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Si scrive Mario Draghi, si legge Mes. A qualcuno potrà anche sembrare assurdo ma l’incarico al padre del Whatever it takes ha avuto tra i suoi vari effetti quello di far diventare non così necessario il ricorso al prestito pandemico da 37 miliardi a tassi agevolati. La cosa ha un che di clamoroso, visto che proprio il Mes è una delle mine che ha fatto detonare le maggioranze che hanno sostenuto prima il governo Conte in salsa gialloverde prima e poi quello in giallorosso. Ma si può tranquillamente spiegare.

Da quando Draghi ha ricevuto l’incarico da Sergio Mattarella, lo spread Btp/Bund è sceso prima a 105 punti base, poi a 100 e infine a 98 punti base (qui l’articolo di Formiche.net con tutti i dettagli). E con i rendimenti del Btp decennale allo 0,5%, ai minimi da marzo 2016. Questo significa solo una cosa. Con Draghi farsi prestare soldi dai mercati (fino a 400 miliardi all’anno) costa meno di prima, perché per piazzare i titoli pubblici, il Tesoro può permettersi di garantire un premio minore rispetto a poche settimane fa.

Che cosa c’entra il Mes? C’entra, perché sempre di finanziamento si tratta. Solo che ora le condizioni poste dai mercati per prestare denaro all’Italia sono così favorevoli da rendere quasi più conveniente chiedere soldi ai medesimi che al Fondo Salva Stati, al fine di finanziare la sanità italiana. Quasi, perché il Mes, osteggiato fin dalla prima ora dal Movimento Cinque Stelle, vantava condizioni molto buone: centinaia di milioni di interessi risparmiati su un prestito potenziale da 37 miliardi, la cui condizione è l’uso delle risorse per la sanità. Mario Draghi è riuscito anche in questo: a rendere il Mes meno appetitoso. Non era facile.

Cronaca dell’ultima ora. Lo spread è a 96 punti base. E forse non è finita. Secondo gli analisti, la formazione di un governo con l’ex governatore della Banca d’Italia può valere vale un restringimento dello spread di altri 20-25 punti base.

Con il Draghi-spread, il Mes non serve più. Un tema caldo in meno

Con lo spread ai minimi da cinque anni, chiedere soldi ai mercati per finanziare la sanità rischia di essere quasi più conveniente che ricorrere al prestito pandemico. Quasi

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