “le banche devono rispondere all’emissione di obbligazioni da parte dello Stato perché ritengono che sia un buon investimento da tenere in termini di rischio e sono incoraggiate a farlo per mantenere la liquidità”. Insomma, è cosa buona e giusta continuare a comprare debito.  Però in cambio della fiducia verso il sistema Paese le banche devono guardagnarci qualcosa, spiega l’economista e presidente di Société Genérale, Lorenzo Bini Smaghi. “Le autorità di regolamentazione potrebbero incentivare gli istituti ad acquistare titoli di Stato consentendo solo a quelli con alti livelli di capitale di riavviare i pagamenti dei dividendi”.

Il pizzino di "FT" alle banche italiane (troppi Btp)

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