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Il governo unitario libico (GNU) del premier Abdelhamid Dabaiba ha ottenuto la fiducia nella riunione del Parlamento HoR che da due giorni è riunito a Sirte con il sostegno della stragrande maggioranza dei deputati: 132 rappresentanti hanno votato a favore, un solo contro. “Questo giorno sarà datato come la fine delle divisioni”, ha dichiarato il premier: “Sirte è diventata ancora una volta un simbolo di unità nazionale come lo era durante la battaglia di Al-Qardabiya (contro l’Is, ndr)”.

Secondo le informazioni raccolte da Agenzia Nova, il nuovo governo giurerà a Bengasi il 15 marzo, ossia non a Tripoli, capitale libica sede dell’esecutivo onusiano che finora Fayez Serraj ha guidato sotto la sigla GNA, ma nella città del signore della guerra della Cirenaica, Khalifa Haftar, e sede costituzionale del Parlamento libico (una mossa anche nell’ottica dell’apertura Est-Ovest).

Il voto di fiducia è stato per niente facile, con il presidente dell’HoR, Agila Saleh, che ha usato il passaggio parlamentare per difendere la propria posizione (Saleh, sconfitto nella votazione del Foro di dialogo libico che ha eletto Dabaiba sotto egida Onu, in passato aveva coperto politicamente le spalle a Haftar e al suo tentativo di rovesciare con le armi il governo di Tripoli promosso dalle Nazioni Unite).

In particolare, il passaggio più complicato ha riguardato la lista dei ministri presentata dal premier, non accettata tout court dal presidente parlamentare e da buona parte dell’assise. Per questo la riunione iniziata lunedì 8 marzo si è prolungata fino a oggi. Per esempio, il nome del ministro degli Esteri è stato cambiato in corsa e affidato a Najlaa al Manqoush, una docente universitaria con esperienza di ricerca sulla stabilizzazione nelle aree di conflitto (tema su cui ha ricevuto incarichi da diversi paesi arabi in passato e riconoscimenti negli Stati Uniti).

Un altro nome è saltato in mattina, quello del ministro del Tesoro designato, Omar Tantoush, considerato troppo vicino al capo della Banca centrale di Tripoli, al Sadiq al Kabeer, protagonista di tensioni con il premier uscente Serraj. Al suo posto è stato nominato Muhammad Ali al Hawaij, noto per essere stato consigliere economico del Consiglio presidenziale di Tripoli. Agli Interni, ministero con cui Roma è in continuo contatto sul fronte immigrazione, va Khaled Tijani Mazen del Fezzan. Mentre resta vuota la casella delicata del ministero della Difesa, che sarà deciso insieme al consiglio di presidenza guidato da Mohammed al Manfi (anch’egli uscito dal processo del Foro).

Facendo un’analisi a caldo, è chiaro che governo nasce bene, ottenendo un’ampia fiducia parlamentare, frutto di un accordo che – secondo fonti di Formiche.net – è stato trovato nella notte tra Dabaiba e Saleh. La sostituzione di ministri controversi è stata concertata, l’equilibrio all’interno dell’esecutivo sembra stabile e rispecchiare le varie componenti interne al Paese. Certo è che il governo ha una prospettiva a breve termine, perché – come ha ricordato subito lo stesso Saleh – nasce con l’obiettivo di portare la Libia alle elezioni già programmata (dall’Onu) per il 24 dicembre. Questo limita le possibilità di azione di Dabaiba, che rischia di trovarsi vittima della competizione politica tra pochi mesi.

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