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Parafrasando il caso italiano, si può dire che il premier francese François Bayrou ha fatto ricorso a “vecchie glorie” della politica francese per formare l’esecutivo. Fra tutti, gli ex premier Manuel Valls (con delega all’Oltremare) – uomo chiave dell’ultima parentesi di presidenza socialista d’Oltralpe, negli anni di Hollande – ed Elisabeth Borne (istruzione nazionale).

È il quarto esecutivo che nasce nel corso dell’anno e – certamente – dopo l’esperienza fallimentare di Barnier – anche quello guidato Bayrou non sorge propriamente con i migliori auspici. Si rincorrono, infatti, le polemiche a poche ore dall’insediamento.

Il neo premier, che ha ricevuto l’incarico dieci giorni fa dal presidente Emmanuel Macron, intervistato da Bfmtv, pronuncia parole a metà fra il rassicurante e il consapevole della grave situazione in cui si trova la Francia.

La lista delle “personalità di grande esperienza” che compongono il suo governo, rivelata poche ore prima, intorno alle 18.45, dal segretario generale dell’Eliseo Alexis Kohler, gli permetterà di affrontare “la situazione più difficile che abbiamo conosciuto dal dopoguerra”, riporta Le Figaro. “Sono convinto – prosegue – che l’azione che sto definendo davanti a voi e alla squadra di governo ci garantirà di non essere censurati”.

Il rischio da non correre – e sul quale è caduto il suo predecessore – è quello della censura dell’Assemblea Nazionale. D’altra parte, riprende il premier, “penso che il Paese si trovi in una situazione estremamente difficile. Un Paese che non ha un bilancio, un Paese che non ha una maggioranza, un Paese in cui un gran numero di francesi pensa e crede di essere escluso, che non gli si presti attenzione”.

I problemi, per Bayrou, arrivano tanto da destra quanto da sinistra. Jean-Luc Mélenchon, leader degli Insoumis, intervistato da Le Parisien, prevede una rapida caduta del nuovo primo ministro e del suo governo, rovesciato dall’intero Nuovo Fronte Popolare. E si sta già preparando per le elezioni presidenziali anticipate.

Non è nuovo, Mélenchon a queste profezie. Adesso bisognerà osservare l’atteggiamento dei socialisti e capire se seguiranno la strada dell’estremismo o si allineeranno al centrismo del premier.

“Fortunatamente, il ridicolo non uccide. Purtroppo, nulla è stato risparmiato ai francesi: François Bayrou ha riunito la coalizione del fallimento”, commenta su X il leader del Rassemblement National Jordan Bardella a pochi minuti dall’annuncio della nuova squadra di governo.

La frattura politica più evidente, come ricostruisce il Corriere della Sera questa mattina, è però legata alla mancata nomina dell’ex ministro Xavier Bertrand al dicastero della giustizia. Posto, quest’ultimo, ricoperto dal fedelissimo di Macron, Gérald Darmanin.

“Il no della leader del Rassemblement National a Bertrand – scrive Stefano Montefiori sul Corriere – è significativo perché Le Pen è stata capace di far cambiare idea a Bayrou, che aveva già promesso il posto a Bertrand. Marine Le Pen ha di nuovo il potere di condizionare il governo già dal momento della nascita”.

Con questi presupposti, il nuovo governo farà molta fatica ad approvare la Finanziaria tra febbraio e marzo, in ossequio agli intendimenti dichiarati dal premier. E, fra l’altro – proprio a febbraio – la Germania, con cui la Francia ha sempre avuto un solidissimo asse che ha governato gli equilibri europei, affronterà le elezioni. Con una serie di incognite notevoli, come ha spiegato su Formiche.net il politologo Sergio Fabbrini. L’insieme di tutte queste incertezze e la fragilità oggettiva dei governi che guideranno le due nazioni, si riflettono sull’Unione Europea. Rallentandone la capacità decisionale su alcuni fra i principali dossier strategici.

È la parola fine alla grandeur francese?

Il governo Bayrou parte in salita. I veti di Mélenchon e Le Pen

È il quarto esecutivo che nasce nel corso dell’anno e – certamente – dopo l’esperienza fallimentare di Barnier – anche quello guidato da Bayrou non sorge propriamente con i migliori auspici. Si rincorrono, infatti, le polemiche a poche ore dall’insediamento. Spuntano vecchie glorie come Borne e Valls, ma sia Mélenchon che il Rassemblement National di Bardella e Le Pen minano i presupposti per un governo duraturo

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