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Come si stanno indirizzando le strategie delle “sette sorelle” dell’energia globale alla voce transizione ecologica? Il processo di decarbonizzazione in che misura si sta intrecciando ai nuovi obiettivi aziendali, alle trasformazioni in corso verso la stabilizzazione del clima? E come centrare il doppio obiettivo dell’adattamento per sopravvivere alla transizione energetica in corso, accanto alla salvaguardia delle singole attività?

Un paper di Irena prova a tracciare una cartina di tornasole sulle scelte di BP PLC, Chevron Corp., Eni SpA, Equinor ASA, ExxonMobil Corp., Royal Dutch Shell PLC e Total SE. Irena, fondata nel 2011, è l’agenzia internazionale per la transizione ecologica che ha un ruolo di primario hub per la cooperazione internazionale con l’obiettivo di far progredire la trasformazione del sistema energetico globale. Le sue parole chiave sono energia rinnovabile, bioenergia, geotermia, energia idroelettrica, oceanica, solare ed eolica.

RENEWABLE ENERGY AGENCY

Il documento tecnico cerchia in rosso le opportunità per i players attenzionati di posizionarsi come società energetiche del futuro, guidando il progresso globale nella crescita sostenibile ed inclusiva. Punto di partenza il ruolo delle company oil&gas nella transizione energetica, per affrontare le sfide attuali e future. Pre requisito è una direttrice di marcia decisa nel processo di decarbonizzazione. Tre elementi precisi stanno accompagnando un cambio di strategia globale che al momento è irreversibile: la volontà della Cina di raggiungere le emissioni nette zero entro il 2060, il Green New Deal dell’Unione Europea e il piano per l’energia pulita da 2mila miliard di dollari proposto dal presidente degli Stati Uniti Joe Biden. Un comune sentire alla voce transizione ecologica, che comporta scelte a cascata da parte di altri soggetti come Gran Bretagna, Corea e Giappone.

In Ue spiccano Norvegia e Paesi Bassi che si sono impegnati a rispettare, più di tutti gli altri, le tempistiche più rigorose, rispettivamente entro il 2025 e 2030. Altri paesi come come Danimarca, Islanda e Svezia si collocano al 2031 mentre slittano al 2040 Francia e Spagna.

PIÙ E MENO

Il paper mette in luce due scenari diversificati. Un primo gruppo di società europee come BP, Eni, Equinor, Royal Dutch Shell e Total hanno intrapreso con decisione la strada green mentre altre compagnie statunitensi come Chevron ed ExxonMobil restano concentrate sui combustibili fossili puri.

Scendendo nei dettagli, pollice in su per Eni, Shell e Total: dal punto di vista delle strategie e degli impegni nella transizione energetica stanno investendo massicciamente in energia elettrica acquisendo società lungo l’intera filiera. Il ruolo chiave che l’elettricità svolgerà in futuro è evidenziato anche negli scenari connessi. Tale raggruppamento però cambia di tono quando si esaminano gli obiettivi di emissione. BP, Eni ed Equinor hanno obiettivi assoluti su tutti e tre gli obiettivi di riduzione delle emissioni. Inoltre i soggetti europei citati appaiono più lungimiranti nel medio-lungo periodo circa le nuove iniziative energetiche, mentre nel breve termine nessuna delle società sta tagliando la produzione di petrolio (che sarebbe il modo più efficace per ridurre le emissioni), come dimostrato da i loro continui e ingenti investimenti nei combustibili fossili rispetto ai molto inferiori investimenti nelle energie rinnovabili, secondo il paper.

Ancora, a livello globale Eni è stata attiva esclusivamente nel mercato elettrico italiano, dove è il secondo più grande fornitore di energia elettrica (dopo Enel). Mentre BP ed Equinor si stanno concentrando solo sulla diversificazione dei propri portafogli includendo investimenti in energie rinnovabili (solare, eolica e biocarburanti), idrogeno ed veicoli elettrici.

ENI

Nel capitolo dedicato all’Eni si osserva che l’accordo siglato dal player italiano del 2016 con GE copre un’ampia gamma di tecnologie innovative, tra cui la generazione eolica onshore e offshore, l’energia solare, i progetti ibridi di gas rinnovabile, l’elettrificazione di asset nuovi ed esistenti e i progetti di termovalorizzazione. Nel frattempo, l’accordo dell’anno dopo con Statoil (ora Equinor) prevede l’esplorazione di nuove modalità per integrare soluzioni di energia rinnovabile (principalmente eolica o shore) nei campi petroliferi e del gas esistenti. In questo modo Eni mira a investire e sviluppare progetti di energia rinnovabile in cui l’azienda ha sinergie tecnologiche e geografiche chirurgiche con il proprio core business.

Inoltre Eni dal 2018 si è posta l’obiettivo di ridurre entro il 2025 l’intensità delle proprie emissioni di gas serra upstream del 43% rispetto ai livelli del 2014. In questo modo si ridurrebbero da 0,19 tonnellate di CO2 per tonnellata di petrolio a circa 0,11 tCO2 / tep. Altro anno significativo secondo il report è il 2019, in cui Eni si è data degli obiettivi strategici e, al contempo, molto ambiziosi dal punto di vista green. Ovvero la ricerca dell’efficienza energetica nel processo di decarbonizzazione con contemporanea riduzione diretta delle emissioni di gas serra; lo sviluppo di un portafoglio resiliente di petrolio e gas; la riduzione a zero delle emissioni nette di carbonio entro il 2030; lo sviluppo di fonti rinnovabili accanto un business green con un approccio circolare.

Proprio perché Eni è anche uno dei principali produttori e distributori di energia elettrica in Italia, attraverso la controllata al 100% EniPower, è riuscita così a mettere le rinnovabili al centro della propria strategia, puntando a una capacità installata di 55 GW entro il 2050.

twitter@FDepalo

Transizione energetica, chi vince e chi perde tra i big? (Eni promossa)

Le sette sorelle sotto la lente di ingrandimento del paper di Irena: BP PLC, Chevron Corp., Eni SpA, Equinor ASA, ExxonMobil Corp., Royal Dutch Shell PLC e Total SE alla luce dei tre elementi che stanno accompagnando un cambio di strategia globale: Cina, Ue e Biden

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