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È stato un anno difficile, doloroso, complicato. Lo potremmo definire un vero e proprio “annus horribilis”, soprattutto a causa della pandemia virale che: ha acuito la crisi economica da cui eravamo impegnati ad uscire; che ha determinato l’ampliarsi della povertà tra le famiglie italiane e non solo; che ha diffuso un persistente sentimento di fragilità, una disdicevole percezione di insicurezza un crollo delle relazioni sociali e personali, una profonda tristezza per i lunghi periodi di solitudine ed emarginazione rispetto ai contesti abituali in cui dominava la vita in comune. Eppure abbiamo reagito. Lo abbiamo fatto, cercando di mantenere il rispetto per la libertà dei singoli e per la dignità di ognuno, agendo per la tutela dei diritti, facendo leva su un senso del dovere che ha reso la nostra comunità ancor più coesa, nonostante il disagio causato dalla diffusione del virus denominato Covid-19. Il sindacato c’è stato, c’è e ci sarà, dimostrando capacità operative, senso decisionale, azioni responsabili e condivise in ogni dove.

Per quanto ci riguarda nell’anno in corso abbiamo rinnovato i Ccnl dei settori del vetro, delle spazzole e pennelli, della gomma-plastica, della ceramica, dell’occhialeria; abbiamo aperto il negoziato sul rinnovo del contratto nazionale del settore tessile; siamo impegnati rinnovare a breve termine i contratti della concia, della pelle, dell’artigianato.

Ma abbiamo soprattutto agito per rimettere la persona al centro del sistema garantendo salute, prevenzione e sicurezza nei luoghi di lavoro, azienda per azienda. Siamo profondamente convinti del principio che una commessa non possa valere una vita. Su questa posizione ideale, all’inizio della primavera del 2020 abbiamo lavorato per attuare il giusto dialogo tra parti sociali e governo, arrivando alla firma dei protocolli di sicurezza tra noi, Confindustria e l’esecutivo attualmente in carica. Si tratta di testi che vanno aggiornati e rivisti periodicamente in equilibrio con gli altri provvedimenti governativi, ottenuti su nostra spinta propulsiva, come il blocco dei licenziamenti e la proroga degli ammortizzatori sociali fino al prossimo mese di marzo.

Insomma, i succitati accordi hanno avuto anche il pregio di evitare che il mondo del lavoro si spaccasse in uno tutelato, quello sindacalizzato, ed in un altro, invece, assai poco protetto e sul quale non arrivavano i riflettori delle Istituzioni preposte ai controlli. Di fatto abbiamo contribuito a favorire intese sulla organizzazione del lavoro, sui tempi, sugli orari, sulla condizione sanitaria ed ambientale.

Ma c’è ancora molto da fare! Alle nostre controparti datoriali non faremo sconti, perché è evidente, dato il momento drammatico che bisogna rinnovare i contratti. È fondamentale farlo tenendo presente che produttività del lavoro non si può recuperare riducendo ai minimi termini le retribuzioni, ma investendo nei processi produttivi. Occorre investire nella transizione energetica, nei piani di riconversione industriale, compiendo ora scelte precise, garantite da una cabina di regia che tenga dentro le istituzioni nazionali e locali. Ci vogliono risorse certe da impiegare su un piano nazionale dell’acqua; su reti energetiche e del gas fruibili dal Paese; su una rete a banda larga che renda possibile un’effettiva digitalizzazione disponibile per tutto il territorio italiano. In questo senso non vanno sprecate proprio quelle risorse disponibili nei fondi europei come il Sure, il Recovery Fund, il Mes. Se questa pandemia ha creato gli stessi effetti di una guerra mondiale, la storia ci insegna che i Paesi coinvolti devono ricorrere a politiche di deficit “tout court” pur di uscirne indenni, preoccupandosi di colmare il debito negli anni seguenti alla ricostruzione economica.

Quante cose ci sarebbero ancora da scrivere, da sottolineare, da sperare. Di una esiste certezza. Il prossimo anno avremo la possibilità di ricevere la somministrazione di vaccini determinanti ad allentare la morsa della pandemia sulle comunità del pianeta. La ricerca della comunità scientifica e quella delle grandi industrie farmaceutica ha fatto il suo meglio per combattere il male virale. Ora tocca alle produzioni industriali. Occorrerà impegnarsi e vigilare per far in modo che la filiera della distribuzione dei vaccini sia certa, capillare e celere, senza creare ritardi, ineguaglianze, disparità ed ulteriori sofferenze. Ma si ricomincia a vedere la luce in fondo al tunnel.
Usciremo da questa esperienza buia e nel tempo che verrà le generazioni future leggeranno compiutamente sui libri di storia quel che è accaduto e come sia potuto realmente accadere. Allo stato dei fatti possiamo solo sapere che ne usciremo diversi, provati, ma col desiderio di realizzare la nascita di tutto quel che è scomparso della vita di un tempo. Magari non sarà la normalità di prima, ma dovremo esser capaci di crearne una migliore suggellata da quel ritorno al primo abbraccio tra noi. Questo è l’augurio per un “annus mirabilis” che meritiamo di vivere insieme ai tanti altri che seguiranno.

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