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L’episodio dello spionaggio russo (ancora non sappiamo se limitato a un fatto singolo o se, come sostiene Repubblica, si tratta della punta di un iceberg) mette in evidenza che esiste tuttora, malgrado il 1989, la contrapposizione storica fra l’Occidente, con i suoi valori opportunamente ricordati dal ministro degli Esteri Luigi Di Maio, e la Russia e la Cina, tenendo conto ovviamente di tutte le differenze tra questi due Paesi.

Infatti, diversamente dalla Cina, la Russia non è uno Stato comunista. È però uno Stato autoritario guidato con mano ferrea da un dittatore che all’interno non esita a eliminare o imprigionare gli oppositori, e che all’estero usa tutti i mezzi (da internet allo spionaggio classico) nella sua contrapposizione agli Usa e nel tentativo di dividere l’Europa.

Comunque, con il governo Draghi, che si è proclamato atlantista ed europeista, siamo fortunatamente del tutto al di là delle grandi ambiguità presenti nel Conte I e in quelle più coperte del Conte II. Infatti il Conte I è stato caratterizzato da un’incredibile adesione dell’Italia, unico paese del G7, alla nuova Via della Seta.

Nel governo Conte II invece l’ambiguità è stata tutta del presidente del Consiglio, che non a caso aveva avocato a sé sia la gestione dei servizi segreti sia, cosa ancor più inquietante, i rapporti con la Russia sottratti alla Farnesina.

Fortunatamente adesso con Draghi tutte queste cose sono state messe apposto, ma alcuni problemi rimangono aperti. Mentre il discorso di Di Maio sulla vicenda dello spionaggio è stato impeccabile, lo stesso giorno Beppe Grillo ha scritto un lungo articolo nel quale inneggia alla Russia e alla Cina e spara ad alzo zero sugli Usa: un paradossale caso di marxismo-leninismo senile, ma per ciò che riguarda il Movimento 5 stelle la posizione in politica estera è quella di Di Maio o quella di Grillo (nel suo discorso ai grillini Conte ha sorvolato sulla politica estera)?

Ma i problemi veri al governo in politica interna e in politica estera li sta ponendo Matteo Salvini. Il suo incontro con Orban e con Morawiecki apre problemi rilevanti. A parte il fatto che si tratta della convergenza con due posizioni non solo sovraniste, ma fortemente autoritarie, essa contesta alla radice tutta la politica che in Europa sta conducendo l’attuale governo. In più esistono altre due questioni.

Nel passato l’Ungheria e la Polonia hanno contestato sia la scelta europea per il Recovery Plan, sia quella italiana sulla redistribuzione degli immigrati: quindi in entrambi i casi una totale contrapposizione all’Italia comprese le rivendicazioni di Salvini.

In più il governo polacco vede Putin e la Russia come il fumo negli occhi (in esso il ricordo delle fosse di Katyn è fortissimo visto anche il nazionalismo che lo caratterizza), mentre Orban e con lui Salvini considerano Putin un alleato privilegiato.

Contraddicendo in modo totale l’ipotesi avanzata da Giorgetti sull’adesione della Lega al Ppe, il segretario leghista mette in questione scelte fondamentali che riguardano anche l’attuale governo e la posizione in esso della Lega.

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