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Intervistato su Forbes, il chairman della Libyan Investment Authority (LIA), Ali Mahmound Hassan Mohammed, parla di una necessità che il fondo sovrano libico che dirige sente come prioritaria e che Formiche.net ha affrontato anche attraverso le parole esplicite con cui il ministro dell’Economia, Salama al Ghweil, aveva commentato la situazione su queste colonne: “Eliminare le sanzioni per poter realizzare utili in futuro”.

In poche battute che il sito della rivista statunitense riporta come intervista, Dr Mahmound (come è noto il chairman della LIA) spiega che al momento non sarebbe necessaria l’eliminazione dell’intera quantità delle sanzioni con cui le Nazioni Unite hanno più protetto che punito l’istituzione libica nel post-Gheddafi, ma solo quelle che congelano la liquidità. La necessità (esposta in un media americano anche perché dall’interessamento Usa potrebbe arrivare una buona sponda al Consiglio di Sicurezza) è tecnica, ma non solo.

La LIA ha asset liquidi fermi per circa il cinquanta percento del portafoglio da 68,4 miliardi di dollari. Si tratta di 33,5 miliardi che attualmente non sono semplicemente infruttuosi – bloccati dalle misure Onu che impediscono il reinvestimento del cash ottenuto dalla scadenza di strumenti a reddito fisso – ma tendono a essere un doppio peso negativo. Da una parte il mancato guadagno per l’impossibilità di ulteriori investimenti, dall’altra i tassi col segno meno applicati a depositi troppo sostanziosi.

Dr Mahmound pensa che dallo sblocco dei liquidi si possa ottenere circa un miliardo di ritorni rapidi da poter poi rigirare in investimenti all’interno del paese. Questa è la parte della proposta meno tecnica e più politica: in un moneto in cui la Libia si avvia in fase di stabilizzazione grazie al lavoro che il governo transitorio sta facendo per ricomporre i pezzi di un paese da anni diviso, e condurlo in modo unitario verso auspicate elezioni, la LIA si propone come attore attivo.

Al governo di Tripoli mancano ancora diversi pezzi, a cominciare dall’approvazione del bilancio – bloccato in parlamento e forse soggetto a misure eccezionali tramite richieste di copertura alla Banca centrale. Il capo del fondo sovrano prova a trovare spazi in un processo in cui anche la governance delle istituzioni cruciali (come la LIA, la Banca centrale, la petrolifera e via dicendo) sono parte della discussione politica in corso.

Discussione che ha dinamiche interne, ma con evidenti effetti all’esterno del paese; basta pensare alle varie partecipazioni azionarie della LIA stessa in aziende e settori di primo ordine in Francia, Regno Unito e Italia. O più in largo al peso che la stabilizzazione libica – che inevitabilmente passa dal quadro economico-finanziario – ha per l’area Nordafrica-Sahel, e dunque mediterranea. Il punto sta anche nello spingere il paese verso orizzonti più ampi, verso uno sviluppo indipendente, cosa che la scelta di re-investimento minimale della tesoreria proposta da Dr Mohmound in parte non suggerisce.

Se da un lato è comprensibile che il chairman cerchi di inserire il fondo nel processo in corso, anche come fonte di aiuto alle necessità dei libici, dall’altro se la LIA vuole un ruolo reale tra i grandi fondi sovrani è chiamata – secondo i dettami dei Santiago Principles in cui sta cercando di entrare – a usare visioni di investimento più indipendenti. Il fondo libico è un caso unico, ha una percentuale di cash molto alta ed è in parte gravato dallo stigma della sanzioni Onu.

E la soluzione di questi problemi potrebbe arrivare anche dall’inserimento del fondo stesso nei meccanismi che regolano le istituzioni finanziarie sovrane sotto l’ottica della massima trasparenza e terzietà dalla politica. È parte del dilemma libico. Lo sviluppo interno e la crescita internazionale, con la situazione della LIA che dimostra che il paese è sulla strada del rilancio e della ricostruzione, ma ha ancora un percorso da compiere prima di poter esercitare una soggettività — anche dalla punto di vista geo-economico.

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Il fondo sovrano vorrebbe l’eliminazione delle sanzioni Onu per una gestione minimale della tesoreria, con cui poi re-investire in Libia. Ma vorrebbe anche aderire ai Santiago Principles e diventare una realtà geoeconomica di primo piano

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